Sentenze
La sacrosanta sentenza della Consulta sul primato della spesa sanitarie e l’esigenza di un Senato delle Autonomie
di Ettore Jorio
24 Esclusivo per Sanità24
La recente sentenza della Consulta del 6 dicembre 2024 n. 195 (red. Antonini) sancisce l’incostituzionalità dell’art. 1, comma 557, della legge di bilancio per il 2024, nella parte in cui non ha previsto che l’adozione del decreto interministeriale (Salute e Mef) di riparto, dovesse avvenire a seguito dell’intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.
La sentenza 195/2024 costituisce comunque un pezzo autenticamente necessario per l’interpretazione che la Costituzione fa del diritto fondamentale (l’unico ritenuto tale nella Carta) alla tutela della salute. Sancisce un principio sostanziale, prevalente su ogni genere di forma, attribuendo all’assistenza complessiva (prevenzione, cura e riabilitazione) un interesse assolutamente primario e ineludibile, vittima sino a oggi dei tagli lineari, a tal punto da rendere l’esigibilità della sanità pubblica vergognosamente al di sotto di ogni decoroso minimo. Una condizione di degrado assistenziale che porta la collettività alla disperazione, specie di quella impossibilitata per indigenza ad affrontare, alternativamente, spese private (out of pocket). Una condizione che ha colpito a morte l’assistenza pubblica, vittima del difetto, sopravvenuto da tempo, di universalità e socialità nel relativo totale godimento.
Dunque, la Corte costituzionale sancisce un paradigma di tutto rispetto e lungimiranza per l’essenziale utilità collettiva. Ovverosia che, prima di intervenire con eventuali tagli sulla tutela della salute, bisogna avere esaurito ogni genere di intervento possibile di riduzione della spesa su tutti gli altri segmenti argomentativi di tutte le altre materie di cui all’art. 117 della Costituzione, nessuna esclusa.
Il tutto, da sviluppare comunque insieme alle Regioni mediante conseguimento dell’Intesa da perfezionarsi in Conferenza Stato-Regioni, da ritenersi perciò ineludibilmente propedeutica al decreto interministeriale di riparto di ogni fondo ad hoc. Una esigenza che la Consulta ricorda essere stata, peraltro, “espressamente auspicata nell’audizione della delegazione della Conferenza delle regioni e delle province autonome, del 5 novembre 2024, sul disegno di legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2025 e bilancio pluriennale per il triennio 2025-2027» (A.C. 2112) presso le Commissioni bilancio, riunite, della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica”.
Adempimenti istituzionali, questi di coinvolgimento full time del sistema delle Conferenze, che tuttavia potrebbero essere eliminati del tutto, rendendo più spedito e meno politicizzato anche il procedimento legislativo. Ciò con l’introduzione del Senato delle Autonomie, che garantirebbe la giusta rappresentanza qualificata nella formazione delle regole e di espressione della massima solidarietà. Una vera semplificazione dei procedimenti resi astrusi da diversi passaggi, peraltro non sempre garanti dell’interesse di tutte le Regioni atteso che la formazione delle intese si realizza più per utilità politica delle maggioranze determinatesi per l’elezione di chi preside le Conferenze. Un ruolo divenuto più di rappresentanza politica dei componenti, spesso disattenti in una siffatta sede agli interessi reali delle regioni rappresentate. Di conseguenza, un compito esercitato senza far ricorso a seri approfondimenti sui temi delle esigenze sociali rappresentate, dell’eguaglianza sostanziale e della necessità di soddisfare i differenti fabbisogni, specie delle autonomie regionali più deboli.
Si avverte, pertanto, sempre di più l’esigenza di una riforma strutturale della Costituzione: di trasformare l’attuale Senato della Repubblica in quello delle Autonomie. Insomma, occorre cambiare nome e sostanza a un organo che rappresenta l’esatta duplicazione della Camera e che consente di mantenere in piedi il ruolo delle Conferenze ove la politica domina più che altrove, quasi sempre trasversalmente. Una priorità che, del resto, era ben presente nella revisione costituzionale del 2016 approvata dal Parlamento ma mandata a casa di brutto, insieme a Renzi premier, dal referendum dell’ottobre 2016 che non l’ha confermata. Si eviterebbero così tanti incidenti di percorso e tante disparità di trattamento.
Con l’introduzione del Senato delle Autonomie, si genererebbe un sito istituzionale che farebbe, peraltro, venir meno tanto contenzioso costituzionale, stimolato dalle Regioni e province autonome, produttivo del rimando alle Conferenze, supponendo che ivi si realizzi una sorta di bollinatura delle Regioni ai provvedimenti adottati dal livello centrale. Sarebbe d’altronde l’occasione per realizzare un buon grado di compartecipazione e collaborazione tra i diversi livelli di governo istituzionale che non posso oramai fare a meno di una apposita Camera, garante della cooperazione legislativa di Regioni ed enti locali facenti parte, unitamente allo Stato, del medesimo ordinamento unitario.
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