Medicina e ricerca

Declino cognitivo: la prospettiva di rallentarlo con l’epigenetica

di Andrea Fuso *

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Con l’aumento della vita media il declino cognitivo è un problema sempre più impattante. Secondo stime dell’Oms, la neurodegenerazione e l’Alzheimer rappresentano già la settima causa di morte nel mondo e si valuta che nei prossimi 25 anni i casi triplicheranno. In Italia oltre 1.200.000 persone soffrono di demenza, quasi un italiano su sei, con un impatto sulla qualità della vita dei pazienti e dei parenti e con costi importanti a carico del sistema sanitario nazionale.
Un recente report pubblicato su Lancet rileva però come il 45% dei casi di demenza potrebbe essere evitato agendo su stili di vita e prevenzione.
Per comprendere la natura di questo dato è importante capire che le malattie neurodegenerative sono patologie di natura multi fattoriale le cui cause sono molteplici cui spesso contribuisce una base epigenetica.
Per fare un esempio solo il 10% dei casi di Alzheimer ha una natura puramente genetica e in questi casi la malattia insorge in età relativamente giovane. Il restante 90% ha origine multifattoriale non ereditaria in cui rientrano alterazioni epigenetiche.
Si tratta cioè di danni a carico di quei meccanismi che determinano il normale livello di espressione dei geni. Ciascuna cellula del nostro corpo contiene nel suo nucleo l’intero Dna. Potenzialmente dunque da ciascuna cellula potremmo ricreare l’organismo intero. Quello che però le differenzia è lo stato di “accensione e spegnimento” dei vari geni. Un po’ come delle pareti a led che in base alle luci accese e a quelle spente mostrano scritte ed immagini differenti.
A livello biologico sono diversi i meccanismi che permettono l’accessione e lo spegnimento dei geni. I principali sono la metilazione del Dna (un gene metilato è inattivo) e l’acetilazione degli istoni, ossia le proteine nucleari su cui il Dna si avvolge per compattarsi.
Senza andare troppo nel dettaglio quello che è importante capire è che stili di vita scorretti, uniti al fisiologico processo di invecchiamento, possono portare ad alterazioni dei meccanismi epigenetici che nel tempo possono trasformarsi in demenza e Alzheimer.
A differenza delle mutazioni genetiche però le modificazioni epigenetiche sono reversibili.
Da anni mi occupo di epigenetica e neurodegenerazione e ora stiamo studiando le proprietà di uno speciale estratto di uova di pesce, lo stamisoma, che dai dati preliminari sta dando molta speranza. Abbiamo osservato un’importante azione di contrasto della neuroinfiammazione e dello stress ossidativo: due dei meccanismi fondamentali che possono essere associati ad alterazioni epigenetiche.
Grazie al sostegno economico di una giovane azienda italiana stiamo studiando una speciale formulazione a base di stamisoma di pesce, arricchito da altre sostanze in grado da un lato di proteggere i neuroni dalla neurodegenerazione, dall’altro di stimolarne il corretto funzionamento. Parliamo di sostanze come l’omotaurina che è in grado di contrastare lo stress ossidativo, la citicolina che è un importante precursore dei neurotrasmetittori, l’acido folico, fondamentale nei processi di metilazione e tutte le vitamine del gruppo B che sono fondamentali per il corretto funzionamento delle funzioni cognitive.
I dati preliminari in vitro ci incoraggiano a sviluppare ulteriormente la ricerca per confermare l’azione di contrasto alla neuroinfiammazione, allo stress ossidativo ed anche l’azione a livello epigenetico nella protezione dei neuroni dalla perdita di metilazione.
La formula è già disponibile nelle farmacie sotto forma di spray orale o ora abbiamo attivato anche uno studio clinico in doppio cieco per confermare i dati sui pazienti.

* PhD, Professore associato di Biochimica Clinica e Biologia molecolare clinica Dip.to Medicina sperimentale, La Sapienza Università di Roma; Direttivo del Centro di ricerca in Neurobiologia (CRiN), Sapienza Università di Roma; membro del Direttivo della Epigenetics Society (ES)


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