Medicina e ricerca
Tumore seno, il Covid ha "celato" 3.500 casi per mancato screening. Potenziare la medicina territoriale
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Un ritardo medio accumulato nelle diagnosi di oltre quattro mesi. Una riduzione di più di 1 milione di inviti per gli screening della mammella (-20%) e oltre 816mila esami mammografici in meno eseguiti (-28%). A ciò si aggiungono oltre 3.500 casi stimati di carcinoma della mammella non individuati. Sono questi i principali dati che descrivono la situazione in Italia sugli screening per il cancro al seno nel periodo gennaio 2020 – maggio 2021, rispetto agli stessi mesi del 2019. Ma secondo gli esperti il ciclone Coronavirus ha generato un’altra forte problematica. Esiste infatti un sommerso di casi non ancora diagnosticati (o individuati in ritardo) che non è ancora stato quantificato e che può rappresentare un grande problema per il sistema sanitario per i prossimi anni. Inoltre, nonostante l’invito a partecipare agli screening sia quasi a regime, non sempre le donne si sottopongono all’indagine per le quali vengono chiamate.
Queste difficoltà non sono riscontrate solo per il carcinoma della mammella. Infatti, gli inviti in meno a partecipare agli screening per il collo dell’utero superano il milione e 500 mila, mentre gli esami non eseguiti sono oltre 780mila (-35%) rispetto al 2019. Questo si traduce in un ritardo accumulato di 6 mesi ed una stima di oltre 3.500 carcinomi del collo dell’utero non identificati. Similmente, si registra una riduzione di oltre 2 milioni di inviti per gli screening colorettali. Gli esami non effettuati superano il milione e 200mila (-34%) ed i ritardi accumulati ammontano a 5 mesi. Questo significa più di 1.300 casi stimati di neoplasie colorettali non individuate, oltre ai 7.700 possibili adenomi avanzati non identificati.
L’allarme viene lanciato in occasione dell’evento dell'8 marzo "Pink Ring" intitolato "Screening oncologici e pandemia: i ritardi nelle diagnosi di tumore" e organizzato da IncontraDonna Onlus, l’Associazione no profit che vuole promuovere una corretta informazione sul tumore del seno. Rientra nella terza edizione del progetto "Pink Ring" e vede la partecipazione e il confronto on line e in presenza, dei rappresentanti di clinici, istituzioni, pazienti e associazioni. «L’impatto della pandemia sulla prevenzione oncologica secondaria è stato rilevante – sottolinea Adriana Bonifacino, Presidente di IncontraDonna Onlus -. In totale sono oltre 4 milioni gli inviti a partecipare agli esami in meno consegnati. Questa è la fotografia di ciò che è avvenuto solo durante la prima fase della pandemia e che potrebbe costare, in termini diagnostici, migliaia di carcinomi non intercettati. I numeri reali potrebbero però essere molto maggiori perché esiste la così detta "prevenzione spontanea". Si tratta di quelle donne che di propria iniziativa si sottopongono a mammografie fuori dai programmi di screening organizzati dalle Regioni. Già in epoca pre-Covid, attraverso i programmi di screening, individuavamo poco meno di 10.000 casi sugli oltre 55mila che ogni anno si registrano in Italia. Negli ultimi due anni, sempre a causa del Coronavirus, molte indagini di prevenzione spontanee non sono state svolte. E ciò potrebbe incrementare ulteriormente i forti ritardi diagnostici».
Al Pink Ring sono stati invitati anche i rappresentati del GISCoR (Gruppo Italiano Screening Tumori Colorettali), GISCi (Gruppo Italiano Screening del Cervicocarcinoma) e GISMa (Gruppo Italiano Screening Mammografico). «A nostro avviso bisogna procedere con la fortificazione della medicina del territorio alla quale è delegata la gestione degli screening – prosegue la prof.ssa Bonifacino -. Già nel 2020 erano stati elargiti dal Ministro Speranza 500 milioni di euro per questo settore e adesso buona parte del Pnrr si basa su investimenti della medicina del territorio e quindi anche delle Asl. Più in generale però è necessaria una campagna di sensibilizzazione importante, per sollecitare donne e uomini a sottoporsi agli esami perché non venga meno la fiducia nello screening come modello di sanità pubblica. Ricordiamo, infatti, che in alcune Regioni le percentuali di partecipazioni agli esami era decisamente bassa. La pandemia ha amplificato questo fenomeno che è dovuto anche ad un’informazione non sufficientemente indirizzata alla popolazione target di riferimento. Fake news, sottovalutazione del pericolo cancro, ritardi o problemi organizzativi-burocratici non favoriscono la partecipazione ad esami che determinano degli indubbi benefici. Solo lo screening mammografico ha ridotto del 30% la mortalità di una delle neoplasie più diffuse e frequenti in tutto il mondo. È arrivato quindi il momento di rilanciare ed implementare la prevenzione del cancro in tutta la Penisola. Nell’aumentare i livelli di consapevolezza un ruolo importante può essere svolto dalle associazioni di pazienti presenti sui vari territori».
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