Medicina e ricerca
Covid-19 e cambiamento climatico:ripensare la relazione tradizionale tra scienza, società e politica
di Alessandra Ferretti
24 Esclusivo per Sanità24
“Se vogliamo evitare le future pandemie ma anche le conseguenze del cambiamento climatico dobbiamo avere piani strategici globali”. A commentare l’attuale momento storico tra Covid-19 e climate change è Paolo Vineis, professore ordinario di Epidemiologia Ambientale all'Imperial College di Londra e membro del Consiglio Superiore di Sanità.
Vineis cita due temi complessi e affini tra loro, sia per le ricadute che hanno in termini di salute, sia per la visione globale e diffusa che esigono, cui tuttavia non sempre corrisponde una mobilitazione proattiva dei soggetti coinvolti, in questo caso uomini e donne abitanti il pianeta terra. “Non è semplice far comprendere la gravità delle conseguenze del cambiamento climatico, così come della perdita di biodiversità. Siamo tutti abituati a vedere i pericoli vicini nel tempo e nello spazio, anche se la pandemia ci ha invece obbligati a una visione globale. Le ricadute per la salute già le vediamo, soprattutto (ma non solo) nei paesi più poveri: le morti dovute alle ondate di calore, e altri eventi acuti come gli incendi e le alluvioni (pensiamo a quella in Pakistan l’anno scorso, che interessò un terzo del paese); la siccità con la conseguente perdita di produttività dell’agricoltura; un deterioramento qualitativo oltre che quantitativo nella produzione di cibo; l’estensione geografica di malattie infettive come malaria, dengue, Chikungunya, ecc. Senza una visione e investimenti di lungo periodo (come da anni suggerisce il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, IPCC) i problemi non potranno che aggravarsi”.
E prosegue: “Quando rifletto sulle strategie penso per esempio al settore bancario e degli investimenti: è necessario riorientare grandi quantità di denaro verso investimenti in pratiche produttive “rigenerative”, in grado cioè di riparare ai danni finora inflitti al pianeta. Una cosa è certa: se intendiamo impedire sia eventuali pandemie, sia le conseguenze del cambiamento climatico dobbiamo avere pronti piani strategici globali”. E il professore cita a questo proposito il documento sulla preparazione alle pandemie della Commissione Covid-19 dell’Accademia dei Lincei che, rivolgendosi ai responsabili politici, alle istituzioni sanitarie, ai centri di ricerca, agli scienziati, ai mezzi di comunicazione e al pubblico in generale, suggerisce azioni per rafforzare la preparazione alle pandemie a livello internazionale e nazionale (https://www.lincei.it/it/article/covid-19-preparazione-alle-pandemie ).
Il documento centra due punti determinanti, quello della comunicazione di argomenti complessi e quello del coinvolgimento del pubblico generale. “Credo sia essenziale un’alleanza tra mondo della scienza e mezzi di comunicazione”, puntualizza Vineis. “Non dobbiamo ripetere gli errori della cattiva comunicazione cui abbiamo assistito durante la pandemia. Purtroppo i mezzi di comunicazione, per motivi commerciali e non solo, sono orientati alla spettacolarizzazione e alla polarizzazione delle opinioni. Gli “esperti” che emergono sui media nei periodi di crisi non sono necessariamente i migliori tra i ricercatori, ma persone che si prestano alla polarizzazione attraverso posizioni polemiche (se mi è concesso, questo si vede anche con le iniziative giudiziarie sul Covid-19)”.
Il problema che abbiamo di fronte con il cambiamento climatico richiede serietà da parte di tutti. Questo si traduce, secondo Vineis, in azioni precise: “Identificare le aree critiche e le soluzioni, più che pensare ad additare i colpevoli; da parte dei mezzi di comunicazione riassumere in modo bilanciato le informazioni scientifiche anziché dare spazio a opinioni controverse; da parte dei ricercatori scientifici esprimersi quando i dati su cui basano la loro comunicazione sono sufficientemente consolidati; da parte del pubblico in generale, comprendere che la scienza avanza per aggiornamenti progressivi, e che è normale cambiare punto di vista nel corso del tempo. I rapporti dell’IPCC sono pubblicati periodicamente proprio per consentire un aggiornamento della situazione (che purtroppo appare di anno in anno peggiore)”.
La difficoltà che tutti abbiamo – anche in senso morale – a guardare lontano nello spazio e soprattutto nel tempo è illustrata nel libro che Paolo Vineis ha scritto insieme a Luca Savarino, “La salute del mondo” (Milano, 2021), in cui gli autori sollevano ad esempio la questione della responsabilità verso le future generazioni. “Il vivere eternamente nel presente, atteggiamento cui ci spingono le stesse modalità di comunicazione dei media, ci impedisce di riflettere sullo stato del mondo che lasciamo ai nostri eredi”, precisa Vineis.
