Medicina e ricerca

Oncologia: sviluppare un piano di prevenzione per la popolazione migrante

di Alberto Vannelli*

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Si è appena concluso a Verona il: “VII Workshop of Immigration, Health and Wellbeing”: il più importante appuntamento internazionale del settore. L’Italia è al quinto posto dell’Unione Europea per popolazione immigrata complessiva (nati all’estero): 6,4 milioni di persone che rappresentano almeno il 10% della forza lavoro totale. Il tema della Giornata mondiale contro il cancro, quest’anno, è stato “Close the Care Gap”: il 50% delle morti per tumore e il 40% dei nuovi casi sono dovuti a fattori di rischio evitabili; gli alti costi però rendono i sistemi sanitari insostenibili rischiando di trascurare le fasce più deboli e i migranti sono forse l’esempio più concreto di questo divario.
La situazione in Italia?
I fattori di rischio sono diversi nelle diverse popolazioni di migranti e alcuni sono legati ad una vita di tipo occidentale; i migranti sono più inclini a sviluppare tumori nel loro “nuovo” paese d’origine entro due generazioni. La mortalità è mediamente più bassa rispetto agli italiani per il tumore della mammella e del colon retto (può derivare dalla dieta e dal comportamento riproduttivo del paese d’origine) mentre non c’è differenza per il cancro al fegato, cervice e linfoma non Hodgkin (dovuto alla più alta prevalenza di epatite B e Papillomavirus). Anche la prevalenza di tumori legati al lavoro sebbene veda i migranti coinvolti nei cosiddetti “lavori 3D” (pericolosi, sporchi e impegnativi/degradanti), è simile a quella del dato italiano (2,8% vs 2,9%). Molti migranti arrivano con comportamenti più sani di quelli del nostro paese, tuttavia, la loro posizione sociale meno favorevole potrebbe portarli a un aumentato rischio di tumori. Interventi in grado di identificare questa tendenza potrebbero produrre un fattore protettivo.
I migranti hanno un tasso di partecipazione agli screening significativamente più basso rispetto agli italiani. Pur ammettendo la difficile accessibilità, non dobbiamo dimenticare una naturale resistenza rappresentata dall’imbarazzo e dalla cultura di origine che considera una violazione l’esplorazione del proprio corpo. Il Piano Oncologico Nazionale: 2023-2027 riconosce al migrante lo status di fragile e identifica tra gli obiettivi strategici, l’aumento della copertura vaccinale e l’adesione consapevole alle campagne di screening. L’Italia offre gratuitamente la prevenzione a tutta la popolazione residente; i migranti dovrebbero essere al centro dell’attenzione, ma i programmi sanitari devono considerare la loro diversità: la schistosomiasi ad esempio è una malattia tropicale delle aree sub-sahariana; più di 11.000 decessi all’anno causati da tumori correlati a questo parassita e in Italia non esistono campagne di screening dedicate.
Recenti strategie come quella proposta dall’italiana Bioscience Institute, propongono un nuovo metodo di analisi e valutazione delle condizioni che predispongono ai tumori. Ogni giorno, il nostro DNA viene danneggiato migliaia di volte da cause naturali e fattori esterni (alcol, droghe, inquinamento, ormoni, fumo, junk food, radiazioni). Il nostro corpo lo ripara ma se smette di funzionare, il danno si accumula progressivamente, dando origine a mutazioni somatiche. Questa è la fase iniziale dello sviluppo del tumore, quando ancora non ci sono sintomi. L’obiettivo potrebbe essere proprio quello di selezionare la popolazione fragile riconoscendo le cause dell’aumento del rischio di sviluppare un tumore e prevenire realmente il cancro con un semplice prelievo di sangue.
D’altra parte come ricordava Thomas Adams: “È un medico migliore quello che tiene lontane le malattie da noi, di quello che le cura quando sono su di noi. Prevenire è molto meglio che curare perché evita la fatica di ammalarsi”.

*Direttore UOC chirurgia generale Ospedale Valduce Como


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