Sentenze
Parafarmacie escluse dai tamponi antigenici. Il Tar Marche rinvia alla Corte Costituzionale
di Paola Ferrari
24 Esclusivo per Sanità24
Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche (Sezione Prima), con la sentenza n. 7 pubblicata l’11 gennaio, esprimendosi sul ricorso proposto da un nutrito gruppo di titolari di parafarmacie contro la Regione Marche per la sospensione della deliberazione di Giunta Regionale n. 663/2021, ha rimesso alla Corte Costituzionale per verifica della conformità dell’art. 1, commi 418 e 419, della L. 30 dicembre 2020, n. 178 (bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021), per contrasto con gli artt. 3 e 41 Cost.
I due commi, si ricorda, stabilivano che i test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e i tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 potessero essere eseguiti anche presso le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza e ne disciplinavano le condizioni economiche.
L’esclusione della parafarmacie dal novero delle strutture abilitate ad effettuare i tamponi antigenici non trova alcuna plausibile giustificazione, afferma la sentenza.
Viene dunque in rilievo la violazione dell’art. 3 e dell’art. 41 Cost., in quanto le norme in commento, senza un giustificato motivo, limitano la libertà di iniziativa economica di determinati soggetti giuridici rispetto alla medesima attività che altri soggetti giuridici operanti nello stesso mercato di riferimento sono invece abilitati a svolgere (attività, peraltro, che richiede una identica qualificazione professionale).
Sono pertanto inconferenti le pur pregevoli argomentazioni che le parti resistenti hanno esposto al fine di giustificare la scelta operata dalla legge di bilancio per il 2021, perché, come si è detto, esse riguardano attività e prestazioni che in tanto possono essere riservate alle sole farmacie in quanto giustificate dal ruolo “istituzionale” delle stesse e dalla differenza tecnica fra tali prestazioni e quelle che, invece, sono erogabili anche dalle parafarmacie.
Non è invece comprovato che le farmacie garantirebbero una maggiore riservatezza, perché la L. n. 178/2020 tiene conto del fatto che esistono numerose farmacie, soprattutto rurali o “storiche”, che non dispongono di spazi adeguati, le quali sono pertanto autorizzate ad avvalersi anche di spazi esterni adiacenti o di strutture allestite ad hoc. Nemmeno sotto questo profilo, dunque, è apprezzabile una sostanziale differenza rispetto alle parafarmacie, le quali pure sono tenute ad attrezzarsi in modo che l’effettuazione dei test avvenga nel rispetto delle misure igienico-sanitarie minime, nonché della riservatezza degli utenti. Va da sé che gli esercizi che non fossero in grado di attrezzarsi in tal modo sarebbero stati esclusi dalla possibilità di effettuare i tamponi, e questo discorso vale sia per le farmacie che per le parafarmacie.
I fatti
In ragione dell’evoluzione della nota emergenza sanitaria e della impellente necessità di svolgere screening di massa, la Regione Marche, con D.G.R. n. 1547 del 1° dicembre 2020 e D.G.R. n. 145 del 15 febbraio 2021 affidava alle farmacie pubbliche e private il compito di eseguire gli screening. Con successiva D.G.R. n. 146/2021 è stato ampliato il novero delle strutture che potevano somministrare il test antigenico rapido (laboratori, strutture e professionisti privati accreditati dalla Regione Marche, ai sensi della L.R. n. 21/2016, come previsto dalla circolare del Ministero della Salute n. 705 dell’8 gennaio 2021, recante “Aggiornamento della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing”).
In considerazione dell’andamento della curva pandemica e della necessità di implementare ulteriormente le misure di prevenzione, la Regione intese potenziare i servizi di screening e, a seguito dell’approvazione disposta con D.G.R. n. 465/2021, in data 22 aprile 2021, la Giunta Regionale sottoscriveva con le associazioni più rappresentative delle parafarmacie delle Marche un accordo per l’effettuazione presso i locali delle medesime parafarmacie di test rapidi per la ricerca dell’antigene e i test diagnostici rapidi per la ricerca di anticorpi del virus SARS-CoV-2.
A seguito della stipula dell’accordo, le parafarmacie, opportunamente istruite dalle associazioni di categoria firmatarie, si sono adeguate ai protocolli stabiliti, investendo notevoli risorse nell'acquisto dei test, dei dispositivi di protezione individuale, degli strumenti atti alla disinfezione degli oggetti e degli ambienti adibiti all'esecuzione dei test, nonché al fine di separare l'utenza che ha normale accesso ai locali di vendita da coloro che accedono all’esercizio per effettuare il test. In alcuni casi, quando i locali non permettevano tale suddivisione, sono stati acquistati gazebo per eseguire i test nelle zone adiacenti all’entrata degli esercizi.
