Medicina e ricerca

Tumore alla prostata e diritti dopo la chirurgia: per molti uomini è un percorso a ostacoli

di Carlo Bettocchi *

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24 Esclusivo per Sanità24

Un recente convegno a Milano ha acceso i riflettori su un tema che da tempo alimenta il dibattito fra urologi, andrologi, istituzioni sanitarie, mondo politico, associazioni di pazienti, ma che, fino a ora, non ha trovato adeguato ascolto. E questo è paradossale perché "il tumore alla prostata, quali diritti dopo la chirurgia" è un argomento che riguarda migliaia di uomini italiani e ha a che fare con il diritto alla salute, i servizi previsti dalla Sanità Pubblica, le differenze - non più accettabili – nei trattamenti oncologici per le pazienti donne e i pazienti-uomini, nonostante i numeri e le dimensioni del problema impongano un deciso cambio di passo.
Il tumore alla prostata , infatti, è una patologia che ogni anno viene diagnosticata in Italia a oltre 36.000 uomini, con un numero crescente di giovani, 7.000 decessi l’anno e che comporta, per circa 20.000 pazienti, un intervento di prostatectomia, cioè l’asportazione chirurgica del tumore stesso. Quindi, un "nemico n. 1" da combattere senza sosta. La buona notizia è che, se diagnosticati per tempo e trattati con terapie idonee, una parte rilevante dei tumori regredisce, consentendo sopravvivenza e vita anche per decenni.
Con queste prospettive, quello che bisogna mettere in discussione - ed è stato questo il tema portante del convegno di Milano - è "quello che succede dopo l’intervento chirurgico" e quali sono le difficoltà che migliaia di uomini incontrano. Diversamente dalle donne che, invece, hanno conquistato nel tempo diritti inalienabili e dopo una mastectomia - cioè l’asportazione della mammella per un tumore maligno – affrontano la "ricostruzione" del seno trovando nelle Breast Units sostegno, tutele e procedure consolidate. La più importante delle quali è che questi interventi sono a carico del Servizio sanitario nazionale, rimborsati dalle Regioni e con tassi di guarigione attorno al 90% . Per questo, non è improprio affermare che rispetto a molte patologie oncologiche esiste in Italia un gigantesco divario fra i diritti degli uomini e quelli delle donne, divario che i medici per primi devono impegnarsi a colmare, riaffermando un principio di equità non solo medica ma sociale e culturale.
Che dire, ancora, sul tumore alla prostata, il grande imputato in questa riflessione? Che è il più frequente e diffuso fra gli over 50, che rappresenta il 18,5% dei tumori maschili, che può essere efficacemente rimosso ma che l’intervento di prostatectomia può generare effetti collaterali devastanti per la vita quotidiana. Come la disfunzione erettile, o l’incontinenza urinaria, patologie che hanno impatti pesantissimi sulle relazioni familiari e interpersonali, l’autonomia, le attività lavorative, la mobilità. Non si tratta di problemi marginali e l’errore, anche di molti medici, è ritenere che l’unico obiettivo dei pazienti sia l’asportazione del tumore. Obiettivo sacrosanto, ma che per i pazienti si accompagna comunque al desiderio di riprendere una vita normale, senza problemi di incontinenza, e una soddisfacente attività sessuale. Su questo fronte la scienza biomedicale può essere una grande alleata, attraverso soluzioni terapeutiche come le protesi peniene o gli sfinteri urinari artificiali, dispositivi impiantabili risolutivi e di comprovata efficacia. E qui torna il problema, che non è medico ma normativo e procedurale. Le protesi peniene contro la disfunzione erettile non sono inserite nei Lea-Livelli Essenziali di Assistenza e nessuna Regione ne prevede al momento il rimborso. Paradossalmente, invece, la "Nota 75" in vigore da tempo prevede il rimborso delle terapie farmacologiche per i pazienti sottoposti a chirurgia pelvica. Un aspetto che rende doppiamente incomprensibile la chiusura nei confronti delle protesi e delinea, da subito, le difficoltà del percorso che gli uomini sottoposti a prostatectomia devono affrontare.
Non è migliore la situazione per gli sfinteri urinari artificiali, destinati a pazienti che a seguito dell’intervento demolitivo di prostatectomia sviluppano incontinenza che nel 5-10% dei casi può permanere anche a distanza di tempo. Qui dovrebbero essere di aiuto, oltre alle tecnologie innovative, anche i dati economici, per esempio quelli relativi allo studio Hta condotto dall’Università di Roma Tor Vergata. Lo studio ha evidenziato come, a seguito dell’impianto di sfinteri urinari, il consumo quotidiano di pannoloni ( a tutt’oggi la soluzione più diffusa ) si riduca da 10 a 0/1 al giorno, con significativi risparmi per il Servizio Sanitario Nazionale e un deciso miglioramento della qualità di vita. Anche su questo fronte permangono però aree di criticità perché il Servizio Sanitario Nazionale copre solo il 24% dei pazienti potenzialmente idonei. Tutto questo spiega perché l’adozione di adeguati supporti protesici e lo sviluppo di Percorsi terapeutici che possano concretamente aiutare i prostatectomizzati a riprendere la loro vita, sia spesso lasciato all’iniziativa dei singoli reparti ospedalieri o, addirittura, dei singoli medici!
Il mondo medico, primo fra tutti, ha la responsabilità di “aprire una breccia” e di compiere i passi necessari perché gli uomini colpiti da tumore alla prostata ( non dimentichiamo, oltre 36.000 ogni anno in Italia) e che abbiano subito un intervento di prostatectomia possano accedere senza difficoltà a Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PTDA) riabilitativi, farmacologici, chirurgici, usufruendo delle nuove soluzioni protesiche senza affrontare percorsi a ostacoli, privi di adeguate tutele e coperture. Prendendo a modello il settore femminile che, oggi, consente a migliaia di donne di dire “Io ce l’ho fatta”. Devono farcela anche gli uomini per vincere la sfida contro il tumore alla prostata, rivendicando il diritto alla salute e alla vita sancito dalla Costituzione e che un sistema sanitario moderno deve garantire.
La battaglia istituzionale, che molti urologi e andrologi stanno già combattendo in ambito nazionale, è avviata e può contare su una straordinaria partecipazione. Nel convegno di Milano è stata anticipata, per esempio, la elaborazione di un “Position Paper” che consentirà ai medici di affrontare con argomentazioni solide e non più differibili il mondo politico, le istituzioni sanitarie, i responsabili regionali. A fianco dei pazienti, sostenendo con loro il diritto alla salute e alla qualità di vita.

* Professore associato di Urologia - Direttore Usd Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni - Policlinico Riuniti di Foggia


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