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La dieta ipoproteica è centrale nella terapia della malattia renale cronica: linee guida e benefici

di Adamasco Cupisti*

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La malattia renale cronica rappresenta oggi un problema di salute pubblica a livello globale, basti pensare che colpisce 850 milioni di persone nel mondo, ben 4,5 milioni solo in Italia. Il trend tra l’altro è in crescita, a causa del progressivo invecchiamento della popolazione e la diffusione di patologie che possono causare la comparsa o il peggioramento della nefropatia fino all’insufficienza renale.

Di fronte al vasto impatto di questa patologia è fondamentale utilizzare tutti gli strumenti a disposizione per contrastare l’avanzamento della malattia e migliorare la qualità di vita dei pazienti. Un tassello fondamentale della terapia oggi utilizzata è costituito dalla dieta ipoproteica.

Fin dal XIX secolo si era intuito che la sindrome uremica fosse causata dalla ritenzione di molecole e tossine derivanti dal catabolismo (ovvero dal processo di degradazione) delle proteine assunte attraverso l’alimentazione. È però solo a partire dal 1964, con lo studio di Giovannetti e Maggiore, effettuato a Pisa e pubblicato dalla prestigiosa rivista scientifica “The Lancet”, che la dieta ipoproteica ha assunto il ruolo di terapia dell’uremia cronica.

A quasi 60 anni di distanza, come emerso anche durante l’ultimo congresso SIN del 5-8 ottobre a Rimini, la terapia dietetico nutrizionale, sebbene con sfumature diverse, continua ad avere un ruolo centrale e in alcuni casi insostituibile nel trattamento conservativo dell’insufficienza renale cronica. Nelle fasi precoci di malattia può infatti contribuire a rallentarne la progressione, mentre nelle fasi più avanzate può prevenire e/o correggere segni e sintomi uremici e, fatto di rilevanza fondamentale, ritardare l’inizio della dialisi o, integrandosi con essa, ridurre la dose dialitica settimanale. Ma i benefici non si esauriscono qui: la dieta ipoproteica è essenziale anche nella prevenzione e nel trattamento della malnutrizione, degli squilibri idro-elettrolitici e acido-base e delle alterazioni del metabolismo minerale, che possono influenzare negativamente l’andamento della malattia.

Per il buon esito della terapia dietetico nutrizionale abbiamo a disposizione uno strumento prezioso, ovvero gli alimenti aproteici. Questi rappresentano, infatti, un presidio fondamentale per la corretta elaborazione e attuazione di una dieta ipoproteica. Costituiti da carboidrati e pressoché privi di proteine, fosforo, sodio e potassio, tali prodotti consentono di elevare l’apporto energetico, fornendo energia “pulita”, lasciando così più spazio ad alimenti ad alto valore biologico garantendo così l’apporto di aminoacidi essenziali. Inoltre gli alimenti aproteici sono arricchiti da fibre utili a contrastare la disbiosi del microbiota intestinale.

Gli alimenti aproteici hanno dunque un ruolo chiave per ottenere i massimi benefici dalla terapia dietetica e contribuiscono al miglioramento dello stato di salute, e della qualità di vita del paziente, mantenendo un buon stato nutrizionale.

Nel 2020 sono state pubblicate le Linee guida della National Kidney Foundation per la nutrizione nella malattia renale cronica, che fissano gli apporti proteici raccomandati per le diverse tipologie di pazienti. Per i nefropatici non diabetici, clinicamente stabili, con malattia renale cronica in stadio 3-5ND (cioè insufficienza renale moderata-severa, non in dialisi), si raccomanda un apporto proteico di 0,55-0,60 grammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno, o una dieta fortemente ipoproteica (0.3 grammi per kilogrammo di peso corporeo) ma integrata con una miscela di mano acidi essenziali e chetoanaloghi. Per i pazienti diabetici si suggerisce invece una restrizione proteica meno spinta, tra 0,6-0,8 grammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno.

Grande importanza rivestono poi l’aderenza da parte del paziente alla terapia e il monitoraggio regolare dello stato nutrizionale da parte di un dietista renale, da effettuarsi ogni sei o dodici mesi, a seconda della gravità della insufficienza renale e del tipo di terapia dietetica.

Possiamo dire che nella pratica clinica nefrologica la terapia dietetico nutrizionale è oggi un pilastro del trattamento del paziente affetto da insufficienza renale, sia perché è essenziale al fine di ritardare la dialisi, con anche un risparmio consistente dei costi per il sistema sanitario, sia perché è più efficace in termini di anni in buona qualità di vita guadagnati. Per dirla con le parole di William Mitch e Giuseppe Remuzzi “Diets for patients with chronic kidney disease, still worth prescribing”.

*Professore Ordinario di Nefrologia, Università degli Studi di Pisa


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