Medicina e ricerca

Di smog si muore, è tempo di agire

di Alessandro Miani *

S
24 Esclusivo per Sanità24

L’Organizzazione mondiale per la Sanità considera direttamente attribuibili agli inquinanti atmosferici un terzo delle morti premature dovute a infarti o ictus cerebrali, broncopneumopatie e tumori polmonari, con impatti anche molto diversi a seconda delle nazioni. Per l’Italia, purtroppo, non valgono le buone notizie contenute nel nuovo "Air Quality Report" dell’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA) in cui si conferma il trend di costante riduzione delle concentrazioni medie annuali di polveri sottili e delle conseguenti morti premature, ma i livelli di PM 2.5 permangono al di sopra dei limiti sanitari stabiliti dall’Oms nelle Linee Guida 2021 per la Qualità dell’Aira e l’Italia resta ai vertici della classifica. Infatti, se le stime di decessi prematuri da PM2.5 sono passate per la Germania da 58.600 del 2016 a soli 28.900 del 2020, per l’Italia, invece, si passa da 58.600 a 52.300 morti premature. Lo stesso rapporto EEA appena pubblicato esplicita chiaramente che le maggiori concentrazioni di PM10 si osservano nella Pianura Padana, attribuendo il fenomeno alla densità di popolazione e di attività industriali in un contesto orografico e meteorologico che favorisce l’accumulo di polveri sottili. La novità di quest’ultimo rapporto sulla Qualità dell’Aria è un focus anche sulla morbilità oltre che sui dati di mortalità riportati annualmente dall’Agenzia Europea. Infatti, viene fornita una stima degli anni di vita persi dovuti a broncopneumopatie croniche ostruttive (le cosiddette Bpco) da esposizione a polveri sottili e per il diabete in relazione ai biossidi d’azoto (quantificati complessivamente in 350.000 anni persi, con l’Italia tra i Paesi di testa classifica), oltre che una valutazione del numero di ricoveri ospedalieri per patologie polmonari negli anziani conseguenti a livelli di Ozono sopra la soglia di sicurezza sanitaria (circa 12.000 casi l’anno, con il nostro Paese al primo posto con 3.000 ricoveri evitabili).
Questi dati certificano che l’Italia è tra i Paesi europei che deve compiere i più netti progressi per l’attuazione della "Zero Pollution Strategy" europea, che sottende la revisione delle Linee Guida per la Qualità dell’Aria presentate dalla Commissione Europea lo scorso ottobre per allinearsi alle più stringenti direttive Oms, utilizzando al meglio i fondi del Pnrr per invertire rapidamente la rotta con un’attenta strategia di allocazione delle risorse e verifica in corso dei risultati prodotti da azioni specifiche in grado d’impattare sui temi Salute, Ambiente e Cambiamenti Climatici. Se guardiamo ai dati pubblicati da Iss inerenti i decessi per Covid in Italia, ci rendiamo conto che i circa 75.000 morti del 2020 ed i 60.000 del 2021 (quando è stata implementata la campagna vaccinale) sono di fatto paragonabili ai numeri dei decessi attribuiti ogni anno dalle autorità europee all’inquinamento atmosferico in Italia. Di fatto, il problema dell’impatto degli inquinanti atmosferici della salute umana va ben oltre i caratteri di una pandemia occasionale, in quanto rappresenta un problema strutturale a lungo termine delle cui enormi conseguenze non abbiamo consapevolezza per l’assenza di test diagnostici specifici. Al contrario del coronavirus, quello dell’inquinamento atmosferico viene erroneamente percepito come un rischio collettivo aspecifico e lontano da ciascuno di noi nonostante riguardi migliaia di litri d’aria che entrano ogni giorno nei nostri polmoni e da lì in tutto il nostro organismo insieme a tutti i contaminanti veicolati dalle polveri fini e ultrafini, in grado di innescare infiammazioni vascolari, influenzare l’attività cardiaca, colpire il sistema immunitario, depositarsi a livello cerebrale con milioni di nano particelle per cm3 e perfino danneggiare il Dna cellulare in chiave epigenetica. È dunque necessario intervenire e farlo con con azioni evidence-based economicamente e socialmente sostenibili, non energivore e rapidamente implementabili. La transizione energetica verso le energie rinnovabili, attendendo il nucleare pulito, va nella giusta direzione ma i tempi saranno ovviamente dilatati, le riforestazioni urbane selettive, di cui tanto si parla nascondono un vulnus, ovverosia che nei vivai italiani ed europei non abbiamo un numero sufficiente di alberi per realizzarle.
E allora cosa fare? Come Sima abbiamo suggerito al Governo di avviare una Mitigation Action, sostenuta e valorizzata dall’Europa, volta a incentivare fiscalmente per i privati e realizzare per il pubblico interventi di rivestimento delle superfici murarie esterne e delle vetrate di edifici urbani con un innovativo coating fotocatalitico trasparente di biossido di titanio a base etanolo, peraltro prodotto in Italia, che ha dimostrato in studi scientifici di essere attivato da luce naturale a svolgere un’azione di scomposizione e riduzione degli inquinanti atmosferici - dannosi per la salute umana e per il clima - in sottoprodotti innocui. L’applicazione di questa nanotecnologia fotocatalitica è a basso costo perché non necessita di un materiale di consumo, non richiede rigenerazione, non è energivora, non ha controindicazioni sulla salute di uomini e animali (vedasi il "Do no significant harm act" indispensabile per attuare progetti su fondi Pnrr) e i risultati di mitigazione dell’inquinamento atmosferico sono scientificamente misurabili. Oltre a quest’azione "attiva", il rivestimento di coating fotocatalitico di biossido di titanio a base etanolo rappresenta nei fatti una barriera permanente nei confronti di inquinanti atmosferici, che in sua assenza si depositano sulle facciate (le cosiddette croste nere) o nei confronti di atti di vandalismo (graffiti, imbrattamenti), preservando così anche il decoro urbano.

* Presidente Società italiana di Medicina ambientale (Sima )


© RIPRODUZIONE RISERVATA