Medicina e ricerca
Long Covid/ Oltre mezzo milione persone da curare per patologie gastrointestinali
di Giovanni Barbara *
24 Esclusivo per Sanità24
La sindrome dell’intestino irritabile o IBS (dall’inglese irritable bowel syndrome) è una delle più comuni malattie diagnosticate in ambito gastroenterologico, con una prevalenza mondiale di circa il 5-10% che colpisce prevalentemente le donne in una fascia di età compresa tra i 20 e i 50 anni. L’IBS è un disturbo delle funzioni intestinali caratterizzata da dolore e gonfiore addominale e da alterazioni della regolarità dell’alvo, stitichezza, diarrea o la loro fastidiosa alternanza, una sintomatologia che talvolta può avere un impatto devastante sulla qualità di vita del paziente. La diagnosi è complicata spesso dalla sovrapposizione dei sintomi dell’IBS con quelli di altre patologie extra-intestinali, quali cefalea, fibromialgia, una sindrome dolorosa che colpisce i muscoli e i disturbi sessuali quali la dispareunia che può minare la vita di relazione della coppia. È necessaria una diagnosi precoce per poter stabilire il percorso terapeutico più adatto al paziente.
In passato l’IBS veniva definita come malattia psicosomatica, prevalentemente causata da stress, ansia e depressione. Una definizione che non consentiva ai medici di arrivare a una diagnosi precisa ma soprattutto lasciava incertezze e frustrazioni tri i pazienti che si vedevano stigmatizzati, persone affette da una malattia dai confini mal definiti o peggio ancora etichettati come malati immaginari. Solo recentemente, dopo decenni di ricerca, si è capito che all’origine dell’IBS ci sono anche alterazioni organiche, oggi identificabili grazie all’avanzamento tecnologico in campo biomedico che dipendono dalla dieta, dal microbiota e dall’asse tra cervello e intestino, due organi che comunicano quotidianamente e costantemente, alterazioni fino a oggi sfuggite alle comuni tecniche diagnostiche impiegate nella pratica clinica quali la colonscopia, l’ecografia o addirittura la Tac.
Anche di questo cambio di paradigma si parla nelI’IBS Days 2022, il convegno internazionale dedicato alla sindrome dell’intestino irritabile (Bologna dal 20 al 22 giugno).
Già da tempo si sapeva che l’IBS deriva da un pregresso episodio di gastroenterite acuta in circa il 10% dei soggetti. Di queste ultime settimane è l’evidenza che l’IBS può essere anche la conseguenza dell’infezione da Covid-19, in circa il 4% dei soggetti che hanno contratto l’infezione. L’IBS entra quindi a pieno titolo nell’ambito di quell’ampio ampio spettro di disturbi persistenti che vengono definiti oggi Long Covid. Questi dati, tenendo conto dei 17 milioni di persone ammalate di Covid-19 solo in Italia, suggeriscono che nei prossimi anni avremmo oltre mezzo milione persone da curare per patologie gastrointestinali.
I ricercatori hanno individuato tra le cause più importanti dell’IBS anche uno squilibrio del microbiota, la popolazione di batteri, virus e funghi che convivono nel canale alimentare in simbiosi con l’organismo e che svolgono importanti e positive funzioni, come ad esempio l’importante contributo che questo sistema fornisce nella digestione delle fibre. Un messaggio chiaro fornito dagli studi degli ultimi anni è che il microbiota intestinale gioca un ruolo chiave sia sul fronte delle alterazioni micro-organiche intestinali sia su quello psicologico dell’IBS. A livello dell’intestino, alterazioni significative della sua composizione e abbondanza (disbiosi) destabilizzano l’equilibrio intestinale e determinano uno stato infiammatorio che facilita lo sviluppo di gonfiore e dolore addominale. Non solo, un microbiota alterato favorisce l’insorgere di ansia e depressione, che a loro volta peggiorano i sintomi dell’IBS. Questo nuovo approccio all’IBS apre la strada a innovative strategie di trattamento, come ad esempio il riequilibrio del microbiota attraverso l’assunzione di probiotici. A questo proposito, possono essere utili i cosiddetti "psicobiotici", integratori probiotici costituiti da microrganismi che riparano questa alterazione del microbiota sortendo così effetti positivi sullo stato psicologico della persona.
* Professore ordinario di Medicina Interna e Gastroenterologia dell’Università di Bologna
© RIPRODUZIONE RISERVATA