Medicina e ricerca

Istituto nazionale tumori: l'importanza di coinvolgere i pazienti e il pubblico nella ricerca clinica

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In che modo è possibile rendere le persone comuni – siano esse pazienti, caregiver o loro rappresentanti – maggiormente coinvolti nelle ricerche cliniche? È questo un argomento di dibattito molto sentito all’estero, dove è già stato coniato un termine specifico di Public and Patient Involvement (coinvolgimento dei pazienti e del pubblico, PPI). Ora il PPI sta prendendo piede anche in Italia grazie all’iniziativa della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano (INT) che, in collaborazione con il Laboratorio di ricerca per il coinvolgimento dei cittadini in sanità dell’Istituto Mario Negri di Milano, ha organizzato il primo corso introduttivo su questo tema. L’iniziativa ha riscosso un notevole interesse, con la partecipazione di numerosi professionisti sanitari tra ricercatori e personale clinico.
“Sempre più spesso ci viene chiesto dagli enti finanziatori di coinvolgere pazienti e cittadini in tutto il processo di ricerca a partire dalla fase di pianificazione, cioè fin da quando vengono stabiliti oggetto e priorità di un dato studio, passando per la sua conduzione vera e propria, per finire con l’interpretazione e la divulgazione dei risultati – spiega Cinzia Brunelli, della SC Cure Palliative Hospice Terapia del Dolore e Riabilitazione dell’INT, tra i docenti del corso -. Questo perché i cittadini comuni sono collaboratori molto validi, per esempio, quando ci sono difficoltà di arruolamento dei partecipanti. E quando parlo di cittadini mi riferisco non solo ai pazienti, ma anche ai caregiver, ai rappresentanti delle associazioni di pazienti e ai decisori politici, cioè a tutte le figure che hanno un ruolo nelle decisioni di salute pubblica, perché è importante che i dati siano utilizzabili da tutti gli stakeholder del settore”.
Il PPI, in altre parole, risponde a una necessità intrinseca sempre più sentita nel mondo della ricerca medica, oltre a essere un’occasione importante per promuovere i principi di democraticità della scienza, responsabilità e trasparenza. L’obiettivo è di condurre una ricerca condotta “con” o “da” persone con malattia, loro caregiver e rappresentanti, e non “verso”, “riguardo” o “per” loro.
Un caso particolarmente significativo del possibile contributo dei pazienti riguarda la stesura di un consenso informato che sia realmente tale e non un pro-forma, spesso non adeguatamente compreso da chi lo firma.
Come fare formazione sul PPI
Il coinvolgimento pubblico nella ricerca è dunque un bisogno sentito dalla comunità medico-scientifica. Ma come soddisfarlo nella prassi quotidiana? Quali soggetti coinvolgere? In quali termini e in che misura? Come valorizzare la loro esperienza? Per fornire alcune risposte, è nata l’iniziativa di un corso di formazione presso l’INT.
“Il corso era rivolto non solo a ricercatori e medici, ma anche ad altre figure professionali coinvolte nelle ricerche, come per esempio i data manager, nonché a tutti coloro che svolgono attività clinica, come gli infermieri o gli psicologi. Questa prima esperienza ha avuto un’ottima risposta, con un notevole numero di partecipanti – una ventina – tutti molto interessati e interattivi - continua Brunelli -. Ma l’aspetto forse più interessante è stato anche ascoltare le esperienze dei partecipanti: un gruppo dell’Oncologia sperimentale dell’INT, per esempio, ha coinvolto alcuni pazienti per elaborare delle strategie di arruolamento, in particolare per contattare soggetti di una determinata età per formare un gruppo di controllo”.
L’obiettivo dei corsi di formazione di PPI è raggiungere un cambiamento culturale, anche se si tratta di un obiettivo sfidante: ogni specialista dovrebbe considerare il paziente come una figura che ha un ruolo attivo, nell’ampio insieme di stakeholder della ricerca clinica. Alcune pubblicazioni mostrano come gli studi che usano un approccio di coinvolgimento attivo dei pazienti abbiano maggiore facilità di reclutamento e presentano minori criticità nella conduzione.
“Una nostra paziente, per esempio, ci ha fatto presente che spesso non si informano adeguatamente i partecipanti su quanto possa essere gravoso l’iter di uno studio clinico, anche dal punto di vista organizzativo: è da questo tipo di feedback che i ricercatori potrebbero trarre indicazioni positive, arrivando a un compromesso sulle visite di follow-up programmate, andando incontro anche alle esigenze dei soggetti reclutati - conclude Brunelli - . La qualità della comunicazione tra pazienti e ricercatori, in altre parole, non può essere trascurata: è per questo che abbiamo coinvolto i pazienti per sviluppare un sito che riporta informazioni utili per le persone che devono decidere se partecipare a uno studio clinico dedicato alla medicina di precisione”.
Una seconda versione del corso di formazione sulla PPI verrà a breve organizzata con i ricercatori del Cancer Core Europe, la rete di sette centri oncologici di eccellenza che è partner del progetto CCE-DART, finanziato dall’Unione europea, da cui il corso ha preso le mosse.


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