Medicina e ricerca
Covid: esclusa l’efficacia dei boli di steroide in combinazione con la terapia standard
di Alessandra Ferretti
24 Esclusivo per Sanità24
Uno studio appena pubblicato sullo European Respiratory Journal ha escluso l’efficacia dei boli di steroide in combinazione con la terapia standard nei pazienti con polmonite severa da Covid-19. L’importanza della ricerca è duplice. Da un lato, è rilevante per il risultato dello studio in sé: rendere pubblici anche i risultati negativi aiuta gli altri ricercatori ad adottare le giuste misure su determinate ed eventuali nuove ipotesi. Dall’altro, è di valore in quanto si tratta di uno dei pochissimi trials randomizzati controllati portati a termine e pubblicati in Italia sulla terapia di Covid-19.
Lo studio, ideato e disegnato nell'Azienda Usl-Irccs di Reggio Emilia dal dottor Nicola Facciolongo, Direttore della Struttura Complessa di Pneumologia, dal dottor Marco Massari, Direttore della Struttura Complessa di Malattie Infettive e dal professor Carlo Salvarani, Direttore della Struttura Complessa di Reumatologia a Reggio Emilia e Modena, così come dall’allora Direttore Scientifico dott. Massimo Costantini, ha beneficiato, sia nella preparazione del protocollo che nell'arruolamento dei pazienti e nella stesura del manoscritto, della collaborazione dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, in particolare del professor Giovanni Guaraldi e del dottor Giovanni Dolci, che figurano infatti tra gli autori del lavoro. Allo studio hanno partecipato 16 centri italiani di Malattie Infettive e Pneumologia.
Col titolo Intravenous methylprednisolone pulses in hospitalised patients with severe COVID-19 pneumonia. A double-blind, randomised, placebo-controlled trial, la ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista ad elevato impact factor (IF 17), la European Respiratory Journal, organo della European Respiratory Society (https://doi.org/10.1183/13993003.00025-2022).
Come spiega il professor Salvarani, “siamo partiti da un razionale molto forte, poiché i boli di steroide producono la massima azione genomica e non genomica degli steroidi, che sono responsabili della loro azione anti-infiammatoria e rapidità d'azione. Tale modalità di trattamento è utilizzata in medicina come terapia iniziale per le condizioni immuno-infiammatorie particolarmente severe e pericolose per la vita, con lo scopo di ottenere un’immediata e massima azione antinfiammatoria”.
Per “boli di steroide” intendiamo la somministrazione per via endovenosa di dosaggi di prednisone o equivalenti, uguali o maggiori di 250 mg al giorno per uno o più giorni (solitamente si somministrano per 3-5 giorni consecutivi). I classici boli sono costituiti da metilprednisolone somministrati per via endovenosa al dosaggio di 1 gr al giorno per 3 giorni consecutivi, schema utilizzato nello studio.
“Si tratta di uno dei pochissimi trials randomizzati controllati portati a termine e pubblicati in Italia sui boli di steroide in una condizione iperinfiammatoria come terapia per Covid-19”, puntualizza il professor Salvarani. “Nella malattia scatenata dal Sars-CoV-2, la tempesta citochinica rappresenta l'acme del processo infiammatorio con necessità di una rapida e forte risposta. Perciò l'aggiunta dei boli di steroide alla terapia standard con basse dosi di desametasone poteva essere in grado di sopprimere il processo iperinfiammatorio più efficacemente del desametasone come monoterapia”.
Lo studio è risultato negativo. Aggiunge il professore: “Non sono emerse differenze tra boli e placebo per la percentuale dei pazienti dimessi dall'ospedale senza ossigenoterapia entro 30 giorni dalla randomizzazione, né differenze nella durata dell'ospedalizzazione – questi erano i due endpoints primari. Non sono state rilevate differenze nemmeno nella percentuale dei pazienti ricoverati in Unità di Terapia Intensiva che andavano incontro a intubazione o prognosi infausta oppure nella mortalità (endpoints secondari). Quanto alla tossicità, non sono emerse differenze per gli effetti collaterali severi con il gruppo trattato con placebo”.
Nell’ambito dell’immuno-reumatologia, i boli di steroide sono "nati" per raffreddare il rigetto dei trapianti renali. Successivamente, negli anni Settante e Ottanta sono stati applicati dal professor Anthony Fauci (che a quel tempo si occupava di vasculiti) al NIH per la prima volta nella terapia della granulomatosi con poliangite (granulomatosi di Wegener). Il “ciclo di Wolff e Fauci” contemplava infatti l'utilizzo dei boli di steroide seguiti dalla terapia steroidea orale continuativa e ciclofosfamide con fortissima riduzione della mortalità e alta percentuale di remissione in tale vasculite (prima di allora mortale nella maggior parte dei pazienti). Essa rivoluzionò la terapia delle vasculiti e delle malattie autoimmuni/infiammatorie. Ecco perché tali studi sono stati centrali anche per capire i meccanismi della polmonite da Covid-19.
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