Medicina e ricerca

Ricerca sui farmaci: l'Italia torna in pista, la posta è 800 milioni

di Marzio Bartoloni e Barbara Gobbi (da Il Sole-24Ore)

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Dal 31 gennaio scorso tutte le domande iniziali di sperimentazione clinica in Europa devono essere presentate al portale unico (il Clinical Trials Information System) che promette di tagliare burocrazia e tempi lunghi visto che prima gli sponsor dovevano presentare un dossier separato per ogni singolo Paese e Comitato etico mentre ora ne basterà uno solo per ben trenta Paesi. In ballo c'è una partita che vale fino a 800 milioni l'anno: tanto sposta in termini di investimenti la ricerca sui nuovi farmaci per l'Italia. Che ha rischiato di vederlo partire, il treno europeo, restando a terra perché ci sono voluti ben otto anni per recepire il Regolamento europeo 536/2014 che uniforma criteri e gestione della ricerca nel Vecchio Continente per provare a fare concorrenza agli Usa.
La ripartenza è arrivata una manciata di giorni fa sul filo di lana della scadenza Ue del 31 gennaio quando il ministro della Salute Orazio Schillaci ha emanato uno dopo l'altro quattro decreti che mettono le ali alle sperimentazioni nostrane, sancendo la decurtazione da ben 90 a 40 dei Comitati etici territoriali chiamati a selezionare i trial di farmaci e dispositivi, regolamentando la fase transitoria per le attività di valutazione e le modalità di interazione tra il centro di coordinamento, i comitati etici e l'Agenzia del farmaco (Aifa), determinando con il Mef una tariffa unica per i test e disciplinando funzioni e requisiti di partecipazione ai "comitati" in un'ottica di trasparenza e di indipendenza. Non è poco: se per qualità dei ricercatori l'Italia eccelle nel mondo. quanto a partecipazione ai grandi trial clinici il ritardo sulle regole Ue stava producendo effetti nefasti. Innanzitutto sui pazienti ma anche sul "sistema Paese" nel suo complesso.
«Ogni anno sono circa 4omila i cittadini coinvolti nelle sperimentazioni, che possono beneficiare di trattamenti innovativi con grande anticipo rispetto alla disponibilità sul mercato e, quindi, di maggiori possibilità di guarigione. I primi segnali del ritardo italiano nel recepire la normativa comunitaria erano preoccupanti: da gennaio a ottobre 2022 nella Ue sono state presentate 428 domande di avvio di studi clinici, di cui solo 87 hanno coinvolto l'Italia rispetto alle 142 della Francia, alle 132 della Spagna e alle 116 della Germania. Se non ci fossimo adeguati, avremmo perso circa 30o studi rispetto ai 672 tra profit e no profit autorizzati nel 2019». A parlare sono Francesco Cognetti, Paolo Corradini e Pasquale Perrone Filardi, presidenti rispettivamente della Federazione degli oncologi, cardiologi ed ematologi (Foce), della Società italiana di ematologia (Sie) e della Società italiana di cardiologia (Sic). Branche mediche che rappresentano i due terzi delle sperimentazioni. Alle priorità dei malati si affiancano quelle del Paese: la farmaceutica è un settore-traino con i suoi oltre 38 miliardi di produzione stimata per il 2022, ma l'impasse italiana sui trial rappresentava una zavorra: «Nel 2022, anno di transizione per le nuove regole, tante nazioni che erano già pronte hanno preso una nostra grossa quota e per recuperare questo ritardo serviranno circa 2-3 anni spiega Guido Rasi, già a capo dell'Agenzia Ue del farmaco (Ema) -. La parte decisionale degli sponsor non è in Italia ma con il via libera ai decreti non ci saranno più scuse per lasciare il Paese fuori dalla grande competizione internazionale sui trial. Ora possiamo di nuovo attrarre investimenti, continuando a collaborare con i grandi centri». La piena implementazione del Regolamento Ue d'ora in poi ci consente l'ammissione al portale Clinical Trial Information System, che diventa il punto di accesso unico per la presentazione, l'autorizzazione e la supervisione delle domande di sperimentazione clinica nella Ue e nei Paesi dello Spazio economico europeo (See). «Questa svolta spiega il presidente dell'Agenzia del farmaco Giorgio Palù era molto attesa da tutti, dall'industria così come dagli sperimentatori, dalle università, dai centri di ricerca e dalla stessa Aifa. Il ritardo lo abbiamo pagato visto che siamo quarti in Europa, ma i dati sono confortanti perché nel 2022 siamo nell'ordine di quasi 800 sperimentazioni promosse. La salute va vista non solo come la dispensazione di un bene inalienabile alla società ma anche come volano di sviluppo economico e la ricerca clinica è il motore che spinge l'industria a progredire in innovazione, anche tenendo conto che i140-50% dei farmaci sono biotecnologici e che il 40% delle sperimentazioni cliniche utilizzano farmaci biologici. Non abbiamo ancora un vaccino avanzato per il Covid ma ora auspico che ci sarà un forte impulso per la sperimentazione e soprattutto per l'investimento». Per Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, la firma dei decreti attuativi al Regolamento Ue da parte del ministro Schillaci è «un'ottima notizia perché semplifica le procedure, valorizza l'innovazione e velocizza l'accesso alla cura per i cittadini. Finalmente il nostro Paese è in linea con gli altri in Ue. Un passo in avanti fondamentale per la competitività internazionale e per l'attrattività degli investimenti da parte delle aziende del farmaco. Imprese che oggi già investono 70o milioni all'anno in ricerca clinica e che hanno già pianificato 30o studi per il 2023». «Una cifra - continua Cattani - che a questo punto potrebbe aumentare nel corso dell'anno. Ora le Regioni avranno a disposizione 120 giorni per individuare i nuovi Comitati etici territoriali e nominare i loro componenti». Anche Fabrizio Greco presidente di Federchimica Assobiotec che rappresenta il comparto delle biotecnologie che sarà in prima linea nell'affrontare questa svolta regolamentare segnala come «la riduzione dei comitati etici è certamente un passo avanti importante e fortemente atteso, è però solo un tassello di un ecosistema più ampio che fatica ad essere competitivo nello scenario globale. Tra questi, sarà infatti determinante - avverte ancora Greco - il coordinamento di Aifa con i comitati etici e le loro velocità di risposta. Il fattore tempo è una variabile che non costa ma è un elemento differenziante per generare valore per il Paese e i cittadini».


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