Sentenze
Cassazione: è soggetto a tassazione il rimborso chilometro per il medico fuori sede
di Alberto Santi* e Alessandro Zeccolella*
24 Esclusivo per Sanità24
Il rimborso spese di accesso alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato, determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica, concorre alla formazione del reddito ed è pertanto soggetto a tassazione personale.
Il chiarimento è stato fornito dalla Cassazione con la sentenza 22 gennaio 2024, n. 2124 in relazione ad una controversia promossa dal contribuente che aveva chiesto il rimborso delle ritenute IRPEF operate dal sostituto d'imposta e trattenute quanto dallo stesso percepito a titolo di rimborso spese di viaggio per l’attività professionale svolta presso ambulatori situati in Comuni diversi da quello di residenza. In particolare, il medico specialista riteneva che le somme in questione non avrebbero natura retributiva, bensì risarcitoria e pertanto non integrano il reddito imponibile.
I giudici di legittimità, come detto, sono di contrario avviso, facendo propria l’interpretazione già espressa dall’Agenzia delle entrate con la propria Risoluzione 21 dicembre 2015, n. 106/E.
A tale riguardo, la Cassazione valorizza l'art. 35 del DPR n. 271/2000, il quale prevede la corresponsione di un “rimborso spese di accesso” alla sede di lavoro che si trovi in un Comune diverso da quello di residenza del medico ambulatoriale convenzionato. Tale rimborso è determinato con il criterio forfettario della indennità chilometrica ed è ontologicamente diverso dalle "indennità percepite per le trasferte", di cui all'art. 51, comma 5, del TUIR. Queste ultime, infatti, consistono in spostamenti temporanei del luogo di esecuzione della prestazione lavorativa in un Comune diverso da quello ove essa è ordinariamente effettuata.
Il cosiddetto principio di onnicomprensività del reddito di lavoro dipendente comporta che tale voce, non essendo riconducibile alla previsione di cui all'art. 51, comma 5, cit., debba essere ricompresa tra "le somme a qualunque titolo percepite" in relazione al rapporto di lavoro dipendente e, pertanto soggette, ad imposizione fiscale.
La sentenza qui richiamata segna un cambio di orientamento della giurisprudenza sul punto, atteso che la Cassazione si era già espressa con pronunce anche recenti, ravvisando la natura non reddituale delle somme in questione, in quanto percepite a titolo di rimborso spese ed aventi funzione restitutoria e di ripristino del patrimonio del prestatore d'opera.
In tutti i precedenti di esito favorevole, tuttavia, i medici ambulatoriali sono stati ricondotti alla categoria dei “trasfertisti abituali”, vale a dire dei lavoratori tenuti contrattualmente ad espletare la propria attività in luoghi sempre variabili e diversi, in esecuzione di un ordine di servizio del datore di lavoro, al di fuori del territorio comunale della sede di lavoro.
Contrariamente, nel caso di specie, si verte in tema di indennità corrisposte al medico per svolgere attività di ambulatorio al di fuori del proprio Comune di residenza, situazione differente da quella della trasferta comandata al di fuori del Comune della sede dell’attività lavorativa e disciplinata dall’Accordo collettivo nazionale di lavoro.
Né può validamente sostenersi, aggiunge la Corte, che gli importi in questione rientrino nella fattispecie derogatoria prevista dall’art. 51, comma 2, del TUIR, secondo cui non concorrono alla formazione del reddito di lavoro le somme corrisposte in relazione ai servizi di trasporto collettivo per raggiungere dal luogo di residenza la sede di lavoro. La situazione che ha dato origine al contenzioso deciso dalla Cassazione, infatti, riguarda spostamenti individuali del medico ambulatoriale.
*Pirola Pennuto Zei & Associati
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