Medicina e ricerca
Giornata mondiale cancro infantile, la sfida delle Car T vista dall'oncologia pediatrica. Focus su processi semplificati e tumori solidi
di Barbara Gobbi
24 Esclusivo per Sanità24
Portare la rivoluzione Car-T sulla frontiera dei tumori solidi – sviluppando le cellule cosiddette ‘Car killer’ - e semplificare le procedure per raggiungere più pazienti possibile comprimendo i costi. Il tutto, a partire dai malati oncologici giovani e giovanissimi, cui il 15 febbraio di ogni anno è dedicata la Giornata internazionale contro il cancro infantile ideata - ricorda il ministero della Salute - per informare e affrontare le problematiche dei bambini e degli adolescenti con tumore, della popolazione dei lungo sopravviventi e delle loro famiglie. «Ogni anno – ha ricordato il ministro della Salute Speranza - 400.000 bambini nel mondo ricevono una diagnosi di cancro. In Italia abbiamo centri di eccellenza e si riesce a guarire nell’80% dei casi. Dobbiamo investire in ricerca e migliorare ancora la capacità di assistenza».
Una sfida complessa su cui si lavora pancia a terra e per cui gli stessi ricercatori chiedono risorse ma anche politiche sanitarie lungimiranti.
La prima applicazione delle terapie geniche Car-T riguarda l’oncoematologia ma oggi si guarda – come detto - anche ai tumori solidi. «Parliamo di nuovi Car, recettori chimerici antigenici, in grado di controllare il carcinoma di polmone, pancreas, colon e dei tumori cerebrali», spiega Concetta Quintarelli, coordinatrice del working group Immunologia di Alleanza contro il cancro, la rete oncologica nazionale del ministero presieduta da Ruggero De Maria - il cui focus sui tumori solidi è coordinato da Franco Locatelli, pioniere in fatto di Car-T pediatriche - e responsabile della Terapia genica dei tumori al Bambino Gesù di Roma, dove è basato il gruppo di lavoro.
«Nell’ultimo anno il Bambino Gesù si è concentrato nello sviluppo di quello che può essere definito un "point of care" – spiega Quintarelli -: abbiamo ottenuto le prove di capacità di produzione di un farmaco Car T direttamente all’interno del ciclo clinico del paziente stesso, utilizzando uno strumento di alta automazione. Strumento che al momento dev’essere impiegato in impianti autorizzati per la produzione di farmaci - capace di partire dall’aferesi del paziente stesso - e con un intervento dell’operatore ridotto al minimo è in grado nell’ambito di una propria camera di produzione di modificare geneticamente queste cellule. Dopo 14 giorni si ottiene il prodotto finito per l’infusione. Quindi rispetto alla prassi tradizionale cambia il processo di produzione: se anche il nostro Irccs tre anni fa era partito con un trial a produzione tutta manuale, quindi con maggiore manipolazione prima di ottenere il prodotto definitivo, oggi questo studio pilota sta a dimostrare che gli strumenti automatizzati semplificano a tal punto che anche altri ospedali potrebbero attrezzarsi su questo processo», afferma Quintarelli. Ovvio che tutti gli ambienti e le produzioni devono essere stati autorizzati da Aifa, «ma questa semplificazione – avvisa la scienziata – va a vantaggio della creazione di una rete nazionale di produzione delle Car-T».
Il nodo sostenibilità e rimborsi. Rete la cui ricerca, che fa capo ad Alleanza contro il cancro, è stata sovvenzionata nel 2019 con 10 milioni di finanziamento biennale autorizzato dal Parlamento. Il progetto, coordinato da Franco Locatelli (oggi anche coordinatore del Cts sul Covid), è stato prorogato a fine 2022 anche per i rallentamenti dovuti alla pandemia. Altre risorse arrivano dal ministero della Salute e dall’Airc, ma il nodo sostenibilità rischia di tarpare le ali allo sviluppo di queste terapie tarate sul singolo paziente e capaci di ottimi risultati, fino alla remissione completa di malattie arrivate a stadi molto avanzati. In Italia manca ancora un Drg per le Car-T e gli stessi – pochissimi e destinati solo a linfomi, leucemie linfoblastiche acute e mieloma multiplo - prodotti commerciali autorizzati nell’ambito della oncoematologia, con il progredire delle tecnologie e della ricerca rischiano di restare ingabbiati nei criteri stretti che hanno portato all’autorizzazione alla commercializzazione. «Nel pubblico le officine – spiega ancora Quintarelli – sono tutte a carico degli enti accademici e dei soggetti finanziatori – e questo limita tantissimo la possibilità di arruolare e curare pazienti e di ampliare il network dei centri. Il modello cui tendere è la Spagna, che ha deciso di rimborsare i trattamenti nell’ambito del servizio sanitario». Una prospettiva che anche in Italia sarebbe resa più sostenibile proprio dall’abbattimento dei costi consentito dalla semplificazione delle procedure. E che è più che giustificata dall’efficacia attuale di queste terapie ingegnerizzate e dalle loro potenzialità a breve. Ma tutto questo potrà essere possibile solo se opportunamente inquadrato dal punto di vista regolatorio e autorizzativo.
I target: trattamenti anticipati e tumori solidi. Sempre nell’area oncoematologica pediatrica, si punta non solo a snellire i processi ma anche ad anticipare i trattamenti, «anche in prima ricaduta e prima del trapianto, quando il paziente è in condizioni migliori e offre quindi maggiore capacità di risposta», afferma Quintarelli. Poi c’è la sfida cruciale dei tumori solidi: «All’Opbg abbiamo completato uno studio di fase 2 sul neuroblastoma che ha arruolato 28 pazienti ad alto rischio e, visti gli ottimi risultati ottenuti con l’80% che ha dato una risposta da completa a parziale e un mantenimento della risposta pari al 40% a due anni dal trattamento, abbiamo esteso anche ai sarcomi, che in alta percentuale esprimono lo stesso antigene target dei neuroblastomi», spiega la ricercatrice. Che aggiunge: «Entro il primo semestre dell’anno ci aspettiamo di poter partire con un nuovo studio clinico nella struttura di Neuro-Oncologia pediatrica della dottoressa Mastronuzzi (Bambino Gesù), su cui a breve attendiamo il via libera Aifa, sui tumori cerebrali pediatrici e in giovani adulti fino a 25 anni». La prospettiva è di estendere il prodotto agli adulti utilizzandolo anche nel contesto dei melanomi metastatici e nei sarcomi degli adulti, tramite collaborazioni con diversi centri in Italia.
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