Sentenze

Vaccini: l’obbligo per i sanitari non viola la convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo

di Paola Ferrari

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24 Esclusivo per Sanità24

La scelta del legislatore sammarinese di applicare un numero graduato di misure che incidono sull’occupazione a un numero limitato di individui coinvolti nel settore sanitario e socio-sanitario allo scopo di proteggere la salute della popolazione in generale, compresi gli stessi ricorrenti, e i diritti e le libertà altrui, è giustificato e si collocano in un ragionevole rapporto di proporzionalità con gli obiettivi legittimi perseguiti dallo Stato convenuto e che non si può affermare che quest’ultimo abbia ecceduto il suo ampio margine di apprezzamento in materia di politica sanitaria.

È in tale contesto, e senza il beneficio del senno di poi, che la Corte deve determinare se le misure imposte ai ricorrenti fossero necessarie in una società democratica.

Con questa motivazione, la Corte dei diritti dell’uomo, con decisione del 29 agosto resa nel giudizio ricorso (n. 24622/22 ) contro la Repubblica di San Marino, ha respinto il ricorso dei sanitari che furono obbligati alla vaccinazione contro il Covid-19.

I FATTI

Nel mese di maggio 2021, i ricorrenti, operatori sanitari e sociosanitari impiegati dall’Istituto della sicurezza sociale di San Marino, furono invitati dallo stesso ente a vaccinarsi contro il Covid - 19 ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 85/2021 relativa alla vaccinazione del personale sanitario pubblico e sociosanitario. Tale invito fu declinato dai ricorrenti.

I ricorrenti lamentarono che l’obbligo imposto fosse contrario all’articolo 8 della Convenzione, che recita come segue:

1. Ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

Lamentarono, altresì, che l’obbligo indiretto di vaccinarsi contro il Covid-19 (nonostante tale vaccinazione fosse ancora sperimentale) e la conseguente sospensione dal posto di lavoro o altre misure connesse al rapporto di lavoro fosse una somministrazione forzata della vaccinazione e che tale l’obbligo per gli operatori sanitari fosse attuato indirettamente attraverso l’applicazione di misure eccessive.

L’efficacia e la sicurezza dei vaccini anti-Covid-19, affermarono, non erano mai state riconosciute, trattandosi di una novità sperimentale contro una patologia poco nota alla scienza medica. L’incertezza dei vaccini, sia in termini di efficacia nel prevenire l’infezione/contagio, sia in termini di sicurezza ed effetti avversi, non poteva (e non doveva) essere ignorata dal legislatore.

LA DECISIONE

La Corte, dopo avere risolto e respinto una serie di eccezioni processuali, ha ritenuto che, laddove si ritenga che una politica di vaccinazione volontaria non sia sufficiente a raggiungere e mantenere l’immunità di gregge, o che l’immunità di gregge non sia rilevante a causa della natura della malattia, le autorità nazionali possono ragionevolmente introdurre una politica di vaccinazione obbligatoria al fine di raggiungere un livello appropriato di protezione contro le malattie gravi.

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, afferma la sentenza, la vaccinazione è stata introdotta dal legislatore dopo aver attentamente valutato ed esaminato le prove scientifiche disponibili all’epoca in merito all’efficacia e alla sicurezza dei vaccini.

Con riferimento al vaccino Pfizer, utilizzato a San Marino, il rapporto pubblicato il 28 gennaio 2021 dall’Agenzia Europea per i Medicinali ,che si basava sugli studi disponibili sulle vaccinazioni [allora] in vigore in Europa, evidenziò la sostanziale sicurezza del vaccino, rilevando che i benefici della vaccinazione superavano i rischi.

Pertanto, la Corte ritiene che, anche se l’efficacia della vaccinazione nel limitare il contagio fosse stata ancora dubbia, non era irragionevole alleviare le misure nei confronti delle persone vaccinate che erano esse stesse meno a rischio, mantenendole per i ricorrenti che, oltre a rappresentare certamente un rischio per gli altri, rimanevano anche loro stessi a rischio di infezione e gravi conseguenze per la loro salute.

Inoltre, prosegue la sentenza, oltre alle preoccupazioni per la salute dei ricorrenti, non si può ignorare che, nel caso probabile in cui questi si fossero ammalati, la loro assenza per malattia – eventualmente di lunga durata in caso di sintomi gravi – avrebbe rappresentato un onere anche per i servizi dello Stato, in particolare in uno dei settori più importanti, come quello sanitario e sociosanitario, che all’epoca era stato particolarmente sollecitato.


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