Sentenze
Responsabilità medica, la Cassazione “non fa sconti” all’errore diagnostico
di Pietro Verna
24 Esclusivo per Sanità24
Grava sul medico che esegue un esame diagnostico la responsabilità di leggere correttamente le relative immagini, senza che la carenza della necessaria specializzazione possa escludere la colpa per una erronea interpretazione dei suoi esiti. Diversamente operando, l’ imperizia della condotta posta in essere si tradurrebbe in un “ingiustificato vuoto di tutela”. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (ordinanza n.17410/2023) che ha rigettato il ricorso contro la sentenza con quale la Corte di Appello dell’Aquila aveva confermato la condanna al risarcimento dei danni emessa dal Tribunale nei confronti di un ginecologo, perché ritenuto responsabile della morte di una paziente avvenuta in conseguenza di un errore diagnostico: una (inesistente) “cisti liquida” in luogo di “un quadro morfologico di deterioramento della parete intestinale”.
Più precisamente, la Corte di appello aveva evidenziato che “una corretta analisi ecografica avrebbe dovuto indurre il ginecologo a correlare i sospetti ai forti dolori addominali manifestati in anamnesi, indirizzando la paziente all'immediato ricovero ospedaliero per accertamenti”.
L’ordinanza della Corte di Cassazione
Il ginecologo aveva sostenuto che la Corte di territoriale non avrebbe tenuto della sua specializzazione e che ciò “impediva di addebitargli l’imperizia ipotizzata nella refertazione ecografica e nell’errore diagnostico commesso”. Tesi che non ha colto nel segno. Il Supremo Collegio ha affermato che il ginecologo aveva la responsabilità di leggere “correttamente” le immagini ecografiche oltre che la “connessa responsabilità di corredare quelle stesse immagini […] alla specifica anamnesi, così da indirizzare, senza ulteriore ritardo, la paziente presso strutture in grado di risolvere tempestivamente la criticità diagnostica”. Da qui il principio stabilito dall’ordinanza in narrativa secondo cui “la distinta specializzazione medica non esclude la colpa di chi, eseguendo un esame e dunque assumendosi la responsabilità di quello, lo referta in modo erroneo e senza indirizzare ai necessari approfondimenti con la cautela e tempestività del caso concreto”. Principio che il Supremo Collegio ha più volte ribadito. Basta citare la sentenza n.37728/ 2022 nella parte cui afferma che “il medico radiologo, essendo al pari di altri sanitari, tenuto alla diligenza specifica di cui all’art. 1176, comma 2, del codice civile, non può limitarsi a una mera e formale lettura degli esiti dell'esame diagnostico effettuato, ma, allorché tali esiti lo suggeriscano (e dunque ove si tratti di esiti c.d. aspecifici del quadro radiologico), è tenuto ad attivarsi per un approfondimento della situazione, dovendo, quindi, prospettare al paziente anche la necessità o l'esigenza di far fronte ad ulteriori e più adeguati esami".
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