Medicina e ricerca
Ictus, riabilitazione insufficiente per un italiano su tre e per il 17% qualità di vita «scarsa». L'appello dei neurologi sulle linee guida
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Gli italiani colpiti da ictus vanno incontro a molte difficoltà nella fase di riabilitazione che segue l’evento acuto. L’89% dei pazienti dichiara di aver riscontrato miglioramenti, sia neurologici che fisici, in seguito ai trattamenti riabilitativi. Tuttavia, il 34% considera l’esperienza insufficiente e il 17% giudica scarsa la propria qualità di vita. La metà dei malati chiede inoltre più informazioni sulle terapie riabilitative e anche un rapporto più continuativo con lo specialista neurologo. Oltre il 38% inizia il recupero in una struttura sanitaria diversa rispetto a quella in cui è avvenuto il ricovero. Questi alcuni dei dati contenuti in una survey svolta on line su 250 pazienti, assistiti in strutture sanitarie dell’intero territorio nazionale. L’indagine, promossa da ISA-AII | Italian Stroke Association - Associazione Italiana Ictus, è stata presentata al ministero della Salute e rientra nel progetto "Strike on Stroke" promosso dalla società scientifica e realizzato grazie al contributo non condizionante di Ipsen S.p.A.
«L’ictus può essere sconfitto grazie alla prevenzione, a un intervento terapeutico tempestivo e alle cure innovative oggi disponibili – sottolinea Mauro Silvestrini, Presidente ISA-AII -. In Italia riusciamo a garantire un’ottima assistenza grazie alla preparazione dei medici specialisti e a una rete di centri di assoluto livello. Esistono tuttavia ancora margini di miglioramento su alcuni aspetti che sono fondamentali nella gestione di una patologia pericolosa ed invalidante come l’ictus. Fino al 38% dei pazienti presenta spasticità ad oltre un anno dall’evento e le difficoltà nell’accesso alle terapie specifiche sono state ben evidenziate nella nostra indagine. Ci pare quindi importante proseguire in una campagna di informazione e sensibilizzazione incentrata proprio sulla riabilitazione e la qualità della vita. Si tratta di temi finora trascurati tanto nella pratica clinica che nella comunicazione».
Il progetto di ISA-AII, che ha visto diverse iniziative, rivolte sia ai clinici che ai pazienti, vede oggi la presentazione di uno spot di grande impatto, realizzato con l’attore Massimo Lopez (guarda lo spot e/o scaricalo). Nei mesi scorsi è stata inoltre realizzata una survey su 250 medici. Uno su tre confessa di non avere a disposizione Pdta-protocolli-linee guida per indirizzare i malati nei reparti di riabilitazione. Il 38% invece lavora in unità neurovascolari dove non viene effettuata una presa in carico riabilitativa, prima della dimissione del paziente. Sei medici su dieci ammettono di non sapere se esistono normative regionali per la definizione di un percorso riabilitativo. «Problemi organizzativi e strutturali rendono difficile ottenere terapie in grado di migliorare sensibilmente la qualità di vita - prosegue il Prof. Danilo Toni, Past President ISA-AII -. Preoccupano anche i ritardi che si accumulano, visto che per il 64% degli specialisti trascorrono in media più di sette giorni dal momento del ricovero in fase acuta all’arrivo nel reparto di riabilitazione. Quest’ultima è davvero una fase complessa della malattia e contempla diversi possibili trattamenti: si può agire con lo stretching e il rinforzo muscolare oppure con il ricorso ad altri interventi fisici. La gestione del dolore avviene attraverso la somministrazione di analgesici specifici. Esistono anche delle terapie farmacologiche contro la spasticità come i miorilassanti ad azione periferica, tra cui spicca la tossina botulinica. Oggi viene considerata la cura più efficace contro la spasticità di tipo focale. Ci permette di trattare solo i muscoli interessati dal problema favorendo così il recupero delle attività motorie. Considerando tutte queste opzioni, e le problematiche inerenti, a nostro avviso sono necessari dei percorsi prestabiliti a livello regionale o nazionale. Solo così si potrà gestire in maniera uniforme la riabilitazione dei malati sull’intera Penisola».
Ogni anno in Italia 185.000 persone vengono colpite da ictus. Rappresenta la prima causa di disabilità e tra le prime tre di morte, insieme alle malattie cardiache e al cancro. «I più esposti al rischio della patologia sono gli uomini sopra i 65 anni tra i quali registriamo circa il 75% dei casi – interviene Paola Santalucia, Presidente Eletto di ISA-AII -. Anche quando non è fatale, l’impatto che determina è davvero notevole, sia per il singolo paziente che per l’intero Sistema Sanitario Nazionale. Il numero di pazienti è destinato a crescere nei prossimi anni insieme all’incremento dell’età media della popolazione del nostro Paese. Una riabilitazione organizzata ed efficiente, in tutti e 21 i sistemi sanitari regionali della Penisola, deve essere una priorità assoluta da realizzare. Come Società scientifica siamo pronti e disponibili a dialogare con le istituzioni sanitarie nazionali e locali per trovare soluzioni concrete e risolvere così le attuali problematiche».
L’impegno per un approccio comune a livello europeo è stato ricordato da Francesca Romana Pezzella, Segretario ISA-AII e co-chair Stroke Action Plan for Europe (SAP-E) di ESO | European Stroke Organization. «Incontri come questi, in sedi istituzionali, sono necessari anche per rilanciare il SAP-E Europe – dichiara – che ha la finalità di limitare entro il 2030 l’impatto della malattia a partire da prevenzione primaria, organizzazione della cura dell'ictus acuto, prevenzione secondaria, riabilitazione, valutazione dei risultati e vita dopo l'ictus. Le raccomandazioni contenute nel documento consentirebbero di ridurre del 10% il numero di nuovi casi l’anno. Per l’Italia parliamo di 15mila pazienti in meno».
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