Sentenze
Psicologi militari, la Consulta riconosce il diritto ad esercitare la libera professione al pari dei medici militari
di Pietro Verna
24 Esclusivo per Sanità24
Lo psicologo militare può svolgere la libera professione al pari del medico militare giacché entrambe le professioni, a prescindere dalla diversità di ruoli e di progressione di carriera, sono dirette alla cura della salute del paziente. Una diversa soluzione sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione e con l’art. 208 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare) secondo cui gli «ufficiali e sottufficiali, abilitati all’esercizio delle professioni sanitarie, inquadrati nei ruoli e nei Corpi sanitari delle Forze armate», costituiscono un’unica categoria di personale del Servizio Sanitario Militare- SSM.
Lo ha stabilito la Consulta con la sentenza n. 98/2023 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 210 del codice del decreto legislativo n. 66 del 2010 «nella parte in cui contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui, in deroga all’art. 894 del codice medesimo, non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti l'esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale». La questione di costituzionalità era stata sollevata dal Consiglio di Stato che era stato chiamato a pronunciarsi sulla sentenza con la quale il Tar Lazio aveva rigettato i ricorsi presentati da alcuni psicologi militari contro il diniego dell’autorizzazione all’esercizio della libera professione e contro la circolare del Ministero della difesa del 31 luglio 2008, che, al punto numero 7, lettera f), paragrafo 4, permette allo psicologo militare l’iscrizione all’albo «ma con annotazione attestante lo stato giuridico-professionale di dipendente pubblico e il divieto di esercitare la libera professione».
La pronuncia della Corte Costituzionale
L’Avvocatura generale dello Stato aveva eccepito l’inammissibilità della questione di legittimità sostenendo che gli psicologi militari «esercitano funzioni di assistenza clinica e terapeutica in casi molto limitati, essendo deputati per lo più al reclutamento e alla formazione del personale, ovvero all’attività investigativa». Tesi che non ha colto nel segno. La Consulta ha affermato che i medici e gli psicologi militari sono equiparabili «sotto il profilo della facoltà di svolgere la libera professione», non mancando di evidenziare che le attività svolte dagli psicologi militari rientrano tra quelle specificamente elencate dall’art. 1 della legge 18 febbraio 1989, n. 56 (Ordinamento della professione di psicologo) quali «l'uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità [oltre che] le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito».
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