Sentenze

Lazio, la Consulta riabilita la scure del commissario Bondi: «Legittimi i tagli del 2012 ai budget per il privato convenzionato». Non fu violato il diritto alla salute

di Lucilla Vazza

Non ha messo a rischio il diritto alla salute dei cittadini del Lazio il “famigerato” decreto Bondi del 2012 (decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95 ). La cura da cavallo del commissario ad acta per la sanità Enrico Bondi, che tagliava i budget per la strutture sanitarie private convenzionate della Regione in modo da riportare i conti del Lazio in pareggio entro il 2015. Lo hanno stabilito i giudici della Corte costituzionale n. 203 del 2016, depositata ieri, che hanno valutato la legittimità dell'articolo 15, comma 14, del Decreto commissariale n. 95 del 2012. Come si ricorderà, le questioni erano sorte nell'ambito di numerosi giudizi pendenti innanzi al Tar del Lazio tra alcune strutture ospedaliere private e la Regione. Le strutture accreditate chiedevano risposta sulla legittimità dei provvedimenti con cui il Commissario ad acta per il rientro dal deficit regionale aveva rideterminato il budget sanitario delle singole strutture in applicazione della norma che obbligava a un “taglio” dei volumi d'acquisto di beni e servizi sanitari nei confronti delle strutture private accreditate, così da «ridurre la spesa complessiva annua, rispetto alla spesa consuntivata per l'anno 2011, dello 0,5 per cento per l'anno 2012, dell'1 per cento per l'anno 2013 e del 2 per cento a decorrere dall'anno 2014».

Valorizzata l’autonomia decisionale delle Regioni
La sentenza di ieri avra risvolti significativi poiché ribadisce e valorizza l’autonomia economico-finanziaria della Regione e dunque la competenza legislativa regionale nella spinosa materia della tutela della salute. I giudici e riconoscono un ampio margine di manovra all'Amministrazione regionale nella definizione del budget massimo delle strutture private accreditate.
In sintesi la Corte riconosce che la Regione, nell'esercizio delle proprie competenze costituzionali, può rimodulare l'entità dei “tagli” ai volumi d'acquisto di beni e servizi, avendo così la possibilità di conseguire i risparmi previsti dal legislatore statale attraverso determinazioni autonome. Per questa ragione, la sentenza dichiara inammissibile la censura riferita alla pretesa violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., perché il Tar remittente non aveva sperimentato il tentativo di interpretare la disposizione censurata conformemente a Costituzione, riconoscendo appunto la menzionata possibilità di intervento regionale nei termini indicati.

E va evidenziato che la Consuta riconosce che è “fisiologico” che l'Amministrazione regionale determini i budget d'acquisto (o li modifichi) anche durante l'anno di riferimento e che tale determinazione, purché sia ragionevole e quantitativamente contenuta e intervenga quando ancora permane un tempo ragionevole alle imprese private per scontare la rimodulazione dei budget, non può considerarsi lesiva del legittimo affidamento delle strutture private.

Non fu compromessa la libertà d’iniziativa economica dei privati
Al contrario, in regime di sanità convenzionata, «l'operatore prudente e accorto non può non sapere di essere esposto a correttivi dei contenuti economici del contratto imposti in corso d'anno». La stessa rideterminazione dei budget di spesa, specie ove indirizzata all'equilibrio economico del sistema sanitario regionale, non può essere di per sé stessa considerata lesiva della libertà d'iniziativa economica privata né del diritto alla salute, atteso che «la tutela del diritto alla salute non può non subire i condizionamenti che lo stesso legislatore incontra nel distribuire le risorse finanziarie delle quali dispone».
La disposizione in commento supera anche i test di conformità alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo e alla giurisprudenza della Corte EDU quanto all'affidamento del cittadino (che, come è noto, è particolarmente severa in punto di interventi sostanzialmente retroattivi del legislatore), in quanto «l'espresso collegamento operato dalla norma contestata tra le esigenze di contenimento della spesa pubblica e l'intervento sugli importi e i volumi di acquisto dei contratti sanitari consente di considerare integrato il requisito del legittimo interesse pubblico, il quale, ai sensi dell'art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, può giustificare l'ingerenza da parte di un'autorità pubblica nel pacifico godimento dei «beni»».
La decisione della Consulta ha insomma recepito e riconosciuto le argomentazioni dei collegi difensivi della Regione Lazio proposte nei giudizi davanti al Tar in favore di una norma statale (il decreto Bondi), valorizzando gli interessi regionali in materia economica e sanitaria.


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