Aziende e regioni
Accesso alle cure, Italia divisa. Quasi un cittadino su 10 rinuncia per povertà e liste di attesa
di red. san.
Si accentua la divaricazione economica e sociale nelle prestazioni sanitarie in Italia, con un Sud che arranca e un Centro Nord che nel complesso tiene e regioni importanti come Lazio e Veneto in arretramento. Sono i tratti fondamentali che emergono dall’Osservatorio civico sul federalismo in sanità reso noto da Cittadinanzattiva. Un rapporto molto articolato e ricco di dati interessanti . Molti gli aspetti su cui soffermarsi: nel complesso, la spesa sostenuta privatamente dai cittadini per prestazioni sanitarie in Italia è al di sopra della media Ocse (3,2% a fronte di una media Ocse di 2,8%). Molto diversificata anche la spesa privata per Regione (781,2 euro in Valle d'Aosta a fronte di 267,9 in Sicilia). Per contro, la spesa sanitaria pubblica pro capite, nel 2013, assume valori massimi nella Provincia autonoma di Trento (2.315,27 euro) e Bolzano (2.308,21) o in Valle d'Aosta con 2.393,03, mentre presenta valori minimi in Campania (€ 1.776,85)
Tra gli aspetti più significativi, c’è il fatto che quasi un italiano su 10 rinuncia a curarsi per motivi economici e liste di attesa. In particolare sono i residenti in Calabria, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Marche Sicilia e Province autonome di Trento e Bolzano a lamentarsi di queste difficoltà. Pochi soldi, ticket e liste di attesa scoraggiano il 7,2% dei residenti. Il 5,1%, pari a 2,7 milioni di persone rinuncia per fattori economici. Anche sui ticket ci sono differenza tra regione e regione: su 16 prestazioni uguali, i ticket sono più bassi nel Nord Est e sono più elevati al Sud .
Differenze anche per le esenzioni: in alcune regioni interessano i disoccupati, i lavoratori in cassa integrazione o in mobilità o con contratto di solidarietà (in Lombardia, Emilia Romagna e Toscana). In altre invece sono esenti i figli a carico dal terzo in poi (PA Trento). In altre sono esenti gli infortunati sul lavoro per il periodo di infortunio o con malattie professionali (Liguria, FVG, ER, Toscana, Marche, Umbria e Basilicata). Nelle regioni settentrionali il ticket sulla farmaceutica va da un minimo di 2 ad un massimo di 4 euro In Emilia Romagna, Toscana ed Umbria sono le uniche tre regioni che prevedono ticket sulla farmaceutica diversi a seconda delle fasce di reddito, da 0 per le fasce più basse ad 8 per le fasce più alte.
Importanti anche i dati di Cittadinanzattiva sulla prevenzione. Come detto prima, l’Osservatorio rileva come il Sud sia in affanno con le indicazioni del ministero della Salute rispetto ai Lea . Non solo, ma fra le otto regioni inadempienti (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia), quattro sono in ulteriore arretramento (Puglia -15%, Sicilia -7,5%, Veneto-10%). Nel complesso, su 16 regioni monitorate nel 2013 dal ministero della Sanità, la metà risulta in linea sui Lea.
Posti letto e giorni di degenza in ospedale “fai da te”
In un contesto di riduzione dei posti letto per acuti (di 13.377 unità tra 2010 e 2013), Basilicata e Sicilia rispettano lo standard di 3,0 posti letto per mille abitanti. La maggior parte delle Regioni non sottoposte a Piano di Rientro presenta valori più elevati: è il caso del Friuli Venezia Giulia (3,8), Valle D'Aosta (3,7) Emilia Romagna (3,6), Marche (3,3), Veneto, Toscana e Umbria (3,2), mentre Calabria, Puglia e Campania - Regioni sottoposte da anni a Piano di rientro – mostrano valori medi inferiori alla soglia, rispettivamente: 2,6; 2,9; 2,9.
