Medicina e ricerca

Immunoterapia: possibile estendere l'utilizzo delle Car-t dalle leucemie ai tumori solidi

di Alessandra Ferretti

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Uno studio che estende l’approccio di utilizzo delle CAR-T, già destinate al trattamento delle leucemie, anche ai tumori solidi, in particolare al glioblastoma, neoplasia altamente maligna che ancora necessita di cure efficaci. La ricerca di laboratorio, appena pubblicata sulla rivista del gruppo Nature, npj Precision Oncology, sotto il tiolo “GD2 CAR T cells against human glioblastoma” (M. Prapa, C. Chiavelli, G. Golinelli et al., npj Precis. Onc. 5, 93 (2021) https://doi.org/10.1038/s41698-021-00233-9), è stata promossa dall'Università di Modena e Reggio e sviluppata dal gruppo di Massimo Dominici, Direttore della Struttura Complessa di Oncologia medica dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena, con Giacomo Pavesi, Direttore della Struttura Complessa di Neurochirurgia nella stessa azienda, entrambi docenti di UniMoRe, insieme ad un gruppo di lavoro che coinvolge altri centri in Italia.
Le cellule CAR-T sono una terapia cellulare e genica che prevede il prelievo nel paziente dei linfociti T ovvero gli artefici della risposta immunitaria contro i tumori, i quali, portati in laboratorio, vengono modificati e resi capaci di riconoscere target specifici sulle cellule tumorali, per poi essere reinfusi nel paziente. "Fino ad oggi le CAR-T sono state considerate non così efficaci nel combattere i tumori solidi – spiega il prof. Dominici -, ma lo studio pubblicato ha rovesciato le carte in tavola. Utilizzarle nei tumori solidi come ad esempio il glioblastoma che stiamo studiando è come fornire una chiave ai linfociti che trovano la giusta serratura sul tumore: inserita la chiave col CAR-T, il linfocita si attiva e uccide le cellule che esprimono quello specifico target. La stessa tecnologia è in fase di studio nei nostri laboratori per il carcinoma del polmone a piccole cellule e il melanoma. Ed ecco perché questo studio pre-clinico lo consideriamo una spinta verso il mondo clinico”.
Per lo studio, i pazienti colpiti da glioblastoma hanno donato sia le cellule tumorali che i linfociti. I ricercatori hanno isolato cellule di glioblastoma da loro derivate scoprendo un'elevata espressione dell'antigene GD2, quale bersaglio per la strategia CAR-T. I dati hanno poi evidenziato un robusto potenziale antitumorale del CAR in modelli di glioblastoma in vitro ed in bioreattori che mimano la crescita del tumore in 3D, associato ad un aumento significativo delle citochine anti-cancro una volta che i CAR-T sono stati attivati contro il glioblastoma.
Lo stesso studio dimostra come molecole immunosoppressive (come il TGF) potenzialmente in grado in annullare la risposta CAR-T non interferiscono con la risposa anti-cancro. Come precisa ancora il prof. Dominici, "le cellule di glioblastoma umano hanno ricreato le caratteristiche della malattia una volta impiantate nei modelli animali, consentendo i trattamenti. Considerando i dati ancora contrastanti sulla via di somministrazione per il targeting dei tumori cerebrali, le iniezioni di CAR-T intracerebrali sono state confrontate con quelle endovenose. È emerso che la via intracerebrale ha aumentato significativamente la durata del tempo di sopravvivenza in modo dose-dipendente, senza effetti collaterali".
I centri che hanno partecipato allo studio sono l’ICGEB di Trieste, l’Università di Verona ed il Tecnopolo Mario Veronesi di Mirandola, grazie a finanziamenti dell’Associazione a Sostegno Ematologia e Oncologia Pediatrica (ASEOP) di Modena, della Diana Laneri Post-Doctoral Fellowship e del Progetto Dipartimenti Eccellenti MIUR 2017 di UniMoRe.


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