Sentenze

Vaccini, la proposta per arrivare a un prezzo equo

di Livio Garattini *, Bruno Finazzi *

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24 Esclusivo per Sanità24

La pandemia Covid-19 ha recentemente riportato in evidenza l’importanza cruciale dei vaccini, settore in cui l’Europa è leader mondiale sia a livello di sviluppo che di produzione. Sebbene dal punto di vista regolatorio i vaccini vengano considerati farmaci, fra le due categorie vi sono comunque differenze sostanziali sotto il profilo sia sociale che economico.
In questa sede vengono confrontati farmaci e vaccini utilizzando sei variabili, una sorta di griglia di analisi derivata dall’economia aziendale, per sottolineare in modo sistematico le differenze principali fra i due tipi di prodotti. L’obiettivo finale è quello di formulare una proposta ragionevole per determinare i prezzi dei vaccini.
1.I farmaci sono abitualmente somministrati ai pazienti, cioè a soggetti malati che richiedono un trattamento, a prescindere dalla gravità dei loro problemi di salute. Molti farmaci possono coesistere nella stessa classe terapeutica, in quanto ciascuno di essi può avere effetti diversi su specifici sottogruppi di malati. Diversamente, i vaccini sono somministrati a soggetti sani rispetto alle patologie da prevenire. Qualora siano raggiunti livelli elevati di copertura, anche i soggetti non vaccinati possono trarne dei benefici indiretti, riducendo il rischio di trasmissione e circolazione dei patogeni grazie al cosiddetto ‘effetto gregge’; pertanto, i benefici sociali dei vaccini possono eccedere quelli strettamente individuali. Peraltro, all’opposto, i vaccini possono sollevare anche un (seppur ridotto) rischio di effetti collaterali rilevanti in individui sani non affetti dalle patologie da prevenire, motivo per cui possono sollevare dubbi nell’opinione pubblica. Ciò può favorire la diffusione di campagne di massa contro i vaccini da parte dei cosiddetti movimenti ‘no vax’, soprattutto in Paesi molto sviluppati che da decenni non sperimentavano alcuna pandemia prima del Covid-19.
2.I brevetti costituiscono uno strumento basilare per massimizzare i ritorni finanziari degli investimenti in ricerca e sviluppo dei farmaci, anche dopo la prima invenzione. Infatti, per limitare il fatturato dei farmaci generici, l’industria spesso ricorre a brevetti secondari pur di prolungare ulteriormente l’esclusiva di mercato. Diversamente, al di là del dibattito attuale sollevato dai vaccini anti-Covid, i brevetti sono meno rilevanti nel caso dei vaccini tradizionali e vengono utilizzati prevalentemente sui processi produttivi. In effetti, eventuali brevetti su antigeni non potrebbero impedire a altre aziende di utilizzare ceppi diversi per sviluppare vaccini concorrenti, i cui effetti possono per l’appunto variare solo in funzione della variabilità biologica delle materie prime e delle fasi dei processi di purificazione.
3.Ricerca e promozione sono da sempre le principali voci di costo per lo sviluppo e la commercializzazione dei farmaci, mentre i costi di produzione assai raramente raggiungono un’incidenza rilevante sui costi totali, a maggior ragione nel caso degli anticorpi monoclonali di ultima generazione caratterizzati da prezzi esorbitanti. In generale, in un'industria orientata alla ricerca come quella farmaceutica è difficile stimare in modo analitico singole voci di costo per ciascun prodotto. Diversamente, i costi di produzione sono la voce di costo principale dei vaccini tradizionali e, ancorché in misura forse inferiore, continuano a esserlo anche per quelli di ultima generazione. I vaccini implicano per definizione produzioni su larga scala, che hanno storicamente scoraggiato il lancio di copie a brevetto scaduto. Gli ingenti costi fissi produttivi derivanti dai singoli impianti sono solitamente spalmati su un numero notevole di dosi e abbastanza facilmente attribuibili a ogni specifico vaccino.
4.I medici sono tradizionalmente i principali prescrittori di farmaci e la loro distribuzione avviene prevalentemente tramite le farmacie territoriali. Diversamente, la distribuzione di vaccini è assai più eterogenea e difforme in Europa, variando molto in relazione al tipo di sistema sanitario e all’organizzazione dello stesso. Ad esempio, da noi i vaccini raccomandati per i bambini sono somministrati nei distretti sanitari dagli igienisti e una parte di quelli per adulti (ad esempio gli antinfluenzali) dai medici di famiglia nei loro ambulatori, mentre nel Regno Unito tutti i vaccini sono prevalentemente somministrati da questi ultimi. Poiché la maggior parte dei vaccini sono tuttora iniettabili, un problema diffuso è quello dell’immagazzinamento e della conservazione.
5.In una tipica situazione di ‘fallimento del mercato’ come la sanità, i medici, in quanto ‘agenti’ dei pazienti, prendono le decisioni finali relative a quanti e quali farmaci prescrivere ai pazienti fra quelli disponibili in commercio. Quindi, sono i medici (e non i pazienti) a costituire (logicamente) il target principale della promozione dell’industria farmaceutica e eventuali strategie commerciali aggressive possono sollevare conflitti di interesse finanziari qualora inducano un abuso di farmaci. Diversamente, i vaccini non richiedono una massiccia promozione diretta da parte dell'industria. Sebbene le aziende siano ovviamente parte interessata, le campagne vaccinali per raggiungere tassi di copertura elevati costituiscono tradizionalmente un compito precipuo delle autorità sanitarie. Le attività possono consistere in training specifici per i professionisti sanitari e/o in campagne informative dirette ai pazienti. I risultati finali sono fortemente influenzati dalla percezione del valore dei vaccini nell’opinione pubblica, con i singoli medici che possono comunque svolgere un ruolo di rilievo nell'influenzare positivamente o negativamente i gruppi familiari riluttanti alle vaccinazioni, come spesso evidenziato durante questa pandemia.
