Medicina e ricerca
Salute delle ossa più a rischio con tumori di seno e prostata. Un progetto velocizza l’accesso dei pazienti alle cure
di Stefania Gori *
24 Esclusivo per Sanità24
Sono molti le pazienti e i pazienti che utilizzano una terapia adiuvante antiestrogenica: 7 donne su 10 con tumore del seno a recettori ormonali positivi e 8 uomini su 10 con tumore della prostata. Questa terapia, molto utile per la cura del tumore, espone però a un maggior rischio di fratture ossee spontanee, tra il 9 e il 14%. Prevenire questo aumento è quindi fondamentale. La riduzione dei livelli estrogenici modifica infatti la qualità dell’osso che diventa più fragile e quindi più soggetto a fratture spontanee. Poiché esistono farmaci che possono evitare queste fratture ma solo il 25% delle pazienti li riceve, era necessario intervenire con una iniziativa che prevedesse un percorso di formazione per professionisti sanitari, materiale informativo per le pazienti, un modello gestionale (solitamente il gruppo Multidisciplinare sul carcinoma mammario) e una valutazione dei risultati a 12 mesi. Proprio per questo è nato Predict & Prevent, un programma che velocizza la presa in carico delle pazienti a rischio, grazie a un approccio sinergico, già in fase iniziale, dell’oncologo e del ‘Bone Specialist’, l’esperto dell’osso. Se necessario, la paziente viene avviata a percorsi terapeutici oncologici e di prevenzione primaria per la salute scheletrica con la prescrizione di farmaci specifici (come indicato dalla Nota 79 dell’Aifa). Tutto ciò entro 90 giorni dalla visita iniziale. A distanza di 12 mesi dall’inizio del programma, 4 centri su 10 (Sacro Cuore Don Calabria, Negrar; Fondazione Poliambulanza di Brescia; San Martino, Genova; Ospedale Antonio Caldarelli, Napoli) hanno già messo a disposizione i loro dati, secondo i quali l’85% delle pazienti incluse nel programma sono state inviate entro trenta giorni dall’inizio della terapia alla valutazione della ‘Bone Health’ e il 61% ha iniziato una terapia specifica antiriassorbimento osseo entro 90 giorni, con sensibili benefici sulla tempestività della cura e sulla salute della donna.
Il programma è considerato una best practice dalle istituzioni (Parlamento, ministero della Salute, Agenas Agenzia nazionale per i servizi regionali) ed è potenzialmente applicabile ad altre patologie oncologiche. Di tutto questo si è discusso nella 1° edizione de “Le Giornate Scientifiche: La salute dell’osso” organizzato da Ropi, che si è svolto a Roma il 9-10 settembre. Al convegno si è parlato anche di metastasi ossee e delle cure oggi disponibili per evitare le complicanze scheletriche, con la presentazione dei risultati del Progetto ENGAGE, ricavati da un questionario che ROPI ha rivolto a pazienti con metastasi ossee da carcinoma della mammella e della prostata. Risultati positivi che evidenziano come la maggior parte dei pazienti ritenga di essere stato adeguatamente informato sulle problematiche relative alle metastasi ossee (>70%) e di voler essere coinvolto attivamente nei processi decisionali terapeutici (88%). L’oncologo rimane la figura di riferimento per tali informazioni (85%). L’80% dei pazienti con metastasi ossee riceve terapia specifica e la maggior parte di questi effettua controlli odontoiatrici periodici e supplementazione con vitamina D e calcio. Circa la metà dei pazienti riferisce di aver avuto dolore nelle sedi di metastasi ossee con necessità di radioterapia. Questi risultati confermano con i numeri che i pazienti vogliono essere informati e coinvolti nel percorso di cura.
* Presidente Rete oncologica pazienti Italia (ROPI)
Direttore Oncologia Medica Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar di Valpolicella
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