Sentenze

Cassazione: Riina malato, valutare il diritto a una morte dignitosa fuori dal carcere

di Il Sole24Ore Radiocor Plus

In nome del diritto ad una «morte dignitosa», la Prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza 27766 di oggi, ha annullato l'ordinanza con la quale il Tribunale di Sorveglianza di Bologna (il 20 maggio del 2016) aveva rigettato la richiesta di differimento dell'esecuzione della pena o, in subordine, di detenzione domiciliare presentata da Salvatore Riina a causa delle gravissime condizioni di salute del boss di Cosa nostra. Il Tribunale, in sede di rinvio, dovrà dunque condurre il nuovo esame attenendosi ai criteri fissati dalla Suprema corte.
Non solo, la Cassazione rileva «una intrinseca contraddittorietà della motivazione», laddove mentre afferma la compatibilità dello stato di detenzione con le condizioni di salute del boss, nel contempo «evidenzia espressamente le deficienze strutturali della Casa di reclusione di Parma» dove «la necessità di avere a disposizione un particolare letto rialzabile, non può essere soddisfatta a causa delle ristrette dimensioni della camera di detenzione». Il Tribunale, prosegue la Corte, avrebbe dovuto «rinviare la propria decisione all'esito di un accertamento volto a verificare, in concreto, se e quanto la mancanza di un letto che permetta ad un soggetto molto anziano e gravemente malato, non dotato di autonomia di movimento, di assumere una diversa posizione, incida sul superamento o meno di quel livello di dignità dell'esistenza che anche in carcere deve essere assicurato». Le condizioni di detenzione infatti non devono essere considerate in «astratto, bensì, in concreto».
Infine, concludono i giudici di Piazza Cavour, «ferma restando l'altissima pericolosità del detenuto Salvatore Rima e del suo indiscusso spessore criminale», il provvedimento «non chiarisce come tale pericolosità possa e debba considerarsi attuale in considerazione della sopravvenuta precarietà delle condizioni di salute e del più generale stato di decadimento fisico dello stesso». Infatti, conclude il Collegio, «le eccezionali condizioni di pericolosità devono essere basate su precisi argomenti di fatto, rapportati all'attuale capacità del soggetto di compiere, nonostante lo stato di decozione in cui versa, azioni idonee in concreto ad integrare il pericolo di recidivanza».


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