Sentenze

Cassazione: non è responsabile del reato di omicidio colposo il medico che ha rispettato le linee guida

di Pietro Verna

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Non risponde del reato di omicidio colposo il medico che nell’intubare il paziente si è attenuto alle linee guida ed ha correttamente valutato il rischio anestesiologico.
Lo ha stabilito la Cassazione (sentenza n. 5595/2023) che ha confermato la pronuncia con la quale la Corte di appello di Messina aveva assolto una anestesista e un chirurgo che erano stati tratti a giudizio perché ritenuti responsabili della morte di una signora che si era sottoposta ad un intervento di quadrantectomia. All’anestetista era stato contestato di “avere agito con imprudenza, negligenza ed imperizia, perché, dopo avere fallito tre tentativi di intubazione […], constatata la presenza di un edema alla glottide, aveva dapprima omesso di praticare alla paziente una puntura cricotiroidea e poi aveva ritardato colposamente un intervento di tracheotomia”. Mentre al chirurgo era stato contestato di aver sottoposto la paziente “ad una operazione chirurgica di asportazione di una formazione benigna previa effettuazione di un'anestesia generale, laddove sarebbe stato cautelativamente più corretto procedere con un intervento in anestesia locale”. Accuse che la Corte di appello aveva ritenuto infondate in quanto dalle prove raccolte era emerso che l’edema alla glottide era derivato da “un imprevedibile e imprevisto stato reattivo allergico dei tessuti laringo- tracheali”, che le operazioni di intubazione erano avvenute “ nel pieno rispetto delle linee guida” e che l’intervento di quadrantectomia era stato programmato “con il consenso della paziente e concordato con il suo medico curante” e che la paziente era stata sottoposta ad un’altra anestesia generale per l’ asportazione di un tumore maligno alla mammella sinistra, nonché ad una terapia cortisonica nei giorni antecedenti all’intervento.

La pronuncia della Cassazione
Le parti civili avevano proposto ricorso per cassazione sostenendo che la condotta tenuta dall’anestesista durante la fase di intubazione della paziente sarebbe stata caratterizzata da “un’evidente violazione delle regole cautelari e delle linee guida” e che il chirurgo, pur a fronte di referto attestante la presenza di una formazione benigna, aveva esposto la paziente “ai rischi connessi all’effettuazione dell’anestesia generale”, senza darne conto “in sede di sottoscrizione consenso informato”. Tesi che la Cassazione ha respinto alla luce del principio secondo cui “il compito del giudice di legittimità non è quello di sovrapporre la propria valutazione a quella compiuta dai giudici di merito […], bensì quello di stabilire se questi […] abbiano esattamente applicato le regole della logica nello sviluppo delle argomentazioni che hanno giustificato la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre” (Cass. Sez. Unite, n. 930/1996).

Da qui la pronuncia in narrativa con cui la Cassazione ha confermato la sentenza della Corte di appello di Messina (“le motivazioni della sentenza di appello appaiono congrue e non manifestamente illogiche, e perciò non sindacabili”) ritenendo peraltro “logica e congrua” la motivazione con la quale i giudici avevano assolto il chirurgo: “E' da considerarsi buona prassi quella di prospettare, in caso di preventiva mancanza di conoscenza della natura della neo formazione, la più negativa ipotesi, essendo ciò funzionale a consentire al chirurgo di procedere con immediatezza alla mastectomia, senza sottoporre il paziente a due interventi invasivi, qualora l'esame istologico, svolto in modo estemporaneo nella fase iniziale dell'intervento, dovesse rivelare la presenza di una neoplasia maligna”.


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