Medicina e ricerca

Ricerca clinica: dall'innovazione benefici per il sistema e solo nell'oncoematologia risparmi potenziali di 400mln l'anno. Ma l'Italia è ferma all'1,43% del Pil e solo lo 0,5% è investimento pubblico

di Francesco Cognetti

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24 Esclusivo per Sanità24

Un euro investito in uno studio clinico ne genera quasi 3 (2,95) in termini di benefici per il Servizio sanitario nazionale. L’effetto leva, determinato dai costi evitati per l’erogazione a titolo gratuito di terapie sperimentali e prestazioni diagnostiche alle persone arruolate nei trial, raggiunge addirittura 3,35 euro nelle sperimentazioni contro il cancro. Basti pensare che il costo medio di una ricerca in oncologia è di 512mila euro, ma quelli evitati sono più del doppio, pari a 1 milione e 200mila euro. È stato stimato, soltanto nell’area dell’oncoematologia, un risparmio potenziale di circa 400 milioni di euro ogni anno. Cifre che raggiungono dimensioni macroeconomiche, di alcuni miliardi di euro, se si considerano tutte le sperimentazioni svolte in Italia. Il nostro Paese però è ancora lontano dall’obiettivo di investire in ricerca il 3% del Pil, come raccomandato dall’Unione Europea, fermandosi all’1,43%, con solo lo 0,5% di investimento pubblico. Al "Valore della ricerca clinica in oncologia, ematologia e cardiologia" è stato dedicato il convegno nazionale organizzato a Roma da FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi).
Come ha spiegato il ministro della Salute, Orazio Schillaci, la ricerca scientifica è la chiave di volta per garantire a ogni persona le migliori opportunità di cura e assistenza sanitaria. Dobbiamo mettere in campo ogni iniziativa per dare impulso all’innovazione e alla ricerca sanitaria. I fondi per la ricerca e per la sanità in generale sono stati sempre inferiori rispetto alla media europea. È arrivato il momento di invertire la rotta.
In cinque anni il numero di nuovi studi clinici autorizzati nel nostro Paese è aumentato in maniera esponenziale: da 564 nel 2017 a 818 nel 2021, in un quinquennio sono stati 3.403. Ogni anno in Italia sono circa 40mila i cittadini coinvolti nelle sperimentazioni. Due terzi dei trial interessano le neoplasie, le malattie ematologiche e cardiovascolari, che tra l’altro producono i due terzi della mortalità annuale. I vantaggi che derivano dalla ricerca sono a 360 gradi. I pazienti possono beneficiare di terapie innovative con grande anticipo rispetto alla loro disponibilità, ottenendo miglioramenti della sopravvivenza e qualità di vita. Le aziende sanitarie che ospitano centri sperimentali godono di un innalzamento dell’assistenza sanitaria e della crescita professionale del personale coinvolto. Inoltre, allo sviluppo di nuovi farmaci fa seguito una forte utilità sociale, per l’allungamento della vita media dei cittadini. La ricerca clinica è, pertanto, un motore di sviluppo economico e sociale per il Paese.
Gli investimenti complessivi pubblici e privati in questo settore, in Italia, equivalgono a oltre 750 milioni all’anno, di cui il 92% proveniente da aziende farmaceutiche per studi profit. Inoltre, circa l’80% delle ricerche svolte nella Penisola è di origine internazionale e rappresenta un’esportazione di servizi, contribuendo positivamente alla bilancia commerciale del nostro Paese. In particolare, l’oncologia assorbe ben il 40% dei trial (330 nel 2021). Nel 2022, in Italia, sono stati stimati 390.700 nuovi casi di cancro. Il 65% delle donne e il 59% degli uomini sono vivi a 5 anni dalla diagnosi, un risultato molto importante raggiunto anche grazie all’innovazione.
