Medicina e ricerca
PKU: oggi con la malattia genetica rara è possibile diventare genitori
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Diventare genitori anche con una malattia rara genetica? Oggi è certamente possibile, perlomeno per chi è affetto da fenilchetonuria, o PKU, una malattia rara genetica che interessa circa 500.000 persone in tutto il mondo. È però necessario seguire correttamente la terapia e pianificare la gravidanza sotto stretto controllo medico. “Quali sono i rischi? Sono necessari test particolari? Il mio bambino nascerà sano?” sono solo alcune delle domande a cui sono state fornite risposte chiare ed esaustive nel corso del webinar “PKU e scelte riproduttive consapevoli”, organizzato da Osservatorio Malattie Rare a pochi giorni dalla Giornata Mondiale dedicata alla patologia e con la partecipazione di alcuni dei maggiori esperti italiani sul tema. L’incontro è stato patrocinato da SIMMESN - Società Italiana per lo studio delle Malattie Metaboliche e Screening Neonatale e realizzato con il contributo non condizionante di APR - Applied Pharma Research.
Caratterizzata dall’impossibilità di metabolizzare la fenilalanina (sostanza presente nella maggior parte dei cibi ad elevato contenuto proteico), la PKU oggi viene diagnosticata precocemente grazie allo screening neonatale e trattata principalmente con un rigoroso regime dietetico e una corretta supplementazione con alimenti a fini medici speciali a base di aminoacidi privi di fenilalanina. Esistono diverse forme di questa malattia del metabolismo proteico, a partire da forme lievi, non meritevoli di trattamento (iperfenilalaninemia lieve), fino a forme severe, che necessitano di interventi dietetici altamente restrittivi.
“Con un corretto trattamento è possibile vivere una vita perfettamente normale, che vuol dire andare a scuola, crescere, lavorare, invecchiare e perché no, avere dei figli – spiega Valentina Rovelli, Referente Equipe Medica dedicata alla cura e assistenza dei pazienti affetti da Malattie Metaboliche, Struttura Complessa di Pediatria, ASST Santi Paolo e Carlo di Milano – ricordando però che la mancata aderenza terapeutica (ovvero il non seguire correttamente la terapia) determina la comparsa di gravi segni e sintomi, soprattutto di ambito neurologico. E che non seguire la terapia può causare impossibilità di concepire, poliabortività e rischi gravissimi per il feto”.
La malattia è genetica e in quanto tale può essere trasmessa da genitori portatori ai figli, che a loro volta verranno sottoposti a screening neonatale per l’avvio delle cure del caso. “Esiste però un rischio più elevato per la paziente PKU che voglia intraprendere una gravidanza – afferma Albina Tummolo, Referente per le Malattie Metaboliche Ereditarie, U.O.C. Malattie Metaboliche e Genetica Medica, Ospedale Pediatrico Giovanni XXIII di Bari – che è rappresentato dalla sindrome da felichetonuria materna: evento grave e invalidante che determina la nascita di un bambino affetto da possibili gravi patologie che possono certamente essere evitate con un’aderenza dietetica ottimale e una corretta supplementazione proteica”.
“La gestione della gravidanza è complessa – prosegue Tummolo – ma la vera sfida è rappresentata dall’informazione e l’educazione pre-concepimento. Per questo motivo iniziamo ad affrontare il tema delle scelte riproduttive consapevoli con le pazienti e i pazienti già in adolescenza. Ed è sempre più importante che i centri dedicati alle malattie metaboliche ereditarie attivino un network che coinvolga anche gli specialisti della riproduzione: ginecologi e ostetrici devono far parte dell’equipe multidisciplinare che si fa carico delle gestanti con PKU. Anche dopo la nascita, mamma e bambino dovranno essere seguiti da un centro di riferimento per avviare correttamente, se necessario, la dieta neonatale specifica. La dietoterapia per la PKU è una terapia salvavita a tutti gli effetti e deve essere costantemente monitorata dai dietisti metabolici esperti”.
Dunque la gravidanza con la fenilchetonuria è decisamente possibile, come ha testimoniato Elisa, da poco mamma di Jacopo che è riuscita a rimanere incinta e a portare a termine la sua gravidanza solo dopo aver rimodulato correttamente la sua dietoterapia. “Mi sentivo bene, pensavo che essere rigorosa nella dieta non fosse così importante, ma non riuscivo a rimanere incinta. Ci sono voluti diversi mesi di controlli e messa a punto della dietoterapia. Non è stato facile ma la soddisfazione di tenere in braccio il mio bambino, perfettamente sano, è impagabile”.
“È bene ricordare che lo screening neonatale per la fenilchetonuria è obbligatorio in Italia su tutto il territorio nazionale dal 1992 – conclude Rovelli – quindi una 35enne che oggi desidera diventare mamma potrebbe non essersi mai accorta di avere una forma lieve di PKU e potrebbe potenzialmente essere a rischio PKU materna. Lo screening neonatale peraltro non viene effettuato in moltissimi paesi extraeuropei, quindi un’attenzione maggiore è dovuta alle gestanti non italiane. Sarebbe dunque auspicabile, in un prossimo futuro, pensare a dei programmi di screening dedicati proprio alle gestanti potenzialmente a rischio”.
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