Medicina e ricerca

Tumori del sangue: dalla rivoluzione terapeutica alle cure di prossimità per vivere tempo di qualità

di Davide Petruzzelli*

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ln ltalia si registrano ad oggi circa 3.600.000 casi prevalenti oncologici che presentano bisogni molto diversi che vanno dall’altissima intensità assistenziale a problematiche legate alla polimorbidità (anziani con malattia cronica) fino alla necessità di presa in carico di natura sociosanitaria. Nel 2020 il 65% dei malati di tumore ha ricevuto una diagnosi da più di cinque anni, il 39% da oltre dieci anni.

ll cancro rappresenta ancora la seconda causa di morte (il 29% di tutti i decessi) dopo le malattie cardiovascolari, ma chi sopravvive a cinque anni dalla diagnosi ha, dopo alcuni tipi di tumore (testicolo, tiroide, ma anche melanoma, linfomi di Hodgkin e, in misura minore, colon-retto), prospettive di sopravvivenza vicine a quelle della popolazione che non ha mai avuto una neoplasia.

Oggi che l’innovazione ci ha resi partecipi di una delle più grandi rivoluzioni nell’ambito di trattamenti e cure dei tumori del sangue, aumentando esponenzialmente l’aspettativa di vita, è quanto mai necessario migliorare la presa in carico e il percorso assistenziale del malato per vivere tempo di qualità. Un obiettivo prioritario e non più derogabile, considerata l’elevata complessità della gestione delle malattie oncologiche/oncoematologiche e delle problematiche a esse connesse.

L’integrazione ospedale-territorio per l’oncologia è una delle maggiori sfide contemporanee che ci troviamo a fronteggiare, in grado di ridisegnare il nostro Sistema Salute. Il recente documento AGENAS “Linee di indirizzo sull’integrazione ospedale-territorio in oncologia” si inserisce in questo contesto in via di ridefinizione del percorso di cura del malato, oggi che l’innovazione ha cambiato la storia di molti tumori del sangue, migliorando diagnosi e prognosi. Cronicizzazione e guarigione sono due parole entrate finalmente nel lessico dei tumori ematologici. L’aspettativa di vita è decisamente aumentata e possiamo parlare di Cancer survivorship. Allora è proprio adesso che dobbiamo lavorare, congiuntamente con tutti gli attori del Sistema, per una migliore qualità di vita che è in larga parte connessa alla prossimità delle cure. Potenziare il territorio, ovvero aumentare e delocalizzare alcuni servizi, significa da un lato essere vicini al cittadino, rispondere alle esigenze di presa in carico, follow-up e monitoraggio nel tempo, dall’altro vuol dire anche alleggerire ed efficientare gli ospedali. L’effetto paradosso infatti è che i numeri della guarigione e della cronicizzazione, particolarmente in ematologia oncologica, sono così in crescita che questa popolazione di persone non potrà più essere gestita in ospedale, non solo per la loro qualità di vita, ma anche per la sostenibilità delle strutture nel prossimo futuro.

ll documento AGENAS ipotizza un’organizzazione che si dispiega per setting assistenziali, bisogni effettivi dei pazienti e specificità territoriali (e demografiche), con processi di riorganizzazione del percorso oncologico e della delocalizzazione/deospedalizzazione di alcune attività, indicando responsabilità e integrazione di Distretti, Rete Nazionale Tumori Rari, MMG e altre professionalità/organizzazioni, insieme con il Gruppo oncologico multidisciplinare (GoM). Il territorio diventa un nodo della rete e si dovranno ridisegnare i PDTA alla luce di questa riorganizzazione.

Un contesto in cui giocano un ruolo fondamentale, inoltre, le Associazioni Pazienti, sempre più strutturate e organizzate secondo modelli efficienti ed efficaci sul territorio, in grado di informare e orientare pazienti sempre più partecipi del proprio percorso di cura, empowered. La scienza laica di chi ha vissuto l’esperienza di malattia rappresenta di fatto un valore aggiunto di valore inestimabile di cui il Sistema può giovare. I bisogni dei malati cambiano insieme alla malattia, nella fase acuta e post-acuta ma anche nella lungosopravvivenza; persone che devono essere prese in carico continuativamente a livello territoriale, dove il percorso è poco presidiato da competenze e strutture dedicate, oltre a essere molto frammentario sul territorio nazionale. Sono fondamentali, in questo senso, risorse che possano garantire la messa a terra di progetti che rimarrebbero altrimenti soltanto idee. Con La Lampada di Aladino ETS abbiamo potuto realizzare progetti di valore, come il tutoraggio ai giovani pazienti con leucemie e linfomi, o l’assistenza – dal trasporto all’assistenza domiciliare - durante la pandemia da Covid-19. Progetti che sono stati sostenuti dal bando Community Award Program, un contributo agli Enti del Terzo Settore del Paese a sostegno di progetti con ricadute concrete sulla qualità di vita di chi ha una malattia oncoematologica che quest’anno è alla sua tredicesima edizione.

Tutti gli attori del Sistema Salute – medici, tecnici e Istituzioni in primis – hanno il dovere di agire per potenziare il territorio e adeguare l’organizzazione sanitaria in modo da rispondere coerentemente ai bisogni che il paziente esprime in fase extraospedaliera.

L’innovazione ha fatto passi da gigante. Grazie alla ricerca scientifica sempre più persone ricevono cure che migliorano quantità e qualità della vita. La sfida della territorialità è oggi una delle più difficili, ma anche la più entusiasmante. Dobbiamo tutti unire le forze in questo senso perché diventi realtà in ogni Regione.

*Presidente La Lampada di Aladino ETS; F.A.V.O. Neoplasie ematologiche; Vicepresidente Fondazione AIOM


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