Medicina e ricerca
Iqvia:in corso uno sforzo internazionale per trovare una terapia per il morbo di Alzheimer
24 Esclusivo per Sanità24
All'indomani della Giornata mondiale dell’Alzheimer, che si è celebrata il 21 settembre, IQVIA ha analizzato la ricerca clinica in corso e l’impatto che avranno i nuovi farmaci a livello organizzativo.
Una delle frontiere più importanti della ricerca clinica è il morbo di Alzheimer, la forma più comune di demenza che oggi rappresenta il 50-80% dei casi. Questa patologia non rappresenta affatto un fisiologico processo dell’invecchiamento, anche se il massimo fattore di rischio è rappresentato dall’aumentare dell’età e la maggior parte delle persone affette da questo morbo hanno più di 65 anni.
Negli ultimi decenni, la ricerca clinica si è concentrata sullo sviluppo di agenti mirati ad agire sui meccanismi alla base della patologia (disease modifying therapies: DMTs). Queste nuove terapie mirano a ridurre o inibire la formazione delle placche β-amiloidi nel cervello, attenuare la morte cellulare e rallentare, di conseguenza, la progressione generale della malattia.
E’ attualmente in corso uno sforzo internazionale per trovare i modi migliori per curare questa malattia devastante sia per il paziente che per la famiglia, e ritardare la sua insorgenza e lo sviluppo dei sintomi.
Dalle analisi di IQVIA si rileva che ad oggi sono in fase di sviluppo clinico decine di potenziali terapie per l’Alzheimer, di cui circa il 75% sono DMTs. Queste terapie si suddividono in immunoterapie β-amiloidi, ossia anticorpi monoclonali che distruggono le placche consolidate e promuovono la loro eliminazione nel cervello. Immunoterapie attive, ossia vaccini che stimolano la produzione di anticorpi neutralizzanti contro la proteina β-amiloide, principale costituente delle placche β-amiloidi e, infine, le immunoterapie passive, cioè anticorpi monoclonali che agiscono contro la proteina β-amiloide, impedendo che questa si accumuli ed evitando la conseguente formazione delle placche.
Le immunoterapie β-amiloidi rappresentano la categoria sulla quale si è concentrata maggiormente la ricerca e si stima che entro i prossimi cinque anni alcune di queste possano ricevere l’autorizzazione all’immissione in commercio a livello europeo.
"L’arrivo delle nuove terapie - sottolinea Iqvia - avrà un impatto significativo a livello organizzativo a causa dell’elevato numero di pazienti candidabili al trattamento. I nuovi farmaci saranno, infatti, indicati nelle fasi precoci della demenza di Alzheimer e sarà fondamentale intercettare i pazienti ai primi sintomi. Pertanto, si renderà necessario creare una rete sul territorio per identificare i pazienti ai primi sintomi e inviarli ai centri specialistici".
I centri si dovranno attrezzare per tempo per poter effettuare analisi di laboratorio e strumentali per l’approfondimento diagnostico e per prendere in carico i pazienti per il trattamento. Per questo motivo "sarà fondamentale una riflessione congiunta tra figure sanitarie, istituzioni e rappresentanti delle associazioni pazienti su quale sarà il futuro modello di governance della malattia di Alzheimer".
Le sfide più importanti riguarderanno il ruolo del medico di medicina generale nell’intercettazione del paziente e l’invio al centro di riferimento."E' necessaria la riorganizzazione dei centri dedicati alla cura delle demenze (CDCD) e della rete ospedaliera di primo e secondo livello per potenziare la capacità di intercettare e gestire il numero di pazienti atteso - conclude Iqvia - . Inoltre bisognerà prevedere l’efficientamento dei laboratori di analisi e di imaging per garantire la diagnosi anche nelle prime fasi della malattia. Sarà fondamentale la riorganizzazione della gestione del paziente nel suo territorio in modo da garantire la giusta continuità assistenziale e di cura anche non farmacologica (psicologo, terapista del lavoro, fisioterapista). Per ultimo, sarà essenziale la gestione e il monitoraggio delle nuove terapie per garantire al paziente un risultato positivo del trattamento".
© RIPRODUZIONE RISERVATA