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Ortopedici Siot: il 20% delle fratture avviene tra 50 e 80 anni, agire sulla prevenzione

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Debolezza muscolare, ridotta coordinazione dei movimenti e propensione alla caduta, sono fra i principali fattori di rischio delle fratture da fragilità che, inevitabilmente, aumentano nei soggetti più anziani. In occasione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, che si celebra in tutto il mondo il 28 luglio, la Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia, SIOT ribadisce l’importanza della prevenzione dei rischi cadute nei soggetti più a rischio e della diagnosi precoce per il trattamento dell’osteoporosi.
Nel periodo estivo, poi, complice l’afa e altri fattori dovuti all’età come problemi di vista, perdita di equilibrio o altre patologie, la possibilità di subire una frattura può aumentare. In generale, le donne, soprattutto dopo la menopausa, sembrano avere un rischio più alto di trauma rispetto agli uomini. Basti pensare che in Italia, secondo i dati dell’International Osteoporosis Foundation, si stima che la prevalenza dei soggetti osteoporotici over 50 corrisponda al 23,1% nelle donne e al 7,0% negli uomini.
A confermarlo le più recenti Linee Guida “Diagnosi, stratificazione del rischio e continuità assistenziale delle fratture da fragilità” dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con SIOT e altre Società scientifiche.
“Con l’avanzare dell’età – evidenzia Alberto Momoli, presidente SIOT e direttore UOC Ortopedia e Traumatologia Ospedale San Bortolo, Vicenza - la massa ossea diminuisce e la possibilità di subire una frattura aumenta. L’attività fisica, in particolare esercizi personalizzati di rinforzo muscolare, di rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione, hanno mostrato di ridurre sia il rischio di cadute che di traumi correlati. Una strategia di prevenzione delle cadute in soggetti anziani che includa esercizi fisici e un adeguato apporto di vitamina D, la cui prescrizione va sempre preceduta da un’attenta visita medica, è altamente raccomandabile. Importante poi è la valutazione dell’ambiente domestico, ove possono esservi ostacoli o pericoli modificabili quali scarsa illuminazione, fili o tappeti a terra, scarpe inadeguate e presenza di animali domestici”.
Come emerge dalle Linee Guida, è stato stimato che le fratture da fragilità siano responsabili di oltre 9 milioni di fratture ogni anno in tutto il mondo e possano causare eventi avversi (quali l’aumentata morbosità e mortalità), e contribuire in modo rilevante alla spesa sanitaria, pertanto, costituiscono un serio problema di salute pubblica. In Italia, a causa del continuo invecchiamento della popolazione, ci si attende che le persone più anziane, con età pari o superiore a 85 anni, superino il 12% dell’intera popolazione entro l’anno 2050. In questa prospettiva, malattie cronico-degenerative, tra cui l’osteoporosi, rappresentano una sfida non solo per gli operatori sanitari e i decisori politici, ma anche per gli individui stessi, in quanto compromettono l’invecchiamento in buona salute, l’indipendenza e la qualità della vita.
Inoltre, il numero totale di tutte le fratture da fragilità, sempre secondo i dati, nei cinque maggiori Paesi dell’UE quali Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito, e in più la Svezia, aumenterà da 2,7 milioni nell’anno 2017 a 3,3 milioni nel 2030 con un aumento del 23,3%. In particolare, per la frattura del femore prossimale e della colonna vertebrale, gli aumenti previsti sono del 28% e il 23%, rispettivamente.
I fattori di rischio dell’osteoporosi, però, non sono solo l’età e il sesso: anche una precedente frattura da fragilità è, per entrambi i sessi, un importante campanello d’allarme per ulteriori fratture. Gli individui che hanno già subìto una frattura da fragilità sono maggiormente a rischio di ulteriori fratture sia nello stesso sito che in un altro sito osseo; inoltre, il rischio aumenta al crescere del numero e della severità delle precedenti fratture. Spesso, tuttavia, i pazienti non ricevono né un corretto inquadramento diagnostico, né un adeguato trattamento farmacologico, come riportato dalla Commissione Intersocietaria per l’Osteoporosi, e una consistente porzione di soggetti dopo un anno dalla diagnosi di frattura da fragilità presenta un’aderenza alla terapia non superiore al 50%.
In particolare, le donne dai 50 agli 80 anni, a seguito di una prima frattura da fragilità, hanno un maggior rischio di sviluppare una seconda frattura cinque volte maggiore entro l’anno rispetto a coloro che non hanno avuto una precedente frattura o nei due anni successivi (International Osteoporosis Foundation). Nonostante ciò, il 60-85% delle donne over 50 con osteoporosi non riceve un trattamento.
“Una diagnosi appropriata e una corretta terapia – aggiunge Alberto Momoli - risultano essenziali per il trattamento della fragilità ossea e, di conseguenza, per ridurre il rischio di ulteriori fratture. Attraverso specifici esami del sangue e la mineralometria ossea computerizzata, MOC è possibile ottenere una corretta valutazione della fragilità ossea che permette quindi di identificare precocemente i soggetti ad alto rischio di sviluppare esiti negativi, consentendo l’implementazione tempestiva di contromisure preventive/terapeutiche. Raccomandiamo, in generale, visite specialistiche alle donne over 50 e agli uomini dai 65 anni in su per valutare lo stato della propria salute ossea e prevenire la comparsa di fratture”.
Le fratture da fragilità sono attualmente nel mondo la quarta principale causa di morbosità associata alle malattie croniche, mentre erano solo al sesto posto nel 2009 (International Osteoporosis Foundation), e in particolare, per le fratture del femore prossimale è stata dimostrata una rilevante mortalità a 1 mese e 1 anno, rispettivamente pari a 5% e 20%.


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