Il Regolamento sugli Standard ospedalieri inoltre riduce la media dei giorni di degenza per le acuzie a 7 giorni. Risultano in linea con tali standard, Piemonte (6,82), Toscana (6,87), Valle D'Aosta e Marche (6,99). Il Veneto mantiene una media più alta (8,26), seguono Liguria (7,63) e Friuli Venezia Giulia (7,58). Le Regioni del Sud sottoposte a Piano di Rientro presentano valori medi molto più bassi: Puglia (6,22), Campania (5,65) e per ultima la Calabria con soli 5,49 giorni medi di degenza per acuti.
Anche rispetto all'assistenza territoriale ed in particolare alle cure primarie, le regioni in Piano di Rientro, e nello specifico alcune regioni del Sud, non offrono risposte soddisfacenti ai bisogni della popolazione. A titolo di esempio, sulle 16 Regioni prese in esame dal Ministero nel 2013, 7 (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Puglia) risultano “adempienti con impegno per l'erogazione dell'assistenza domiciliare
Ci sono ancora sei Regioni che nel Piano sanitario non prevedono l'integrazione socio-sanitaria: Abruzzo, Calabria, Lazio, Molise, Sicilia e PA Bolzano.
Accesso ai farmaci innovativi, il caso degli oncologici e dell'HCV
I tempi per l'inserimento nei Prontuari regionali dei farmaci innovativi oncologici variano in media dai 600 giorni di Toscana e Umbria ai 740 di Emilia Romagna. E sui tempi massimi le differenze si acuiscono: si passa dai 953 di Abruzzo e Toscana ai 2.527 della Emilia Romagna. Emblematico poi il caso dei nuovi farmaci per la cura dell'epatite C. Innanzitutto il numero delle strutture deputate alla prescrizione dei nuovi farmaci sono 204 su tutto il territorio nazionale, per una utenza di 297.954 persone residenti; ma nel Lazio ci sono 11 centri prescrittori per una media di 533.677 persone, mentre in Piemonte ci sono 10 centri a cui afferiscono 443.680 cittadini.
Procreazione medicalmente assistita
I 2/3 dei centri sono concentrati in 5 regioni (Lombardia, Lazio, Campania, Sicilia e Veneto) ma con grande squilibrio fra centri pubblici, privati convenzionati e centri privati; il 68% dei centri nel Sud e il 58% nel Centro è privato; nel Nord Est sussiste parità di offerta tra pubblico e privato e nel Nord Ovest vi è prevalenza di offerta nel pubblico. Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte e PA di Trento e Bolzano hanno inserito la PMA nei Lea regionali (le prime tre regioni sia l'omologa che eterologa, le due province autonome solo l'omologa). Inoltre, alcune (PA Trento e Bolzano, FVG; Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Basilicata) prevedono un sostegno economico per le coppie che ricorrono alla PMA. Anche sull'età delle coppie le regioni applicano criteri diversi per consentire l'accesso alle tecniche di fecondazione assistita: Lombardia, Abruzzo e Campania non pongono alcun limite; in Veneto è consentita fino ai 50 anni; in Valle d'Aosta e Umbria fino a 41 anni.
La regolamentazione diversa per ogni regione e la differenza di offerta ha creato enormi difficoltà per le coppie che non hanno alcuna certezza su dove poter rivolgersi e quali costi sostenere. Ciò concentra l'offerta in alcune a discapito di altre, creando una forte disomogeneità di accesso e una discriminazione di fatto delle coppie che risiedono in regioni dove l'offerta pubblica è scarsa o addirittura nulla come in Molise. Vi sono regioni come la Sicilia in cui non si attuano le delibere predisposte da anni e altre dove i centri di PMA risultano ancora non autorizzati pur operando tranquillamente, come nel Lazio, che risulta essere al primo posto per disomogeneità di regole e accesso nello stesso territorio regionale.
Il commento finale a questo articolato quadro sanitario italiano è di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “E' ora di passare dai piani di rientro dal debito ai piani di rientro nei Lea, cruciali per la salute dei cittadini e la riduzione delle diseguaglianze - spiega Aceti -. L'Irpef diminuisca proporzionalmente al diminuire del debito, sino a tornare, al momento dell'equilibrio, ai livelli precedenti al Piano di Rientro”.
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