Durante l’esperienza del Covid-19 abbiamo compreso, nel bene e nel male, quanto fossero complessi i contenuti da comunicare e quanto fosse difficile e delicata la comunicazione di tali contenuti. Se è vero che da quell’esperienza dobbiamo imparare qualcosa, è venuto il momento di applicarne gli insegnamenti. Ma come possiamo farlo? Risponde Vineis: “Non vedo altra via che aumentare i contatti tra ricercatori scientifici, esperti di comunicazione e società, rendendo queste interazioni molto più professionali di quanto non sono ora”.
Specifica meglio il professore: “Gli scienziati ritengono di saper comunicare in quanto sono protagonisti della ricerca, ma questo non è necessariamente vero. Devono esercitare la modestia e accettare commenti critici e retroazioni da parte dei cittadini e dei giornalisti, naturalmente retroazioni costruttive che mirino per esempio ad aumentare la chiarezza e l’esplicitazione di tutti gli assunti e le incertezze nella comunicazione scientifica. Si tratta di un percorso lungo che va avviato subito e con energia”.
Poi porta qualche esempio: “Pochi riflettono sul fatto che la politica non può essere soltanto la mediazione tra diverse componenti della società, o diverse esigenze, ma vi sono valori lasciati perlopiù impliciti. Questo è emerso clamorosamente nel caso della pandemia, quando per esempio persone che esercitavano lavori indispensabili per la società erano più esposte al virus di altri che potevano esercitare il tele-lavoro. La stessa considerazione dei vantaggi e degli svantaggi (soprattutto sul lungo periodo) delle chiusure scolastiche è stata oggetto di opinioni polarizzate ed emotive nel corso dell’emergenza, mentre richiederebbe da un lato un approccio scientifico (sperimentale, nei limiti del possibile), dall’altro una discussione aperta sui nessi tra prove scientifiche e valori in gioco, che è l’essenza della politica democratica”.
La pandemia e la crisi ambientale ci impongono dunque di ripensare la relazione tradizionale tra scienza, società e politica. “Un punto che ribadisco – prosegue Vineis - è che i rapporti tra le varie componenti (media, scienziati, cittadini, decisori, e così via) dovrebbero essere molto più professionali, basati su prove e su un’esplicitazione dei valori in gioco. In questo senso aiuterebbe lo sviluppo di vere e priorie linee-guida, almeno per quanto riguarda le relazioni tra mondo della scienza e media”.
A tal proposito, un concetto che dovrebbe venire condiviso trasversalmente da mondo della scienza e mondo politico oltre che da quello della comunicazione è rappresentato dalla preparedness ovvero dell’essere preparati. La protezione vero una pandemia così come la mitigazione del cambiamento climatico sono questioni sovranazionali/globali che, come tali, devono essere affrontate sulla base di una cooperazione reciproca più forte e di un coinvolgimento delle prove scientifiche nella politica.
Per il Consiglio Superiore di Sanità (CSS), Vineis stesso ha coordinato la redazione di un documento di commento al Piano Nazionale della Prevenzione 202-2025 (https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=3283 ). Il documento mette in luce esattamente questi problemi, e cioè che la preparazione agli effetti del cambiamento climatico richiede una forte cooperazione internazionale (anziché la chiusura dei confini, in senso metaforico e letterale), ma anche un impegno specifico da parte dei governi e delle pubbliche amministrazioni in ogni paese.
“Nel documento portiamo diversi esempi”, spiega il professore. “Il Servizio Sanitario Nazionale è responsabile di circa il 5% delle emissioni di gas serra, e come esso tutta la Pubblica Amministrazione può fare la sua parte nel tendere al “Net Zero” entro il 2050; la migrazione climatica aumenterà, e l’Italia è particolarmente soggetta ai suoi effetti, per cui non può farsi trovare impreparata (penso per esempio ai problemi di salute dei migranti e alle ricadute sul SSN); l’approvvigionamento di beni da parte del settore pubblico può avere effetti positivi a cascata su una modifica dei consumi in senso ecologico (per esempio una riduzione dei consumi di carne); la pianificazione urbana può contribuire alla mitigazione del cambiamento climatico e anche all’adattamento attraverso, per esempio, l’incremento delle aree verdi e piani energetici orientati alle tecnologie rinnovabili, e così via. Il fulcro intorno a cui è orientato il documento del CSS è costituito da cosiddetti co-benefici: ciascuna di queste politiche apporta benefici per il clima ma anche per la salute della popolazione, una soluzione “win-win””.
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