Medicina e ricerca

Prevenzione/ Inquinamento indoor in città nocivo per la salute quanto quello esterno

di Davide Madeddu

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L’inquinamento indoor nelle aree urbane ha “lo stesso impatto sulla salute dell’inquinamento esterno”. È quanto emerge da uno studio portato avanti dai ricercatori dell’Enea e da quelli dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Cnr (Cnr Isac), in collaborazione con le università Sapienza di Roma e Milano-Bicocca, nell’ambito del progetto Viep. Lo studio, utilizzando un sistema biotecnologico portatile realizzato dai ricercatori, ha esaminato «la risposta tossicologica delle cellule del tessuto polmonare umano esposte alle nanoparticelle dell’aerosol atmosferico (PM2.5, PM0.1) all’interno di un’aula di Sapienza Università di Roma». La campagna ha previsto misurazioni nell’arco delle 24 ore, incluse le ore di lezione.
Dalla ricerca emerge che «se il particolato fine (PM2.5) e ultrafine (PM0.1), generato dal traffico veicolare urbano si infiltra in un ambiente interno, può attivare la risposta del tessuto bronchiale umano attraverso specifici geni legati all’infiammazione e a un particolare meccanismo biochimico che permette al nostro organismo, come azione protettiva, di riconoscere, trasformare ed eliminare le sostanze estranee».
Quanto al risultato, «la ricerca ha rivelato che le caratteristiche chimico-fisiche dell’aerosol atmosferico dell’ambiente esterno, influenzato soprattutto dal traffico veicolare urbano e delle variabili meteorologiche esterne (bassa pressione, piogge e vento) - spiegano Massimo Santoro dell’Enea e Francesca Costabile del Cnr-Isac -, sono significativamente alterate infiltrandosi in ambiente indoor, aumentando così il potenziale tossicologico del Pm2.5 e Pm0.1. A ciò bisogna aggiungere la presenza degli studenti in aula, che contribuiscono alla variazione di biomassa all’interno dell’aula, e dei sistemi di trattamento dell’aria interna».
Partendo dal dato che in media la popolazione dei centri urbani trascorre fino al 97% del tempo in ambienti chiusi e che le principali fonti di inquinamento dell’aria indoor nelle nostre città includono l’infiltrazione di aria dall’esterno, dal traffico veicolare al riscaldamento, oltre che le sorgenti interne che comprendono fumo di tabacco, prodotti per la pulizia, cottura di cibi, i ricercatori sottolineano l’importanza dello studio cui hanno partecipato anche autori del lavoro, al quale hanno contribuito, tra gli altri, anche Maria Giuseppa Grollino e Barbara Benassi della divisione Enea di Biotecnologie, Maurizio Gualtieri (Milano-Bicocca), Matteo Rinaldi (CNR-ISAC), Paolo Monti (Sapienza Università di Roma), Armando Pelliccioni e Monica Gherardi (Inail). «Questi risultati rappresentano una base importante per fornire un solido supporto scientifico alle politiche di adeguamento delle normative sulla qualità dell’aria in ambiente indoor che comprende anche altri contesti come uffici, abitazioni e luoghi di sport e svago - continua Santoro - evidenziando il ruolo critico delle particelle fini e ultrafini come vettori di molecole tossiche per la salute umana». Non solo: «La nostra ricerca - conclude Francesca Costabile - suggerisce, inoltre, come le condizioni meteorologiche, climatiche e la qualità dell’aria esterne abbiano un significativo impatto sulle proprietà del PM2.5 e del PM0.1 in ambiente ‘indoor».


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