Medicina e ricerca
Leucemia mieloide acuta: la sopravvivenza raggiunge quasi 15 mesi nei pazienti più fragili
di Giovanni Martinelli *
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Anemia, stanchezza, pallore, sanguinamenti ed ematomi, legati alla carenza di piastrine, e infezioni sono i principali sintomi della leucemia mieloide acuta, un tumore del sangue aggressivo che colpisce ogni anno in Italia circa 3.300 persone. Per i pazienti di nuova diagnosi non idonei alla chemioterapia intensiva standard, potenzialmente il 40% del totale, l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la rimborsabilità di venetoclax in combinazione con un agente ipometilante (azacitidina). La molecola ha ricevuto da Aifa la designazione di innovatività piena, che consente l’inserimento nel Fondo dei farmaci innovativi. Questo riconoscimento è riservato solo a quelle molecole che dimostrano, sulla base di solide evidenze scientifiche, di soddisfare, tra le altre dimensioni, importanti bisogni terapeutici, e di apportare un valore terapeutico aggiunto, primo fra tutti, nel caso dei farmaci oncologici, l’aumento della sopravvivenza. Venetoclax in combinazione con azacitidina ha infatti dimostrato una sopravvivenza globale più lunga, tassi di remissione più elevati e risposte rapide e durature. I passi avanti nella gestione della patologia sono illustrati in una conferenza stampa a Roma.
Come ha spiegato Maria Teresa Voso (Professore ordinario di Ematologia all’Università Tor Vergata e Responsabile del laboratorio di Diagnostica avanzata oncoematologica del Policlinico Tor Vergata di Roma), la leucemia mieloide acuta è una patologia ematologica aggressiva, estremamente eterogenea, caratterizzata dalla proliferazione incontrollata di cellule immature del midollo osseo, i blasti, con uno sviluppo molto rapido. La maggioranza dei casi si presenta in età avanzata e l’età media alla diagnosi è di 69 anni. I pazienti anziani o fragili, perché colpiti da altre patologie, non sono in grado di tollerare la chemioterapia intensiva standard, seguita dal trapianto allogenico di cellule staminali, se indicato. In questi casi, la terapia si basa su agenti ipometilanti che, però, hanno dimostrato di indurre basse percentuali di risposte, in non più del 20% dei casi, e una sopravvivenza intorno a 10-12 mesi.
La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi oggi è di circa il 28%. Le percentuali sono inferiori per coloro che non sono idonei alla chemioterapia intensiva, di cui solo il 5% è vivo a 5 anni. Nello studio registrativo VIALE-A, condotto su oltre 400 pazienti con nuova diagnosi non idonei a chemioterapia intensiva, il trattamento in combinazione venetoclax più azacitidina si è dimostrato più efficace rispetto alla sola azacitidina.
La sopravvivenza globale mediana è stata di 14,7 mesi rispetto a 9,6 mesi. Il follow up a lungo termine dello studio, a 43,2 mesi, ha confermato questo vantaggio in sopravvivenza, con una riduzione del rischio di morte del 42%. Non solo. La remissione completa ottenuta con venetoclax più azacitidina è risultata due volte superiore (66%) rispetto alla sola azacitidina (28,3%). Da sottolineare anche che le risposte sono state rapide e durature. Infatti, circa la metà dei pazienti trattati con venetoclax più azacitidina ha ottenuto la remissione completa già prima dell’inizio del secondo ciclo, con una durata mediana della risposta di 17,5 mesi. Questi risultati hanno un rilevante significato clinico, perché per la prima volta è possibile ottenere remissioni complete senza ricorrere alla chemioterapia. Inoltre, i dati sono stati confermati nella ‘real life’, cioè nella pratica clinica quotidiana, come evidenziato in uno studio tutto italiano, AVALON, su 190 pazienti. Con un follow up di 20,9 mesi, la mediana di sopravvivenza è stata pari a 12,7 mesi nei pazienti di nuova diagnosi, simile a quella emersa da VIALE-A. AVALON è la dimostrazione del ruolo dell’ematologia italiana nel migliorare l’aspettativa di vita dei pazienti colpiti da uno dei tumori del sangue più gravi.
Come ha sottolineato Felicetto Ferrara (Direttore Ematologia all’Ospedale Cardarelli di Napoli), più del 50% dei pazienti colpiti da leucemia mieloide acuta ha un’età superiore a 65 anni e circa un terzo è over 75. La malattia nell’anziano ha caratteristiche prognostiche sfavorevoli rispetto al giovane-adulto perché più resistente alla chemioterapia. Da qui le difficoltà di ottenere in questa popolazione la remissione completa e una sopravvivenza a lungo termine. Grazie agli strumenti di ‘early access’, cioè di accesso precoce ai trattamenti, questa terapia innovativa è stata resa disponibile in Italia addirittura un anno prima dell’approvazione europea e tre prima della rimborsabilità nel nostro Paese.
Come ha affermato Giuseppe Toro (Presidente Nazionale AIL, Associazione italiana contro Leucemie, Linfomi e Mieloma), la leucemia mieloide acuta è uno dei tumori del sangue più difficili da trattare e la presa in carico tempestiva del paziente ematologico è fondamentale. La Ricerca scientifica rende disponibili in modo tangibile terapie innovative, in grado di migliorare sia la sopravvivenza che la qualità di vita. Il momento della comunicazione della diagnosi è caratterizzato da emozioni quali paura, sconforto, rabbia, preoccupazione. Per questo è necessaria un’assistenza sempre più integrata e multidisciplinare.
Come ha spiegato Tilde Minasi (Presidente dell’Intergruppo Parlamentare ‘Oncologia: prevenzione, ricerca e innovazione’ e membro della Commissione Affari Sociali del Senato), per le persone colpite da leucemia mieloide acuta è fondamentale il potenziamento dell’assistenza domiciliare, previsto anche dal Piano Oncologico Nazionale 2023-2027. Avvicinare le cure alle persone ne facilita anche l’accessibilità, impatta sull’aspettativa di vita e favorisce risparmi per il sistema e per i pazienti.
* Direttore Scientifico dell’Istituto Romagnolo per lo Studio dei Tumori ‘Dino Amadori’ - IRST IRCCS, Meldola e Presidente di SOHO Italy
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