Come ha affermato Carlo Croce (professore di Medicina interna alla Ohio State University, Usa), il progresso della ricerca contro i tumori negli ultimi 50 anni è stato incredibile. Oggi, per sviluppare un farmaco anticancro innovativo, serve circa un miliardo di dollari. Se le aziende farmaceutiche non riuscissero a recuperare questi costi, non investirebbero più nella ricerca. La sfida è individuare il difficile compromesso tra l’impulso all’innovazione, che sostiene lo sviluppo di nuove molecole, e le esigenze di sostenibilità dei sistemi sanitari. Un patto fra industria, clinici, Istituzioni e Università è la via da seguire per dare nuovo impulso alla ricerca.
Come ha sottolineato Giorgio Palù (Presidente Aifa, Agenzia Italiana del Farmaco), i centri sperimentali del nostro Paese sono ritenuti un’eccellenza, per la loro indiscussa qualità scientifica e accademica. Ne va però migliorata l’organizzazione, uniformando processi e procedure. È necessario anche adeguarne la dotazione tecnica e strumentale, in particolare digitale, e aumentarne gli organici. Una delle maggiori criticità riguarda i tempi di avvio dei trial, caratterizzati da un iter regolatorio lungo e difficoltoso. Questi elementi possono minare l’attrattività dell’Italia. Ci auguriamo che i nuovi standard stabiliti dal Regolamento europeo 536 del 2014, che ha armonizzato il processo di valutazione e autorizzazione di uno studio clinico condotto in più Stati membri, consentano di superare queste difficoltà, accelerando le decisioni e riducendo i vincoli burocratici.
L’Italia si è finalmente adeguata alla normativa comunitaria, grazie ai quattro decreti firmati dal Ministro della Salute il 30 gennaio 2023. Oggi il nostro Paese è in quarta posizione in Europa per studi clinici aderenti al nuovo Regolamento europeo, dopo Francia, Spagna e Germania. Va recuperato il tempo perduto.
Come ha spiegato Franco Locatelli (Presidente del Consiglio Superiore di Sanità), oggi riusciamo a guarire definitivamente circa l’80% dei bambini che si ammalano di tumore in età pediatrica, con percentuali di guarigione per alcune neoplasie che arrivano addirittura a oltre il 90%. Gli investimenti in ricerca e le collaborazioni scientifiche internazionali hanno permesso di ottenere questi importanti traguardi. Da un lato le terapie a bersaglio molecolare, dall’altro l’immunoncologia hanno cambiato lo scenario. La prossima sfida è utilizzare la terapia cellulare con Car-T, basata sui linfociti del paziente modificati geneticamente, che ha già dimostrato di essere efficace nei tumori ematologici, anche nelle neoplasie solide.
Come ha affermato Paolo Corradini (presidente SIE, Società Italiana di Ematologia), i vantaggi degli studi clinici non sono solo per i pazienti, infatti il Ssn ottiene un beneficio grazie ai costi evitati per le terapie, sostenuti dalle aziende sponsor dei trial. Questo risparmio non è palese, perché non è tracciato nella contabilità degli ospedali, ma è molto rilevante. Non solo. L’investimento dell’azienda sponsor, oltre al farmaco sperimentale e di controllo, include spesso altre prestazioni necessarie alla raccolta dei dati o alla selezione dei pazienti, come esami diagnostici, analisi di laboratorio centralizzate e test genetici.
Come ha evidenziato Guido Rasi (professore ordinario di Microbiologia all’Università di Tor Vergata di Roma), vanno garantiti tempi e costi di avvio degli studi clinici compatibili con la competizione internazionale, capitalizzando l’esperienza maturata durante la pandemia Covid-19, e favorendo la collaborazione tra pubblico e privato.
Come ha concluso Pasquale Perrone Filardi (Presidente Sic, Società italiana di Cardiologia), il sostegno pubblico in questo settore è, da sempre, sottodimensionato in Italia. Negli ultimi anni è aumentata la consapevolezza del valore della ricerca clinica da parte delle Istituzioni e dei cittadini. Ma servono più risorse pubbliche. In questo modo, l’Italia potrà aumentare la sua competitività e attrattività come sede ottimale per lo svolgimento dei trial.

* Presidente FOCE (Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi)


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