6.I prezzi dei nuovi farmaci sono aumentati in modo quasi esponenziale in tutta Europa nell'ultimo decennio, rendendo la spesa farmaceutica spesso insostenibile anche nei paesi più ricchi. Anche gli schemi dei prezzi più recenti e sofisticati, basati sul presunto raggiungimento di risultati terapeutici, hanno mostrato evidenti limiti intrinseci nonostante la loro apparente scientificità. D’altro canto, strategie consolidate quali i prezzi di riferimento e le gare pubbliche d’acquisto non sembrano essere oramai di per sé sufficienti a contenere il trend in continua ascesa dei prezzi. Allo stato attuale, la strategia più diffusa di contenimento della spesa fra le agenzie nazionali è quella della negoziazione confidenziale diretta con le aziende, un approccio di determinazione dei prezzi ineluttabilmente privo di trasparenza. Per quanto riguarda i vaccini, sebbene in tutta Europa i ‘terzi paganti’ abbiano fatto tradizionalmente ricorso alle gare d'acquisto per sfruttare al massimo il proprio potere contrattuale, le tendenze attuali per determinare i prezzi dei vaccini sono in qualche misura più simili a quelle dei farmaci. Dal momento che ogni ‘concorrente’ è prevedibilmente (per non dire ovviamente) ostile alla concorrenza sui prezzi, le poche aziende (multinazionali) che attualmente commercializzano vaccini fanno di tutto per rendere meno competitive le aste, differenziando fra di loro i nuovi vaccini (vedi gli esempi HPV e PCV) per lanciarli a prezzi che solo qualche anno fa apparivano impensabili. In base alle stime sui costi di produzione per dose dei vaccini presenti in letteratura, un prezzo medio di 15 euro dovrebbe essere più che remunerativo per qualsiasi vaccino commercializzato in Europa, mentre il prezzo medio dei vaccini pediatrici raccomandati in Italia è attualmente di circa 35 euro. E va da sé che i profitti indotti dai vaccini anti-covid non faranno altro che rafforzare tale tendenza.
Riassumendo, è assai probabile che i vaccini siano fra i prodotti per la salute più efficienti al mondo sotto il profilo economico, offrendo un'alternativa comunque a basso costo per prevenire nel lungo termine mortalità e morbilità; il loro ‘costo opportunità’ può essere talmente contenuto da rendere poco convenienti anche i trattamenti terapeutici più efficaci. Quindi, non deve affatto stupire che le valutazioni economiche basate su modelli di lungo periodo e mirate a supportare la richiesta di prezzi elevati per i nuovi vaccini concludano sempre a favore di questi ultimi.
La spesa complessiva per vaccini è ovviamente la risultante del prodotto fra prezzi e volumi, come per qualsiasi altro bene in commercio; peraltro, diversamente dai farmaci, i volumi dei vaccini sono molto più elevati e relativamente più facili da prevedere. Dal momento che non esiste un metodo universalmente riconosciuto per classificare le patologie in base alla loro importanza e più in generale per assegnare un valore monetario a una vita umana, possiamo semplicemente assumere che in tempi normali tutti i vaccini raccomandati siano parimenti essenziali per la salute della popolazione, specialmente quelli per neonati e bambini dall'impatto sociale incommensurabile. In tal senso, vanno sottolineate positivamente anche le tendenze più recenti di lanciare dei vaccini combinati che includono più di un antigene, per ridurre il numero totale di somministrazioni, e di utilizzare nuovi adiuvanti, per potenziare le risposte immunitarie e/o ridurre le dosi totali da somministrare.
Se la funzione di indicare ai decisori politici quali vaccini raccomandare per il rimborso è principalmente di competenza degli esperti di sanità pubblica, va riconosciuto che gli economisti sanitari non possono contribuire più di tanto a fissare dei prezzi equi per i vaccini. Diversamente, il contributo più utile da parte dell’economia potrebbe essere quello di quantificare in modo razionale dei budget di spesa, a maggior ragione in questo periodo di crisi economica apparentemente senza fine. In questa prospettiva viene qui esposta una semplice proposta pensata per periodi di relativa normalità.
Si potrebbe innanzitutto fissare un budget annuale esclusivamente per i vaccini, coincidente per il primo anno con la spesa storica registrata nell'anno precedente, onde evitare in partenza qualsiasi shock finanziario per le aziende del settore. Le autorità sanitarie potrebbero successivamente rimborsare alle aziende tutte le dosi di vaccini somministrate nel corso dell’anno allo stesso prezzo unitario, calcolato come rapporto fra la spesa totale dei vaccini e numero complessivo di dosi somministrate nell'anno precedente. A partire dagli anni successivi si potrebbe poi procedere a lievi variazioni del budget annuale in base ai tassi di inflazione/deflazione previsti, oppure a variazioni più rilevanti in caso di modifiche nel numero e nella frequenza delle vaccinazioni raccomandate.

* Istituto Mario Negri Irccs


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