Sentenze
Cassazione: scatta il reato per la guardia medica che "scarica" il paziente al 118
di Pietro Verna
24 Esclusivo per Sanità24
Risponde di omissione di atti d'ufficio il sanitario addetto al sevizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di visita domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l'opportunità di chiedere l'intervento del "118" per il trasporto in ospedale, dimostrando così di essere consapevole che la situazione denunciata richiedeva il tempestivo intervento di un sanitario.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (sentenza 2 marzo 2020, n. 8377) che ha confermato la pronuncia con la quale la Corte di appello di Trento- Sezione di Bolzano, ribaltando la pronuncia assolutoria del Tribunale di Bolzano, aveva ritenuto responsabile del delitto di cui all' art. 328, comma 1, cod. pen. ("Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia […] o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni ") un medico in servizio di guardia medica, per essersi indebitamente rifiutato di visitare una malata terminale di cancro in preda ad atroci sofferenze, deceduta dopo circa un'ora dalla richiesta di intervento. Visita che il medico avrebbe dovuto eseguire ai sensi dell' art.13, comma 3, del d.P.R. n. 41 del 1991 ("Durante il turno di guardia il medico è tenuto ad effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dall'utente, oppure - ove esista - dalla centrale operativa, entro la fine del turno cui è preposto") e che avrebbe consentito all'imputato "di verificare quale fosse il rimedio più adeguato per alleviare il dolore, anche praticando iniezioni, che rientravano nella sua competenza, con farmaco in fiale diverso dalla morfina".
Cornice giurisprudenziale
Diversamente da quanto sostenuto da difensori dell'imputato (è compito del medico valutare, sulla base la sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente), la sentenza in narrativa ha ribadito il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l'esercizio del potere-dovere del medico di valutare la necessità della visita domiciliare è sindacabile da parte del giudice penale. Tant'è che la fattispecie delittuosa in questione è stata intravista nella condotta del medico che si limiti ad una consulenza telefonica senza visitare il malato che ne aveva bisogno ( Cassazione, Sez. VI , sentenza 12 luglio 2017, n.43123) o che non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente nella persuasione a priori della "enfatizzazione" dei sintomi denunciati dal paziente" (Cassazione, Sez. VI, sentenza 30 ottobre 2012, n. 23817) in quanto il delitto descritto nell'art. 328, comma 1, cod. pen. è un reato di pericolo che, come tale, postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione ( Cassazione, Sez. VI, sentenza 29 luglio 2019, n. 34535). Fermo restando che per la sanzionabilità del rifiuto occorre che questo risulti illegittimo, anti doveroso e assistito dal dolo, e solo come tale sindacabile dal giudice penale, "senza tracimare in valutazioni proprie della colpa professionale sanitaria, che esulano dalla struttura psicologica (dolosa) del reato" (Cassazione, Sez. III, sentenza 6 dicembre 1995, Sonderegger). Ad esempio il Supremo Collegio ha assolto il medico di guardia dal reato di cui all'art. 328, comma 1, cod. pen. perché questi, pur essendosi recato presso l'abitazione del paziente a fronte della richiesta di una vista domiciliare urgente, ha ritenuto di non poter intervenire in costanza o, comunque, nell'imminenza di un intervento medico maggiormente specializzato ed a fronte di cure già poste in essere dal personale infermieristico (sentenza 23 maggio 2018, n. 32151).
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