Medicina e ricerca
Covid/ Cardiologia: durante la pandemia le procedure salvavita ridotte del 20%
di Giuseppe Tarantini *
24 Esclusivo per Sanità24
Le malattie cardio-vascolari continuano a essere la prima causa di morte in Italia, anche in tempo di Covid-19. Sono 7,5 milioni i pazienti afflitti da patologie al cuore nel nostro Paese. Il bilancio presentato al Thinkheart 2021, il convegno che dedichiamo ogni anno all'analisi dei dati di cardiologia diagnostica e interventistica, racconta di una riduzione di attività del 20% per i laboratori di Emodinamica italiani nel 2020. Tra paura del contagio, riconversione dei reparti e blocco delle attività programmate, a inizio pandemia abbiamo avuto una contrazione del 72% per la sostituzione valvolare aortica transcatetere, dell'80% per la clip mitralica, del 91% per la chiusura dell'auricola sinistra e del 97% per quella del forame ovale pervio. I dati dello scorso anno mostrano un trend negativo in regioni come il Molise (-53%), la Calabria (-32%) e le Marche (-30%). Ma la tendenza è particolarmente significativa in Lombardia (-23%), Campania (-20%) e Sicilia (-26%), perché parametrata al numero di Emodinamiche presenti e al volume di lavoro abituale.
Nello specifico, le angioplastiche sono crollate del 20%, con un dato analogo anche per procedure strutturali come TAVI, mitraclip e chiusure percutanea di DIA (difetto interatriale) o di PFO (forame ovale pervio). Abbiamo recuperato il possibile, facendo sforzi incredibili, ma non basta: ancora oggi, per un intervento programmato di angioplastica coronarica, sul quale l'attesa media nazionale si attesta intorno ai 20/25 giorni, si attendono mesi, con prospettive prognostiche drammatiche e spesso tragiche. Dobbiamo dunque abbattere le liste d'attesa e rimodulare il rapporto con il territorio, su cui si è spostata la presa in carico del paziente cardiovascolare nell'ultimo anno.
La Telemedicina deve entrare nel Recovery Fund anche nel nostro ambito. Occorre dunque un Piano Cardiologico di ripartenza nazionale, che preveda una riorganizzazione del rapporto Ospedale-Territorio, per gestire tempestivamente e in maniera appropriata le patologie coronariche e strutturali cardiache. Dobbiamo individuare i pazienti più a rischio, rivedere i criteri di priorità nell'accesso alle cure, investire su tecnologie, innovazione e opzioni diagnostico-terapeutiche non invasive, quelle che permettono di riportare a casa il paziente, in condizioni migliori e tempi più brevi. C'è un sottodimensionamento rispetto al bisogno di salute della popolazione, soprattutto quella anziana e fragile, già così duramente colpita dall'epidemia. Prevenzione è diventata parola impronunciabile. Adesso è il momento di fare rete, attivare un cross-talk Ospedale-Territorio, facendoli dialogare attraverso la cartella sanitaria unica informatica. Solo grazie a un efficiente flusso informativo potremo infatti intervenire in maniera tempestiva sulle problematiche di salute cardiovascolare delle persone, che siano o meno in lista d'attesa per una procedura interventistica.
Il Piano Cardiologico di ripartenza nazionale deve inoltre considerare la maggiore sicurezza ed efficacia dell'approccio percutaneo rispetto a interventi che richiedono intubazione e che presentano un rischio maggiore di complicanze e deve classificare come indifferibili le procedure su patologie strutturali cardiache, come il trattamento della stenosi aortica severa, del rigurgito mitralico e la chiusura di auricola sinistra. Esistono le tecnologie, esistono le risorse, esiste la possibilità di salvare vite. Mutuando le parole dal titolo del Thinkheart 2021, dobbiamo solo connecting the dots, collegare i punti. Ne emergerà il ritratto della salute. Quella del cuore dell'Italia.
*Presidente del GISE, Società Italiana di Cardiologia Interventistica
Direttore Emodinamica e Cardiologia Interventistica presso l'Azienda ospedaliera Università di Padova
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