Sennonché, nelle more dell’attuazione e della implementazione dell’accordo, Federfarma Marche, in data 26 aprile 2021, inviava formale diffida alla Giunta Regionale, chiedendo l’annullamento della D.G.R. n. 465/2021, di cui veniva assunta l’illegittimità per i seguenti profili:
-in primo luogo, perché sarebbe ostativo all’esecuzione di test rapidi presso le parafarmacie il disposto dell'art. 1, comma 418, della L. 30 dicembre 2020, n. 178, in cui si prevede che “I test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e i tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 possono essere eseguiti anche presso le farmacie aperte al pubblico dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire la tutela della riservatezza”. Il legislatore avrebbe pertanto inteso riservare alle sole farmacie la possibilità di effettuare test mirati al monitoraggio del virus SARS-CoV-2;
-in secondo luogo, osterebbero all’effettuazione presso le parafarmacie dei suddetti test i principi di diritto affermati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 21 marzo 2017 n. 66, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, della L.R. Piemonte 16 maggio 2016, n. 11, la quale abilitava gli esercizi commerciali (parafarmacie) ad eseguire “…prestazioni analitiche di prima istanza…” (a cui sarebbero ascrivibili, secondo Federfarma, i test oggetto del presente accordo), perché in conflitto con la legislazione statale che permetterebbe alle parafarmacie solo la vendita di talune ristrette categorie di medicinali;
-in terzo luogo, perché i principi stabiliti dal legislatore statale in relazione all’organizzazione del servizio farmaceutico avrebbero natura di principi fondamentali della materia della tutela della salute, che il legislatore regionale è tenuto a rispettare, in ossequio all’art. 117, comma 3, Cost.
L'Avvocatura regionale, nel parere prot. n. 0510423 del 3 maggio 2021, richiesto dal dirigente della P.F. Assistenza Farmaceutica A.R.S. Marche, facendo proprio quanto sostenuto da Federfarma, si è espressa in senso favorevole all’annullamento dell’accordo.
Le ragioni della rimessione alla Corte Costituzionale
Il collegio ha respinto la tesi dei ricorrenti concernente le limitazioni che privilegiano le Farmacie in contrasto con la normativa europea.
Ovviamente Federfarma, si è appellata alla ormai nota decisione della Corte di Giustizia UE è stata chiamata nel 2013 ( C-159/12 a C-161/12) a pronunciarsi su questioni che anche in quel caso vedevano contrapposte farmacie e parafarmacie, ed ha stabilito che le limitazioni che la legge nazionale italiana poneva alle prestazioni e alle attività che le parafarmacie possono erogare erano da ritenere compatibili con i Trattati.
Il Collegio ritiene, invece, che vi siano gli estremi per investire la Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 418 e 419, della L. n. 178/2020, nella parte in cui si prevede che i test in parola possono essere eseguiti solo presso le “…farmacie…”, e ciò alla luce delle seguenti considerazioni.
È impossibile negare, afferma la sentenza, che un farmacista abilitato è idoneo ad eseguire tutte le prestazioni connesse all’arte farmaceutica a prescindere dal luogo in cui egli si trovi ad operare (farmacia, parafarmacia, laboratorio di una casa farmaceutica, etc.) ed a prescindere dal formale inquadramento del suo rapporto di lavoro (farmacista titolare, farmacista collaboratore, etc.).
Certamente vero che le farmacie fanno parte del Ssn e dunque sono già autorizzate a trattare i dati sensibili, ma analoga abilitazione viene concessa alle parafarmacie nel momento in cui esse agiscono per conto della Regione in forza dell’accordo per cui è causa.
Tutto ciò, ovviamente, senza considerare che il farmacista è già di per sé soggetto alle regole deontologiche professionali, fra le quali vi è il divieto di diffondere, al di fuori dei casi consentiti dalla legge, i dati dei propri pazienti o assistiti senza il loro consenso.
Inoltre, come evidenziano i parafarmacisti ricorrenti, la limitazione in parola si pone anche in conflitto logico con la ratio sottesa alla normativa emergenziale, ossia quella di incrementare il numero dei tamponi. Al riguardo va infatti osservato che, rispetto all’esigenza in parola, non vengono in rilievo i profili valorizzati dalla CGUE nella sentenza Venturini e altri, perché la decisione dei cittadini di eseguire i tamponi in questione non discende necessariamente dall’insorgenza di sintomi della malattia, ma anche dal principio di precauzione (è noto, ad esempio, che nell’estate 2021 molti italiani si sono sottoposti al tampone prima di intraprendere viaggi all’estero o di partecipare a cerimonie religiose, a feste, etc., e questo anche in assenza di sintomi e anche nei casi in cui ciò non fosse imposto da alcuna norma o provvedimento amministrativo).
Ne consegue che, in quest’ottica, la presenza (soprattutto all’interno dei centri commerciali) di una parafarmacia in cui fosse stato possibile effettuare il test avrebbe aumentato lo screening di massa, senza peraltro incidere sul tradizionale bacino di utenza delle farmacie.
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