Medicina e ricerca

Tumore della mammella: la ricerca italiana in prima linea nel mondo nell'identificazione di nuovi biomarcatori

di Michelino De Laurentiis * Grazia Arpino **

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24 Esclusivo per Sanità24

La ricerca italiana è all’avanguardia nella lotta al tumore della mammella. Uno studio condotto interamente nel nostro Paese (BioItaLEE), che sarà presentato il 6 giugno al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (American Society of Clinical Oncology, Asco) in corso a Chicago (Abstract #1012), illustra i dati della combinazione di due biomarcatori che potrebbero fornire informazioni prognostiche e predittive nelle pazienti con tumore della mammella avanzato o metastatico positivo per i recettori ormonali e negativo per il recettore 2 del fattore umano di crescita epidermica (HR+/HER2-). Nello studio BioItaLEE le pazienti sono state trattate in prima linea con ribociclib, inibitore di CDK4/6, in combinazione con letrozolo (terapia ormonale). L’obiettivo è studiare biomarcatori che possano, dopo solo 15 giorni, aiutarci a comprendere l’andamento delle cure. I biomarcatori sono caratteristiche del tumore che ci consentono di identificare i pazienti responsivi o meno a un determinato trattamento. In questo modo migliorano sia la comprensione della malattia metastatica sia le possibilità di sopravvivenza a lungo termine. Lo studio ha coinvolto 287 pazienti di 47 centri italiani.
Come ha spiegato Saverio Cinieri (Presidente Associazione Italiana di Oncologia Medica, Aiom), questo lavoro, tutto italiano, sta riscuotendo un grandissimo interesse a livello internazionale. Definisce un modello di ricerca, che si colloca all’interno dell’oncologia di precisione e apre importanti prospettive per cronicizzare la malattia metastatica. Rappresenta inoltre un segnale di vitalità della ricerca del nostro Paese, che dimostra di saper coinvolgere moltissimi centri in sperimentazioni complesse. Le evidenze ottenute necessitano di ulteriori conferme per poter essere applicate nella pratica clinica quotidiana, ma segnano un punto di partenza importante per l’avvio di ulteriori ricerche.
Nel 2020, in Italia, sono stati stimati circa 55mila nuovi casi di carcinoma mammario. Più di 37.000 donne vivono con la diagnosi di malattia metastatica, che in circa il 70% dei casi esprime i recettori ormonali. Il trattamento standard dei tumori mammari positivi per i recettori ormonali è la combinazione di un inibitore di cicline con il trattamento ormonale. Ribociclib è l’unico farmaco della classe degli inibitori CDK4/6 in grado di vantare una totale coerenza e solidità di risultati. Ha infatti dimostrato un vantaggio in sopravvivenza globale in donne in pre/peri e postmenopausa e con diverse combinazioni ormonali. I dati di BioItaLEE non sono ancora definitivi, ma vanno nella direzione della conferma dell’efficacia già dimostrata nello studio Monaleesa-2, con metà delle pazienti vive oltre 5 anni. BioItaLEE per la prima volta al mondo ha considerato la combinazione di due biomarcatori, misurati con prelievi del sangue, cioè con biopsia liquida. Questi due biomarcatori rappresentano un presidio più precoce rispetto alla Tac tradizionale per monitorare l’andamento della cura. Se i dati dello studio fossero confermati, con la biopsia liquida potremmo sapere in netto anticipo quali tumori sono resistenti al trattamento, a esclusivo vantaggio delle pazienti.
Nello studio la variazione dei due biomarcatori è stata misurata con un prelievo ematico al basale (cioè prima dell’inizio della terapia) e a distanza di 15 giorni. I valori iniziali dell’attività della timidina chinasi 1 e del Dna tumorale circolante sono importanti ma hanno carattere informativo, perché la terapia con ribociclib in alcuni casi è in grado di ridurli, risolvendo così un’eventuale resistenza iniziale. È necessaria, quindi, l’analisi dinamica della variazione dei biomarcatori nel corso delle prime due settimane di trattamento per avere un’idea più chiara circa l’eventuale esito della terapia. Siamo di fronte a dati preliminari che possiamo definire ‘generatori di ipotesi’, perché tracciano una strada che dovrà essere confermata con ulteriori studi clinici. La loro utilità però potrebbe essere importante perché, dopo solo 15 giorni dall’inizio della terapia, potremmo essere in grado già di capire come sta rispondendo la paziente e far fronte ad eventuali resistenze.

* Coordinatore dello studio BioItaLEE e Direttore del Dipartimento di Oncologia Senologica e Toraco-Polmonare, Istituto nazionale tumori Irccs Fondazione "G. Pascale" di Napoli
** Professoressa di Oncologia medica all’Università Federico II di Napoli


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