Medicina e ricerca

Tumore al seno metastatico, i farmaci che rivoluzionano cure e prognosi

di Patrizia Vici *, Gennaro Ciliberto **

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Nel 2022 in Italia sono state stimate 55.700 nuove diagnosi di carcinoma della mammella, con 12.500 decessi. La sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi è ormai quasi il 90%, e sono circa 14.000 in un anno i casi di tumore mammario metastatico. La scelta del trattamento si basa principalmente su alcuni parametri biologici del tumore, quali a) lo stato dei recettori ormonali per gli estrogeni ed il progesterone, b) lo stato di un altro recettore chiamato HER2, classificato quest’ultimo fino ad oggi come negativo, oppure positivo: (3+, o 2+ amplificato); c) la mancanza di tutti e tre i recettori precedenti che caratterizza i tumori cosiddetti tripli negativi.
Nell’ ultimo periodo, numerose le novità nel carcinoma mammario metastatico, concernenti principalmente l’introduzione di farmaci innovativi, che stanno letteralmente rivoluzionando il trattamento e la prognosi delle pazienti. Di particolare interesse gli anticorpi coniugati, molecole particolarmente complesse ed attive, in cui la combinazione tra un anticorpo monoclonale legato ad un chemioterapico, permette di veicolare quest’ultimo direttamente alle cellule tumorali tramite il legame con una proteina di superficie, limitando quindi gli effetti sulle cellule sane e massimizzandone l’efficacia.
In particolare tumori HER2 positivi negli ultimi mesi è stato recentemente approvato in Italia un nuovo anticorpo coniugato contro HER2, il trastuzumab deruxtecan, che ha mostrato un’efficacia senza precedenti, con una riduzione del rischio di progressione del 72%, un prolungamento significativo della sopravvivenza e una riduzione del rischio di morte del 36%. Un vantaggio di tale entità non era mai stato precedentemente osservato nel carcinoma mammario HER2 positivo avanzato. Il farmaco, inaspettatamente, è risultato attivo anche in tumori esprimenti bassi livelli di HER2, definiti fino ad oggi HER2 negativi (1+ o 2+ senza amplificazione genica), ed attualmente definiti tumori HER2-low, che rappresentano circa il 60% dei tumori mammari. Si delinea pertanto per questa sottocategoria del tumore mammario una cura efficace.
Altra novità dell’ultimo periodo è una ulteriore terapia “mirata”, il tucatinib, inibitore tirosinochinasico che viene somministrato in combinazione a trastuzumab ed un chemioterapico, la capecitabina. La combinazione con tucatinib ha ridotto il rischio di morte del 34%, con efficacia anche in fasi più avanzate di malattia ed in caso di metastasi cerebrali.
Per quanto concerne i tumori tripli negativi, la definizione di tale entità è data come detto sopra, in maniera abbastanza “grossolana,” dalla assenza dei recettori ormonali e dell’HER2. E’invece un’entità molto complessa, nella quale convergono molteplici sottotipi con prognosi e comportamenti clinici differenti. Viene considerato tra i tumori mammari più difficili da trattare, e per molti anni l’unica possibilità di scelta era rappresentata dalla chemioterapia. Recentemente si è ampliato lo spettro dei farmaci disponibili, soprattutto con l’avvento del sacituzumab govitecan, un ulteriore anticorpo coniugato che ha mostrato particolare efficacia anche in pazienti pesantemente pretrattate. Da pochi mesi disponibile anche in Italia, questo farmaco sta modificando la storia naturale e l’evoluzione di tale sottogruppo di carcinoma mammario. Un’altra classe di farmaci di recente approvazione sono gli inibitori di PARP, approvati nelle donne con mutazione di BRCA, frequentemente affette da tumore della mammella triplo negativo. Infine, novità anche per l’immunoterapia, che con due farmaci, atezolizumab e pembrolizumab, in associazione a chemioterapia, sta fornendo risultati interessanti.
Il terzo sottogruppo di carcinoma mammario è costituito dai tumori a recettori ormonali positivi. Gli inibitori delle cicline (palbociclib, ribociclib, abemaciclib), rappresentano ormai lo standard terapeutico in prima e seconda linea metastatica. Un’ulteriore novità degli ultimi mesi è costituita anche qui dal sacituzumab govitecan, “nato” per il sottogruppo triplo negativo, ma che ha recentemente mostrato efficacia anche in tumori con recettori ormonali positivi, ampliando quindi lo scenario delle possibili scelte terapeutiche. Appare pertanto necessaria una rivisitazione della classificazione nei tre sottogruppi “storici” del tumore della mammella; tale distinzione può essere in realtà molto più “fluida”, come dimostrato dall’efficacia del trastuzumab deruxtecan nei tumori HER2-low e del sacituzumab govitecan nei tumori con recettori ormonali positivi.

* Responsabile Uosd Sperimentazioni di fase IV- Irccs Istituto Nazionale Tumori Regina Elena-Roma
** Direttore scientifico Irccs Istituto Nazionale Tumori Regina Elena -Roma


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