Medicina e ricerca
Tumore al pancreas, una cura efficace passa anche per la nutrizione
di Alessandra Ferretti
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Minore ospedalizzazione, migliore qualità di vita, riduzione delle complicanze chirurgiche, maggiore capacità di sopportare le terapie ed eventualmente possibilità di intervenire con trattamenti più aggressivi. Sono alcuni dei risultati che si possono raggiungere su pazienti affetti da tumore del pancreas grazie all'integrazione tra la presa in carico da parte dell'oncologo e l'adesione ad un percorso nutrizionale da intraprendere sin dal momento della diagnosi. Se ne è parlato nel corso del webinar dal titolo "La gestione nutrizionale del paziente con neoplasia pancreatica: dalla pratica clinica alla creazione di un Nutritional Oncology Board", per la direzione scientifica di Massimo Dominici, direttore della Struttura Complessa di Oncologia dell'Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena e professore all'Università degli di Studi di Modena e Reggio Emilia.
Il tumore del pancreas rimane una patologia molto aggressiva, che in Italia conta circa 14mila nuove diagnosi all'anno, pari al 4% delle diagnosi oncologiche complessive del paese. Ad oggi i trattamenti farmacologici convenzionali non hanno migliorato la prognosi di questi pazienti, che è ancora caratterizzata da un'aspettativa di vita inferiore ai 12 mesi e da una sopravvivenza dei malati dell'8% a cinque anni dalla diagnosi.
All'Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena la valorizzazione del supporto nutrizionale è entrata nella pratica clinica ormai da una decina d'anni e sta dando ottimi risultati anche su pazienti complessi e in fase avanzata di malattia. "Il paziente oncologico soffre spesso di una sorta di anoressia, la cosiddetta 'cachessia' - spiega Dominici -. Nel caso della neoplasia pancreatica questo deficit si presenta quasi sempre (80% dei casi) al momento della diagnosi e di solito va peggiorando con l'avanzare della malattia o anche a seguito dell'intervento chirurgico, per via dell'insufficienza pancreatica che ne consegue".
Qualora il paziente si presenti con un adeguato stato nutrizionale preoperatorio invece che in una situazione di malnutrizione, la letteratura scientifica indica un dimezzamento dei tempi di degenza. La stessa correlazione è dimostrata per un dimezzamento del rischio di interruzione della chemioterapia adiuvante ovvero preventiva dopo l'intervento chirurgico, così come anche nelle fasi di malattia metastatica, al di là di una riduzione delle tossicità della chemioterapia, comunque meglio tollerata, e per un miglioramento della sopravvivenza.
Federica Bertolini, oncologa presso il Day Hospital Oncologico coordinato da Gabriele Luppi, riferisce: "Qui a Modena è stata inserita nel percorso diagnostico terapeutico di oncologia cervico-facciale la prassi di affiancare alla figura dell'oncologo quelle altrettanto specializzate del nutrizionista, del dietista e dell'endocrinologo, con percorsi dedicati ai pazienti oncologici fin dalla diagnosi, quando questa lo richiede, in modo continuativo. Oltre alle neoplasie gastro-intestinali, tra cui appunto il tumore del pancreas, lo prevediamo anche per quelle del testa-collo e del polmone, che insieme al primo restano tra i tumori maggiormente aggressivi e più esposti a situazioni di cachessia e malnutrizione del paziente. Con questo lavoro di équipe tra oncologia e nutrizione clinica la valorizzazione nutrizionale è diventata prassi nella nostra pratica clinica. Questo grazie anche a Renata Menozzi e al team della Struttura di Malattie del Metabolismo e Nutrizione clinica da lei coordinato e composto da 5 medici e 10 dietisti tra i quali Filippo Valoriani, relatore nel webinar".
"Recenti dati pubblicati confermano l'associazione tra somministrazione di enzimi pancreatici e qualità di vita - riferisce Andrea Spallanzani, oncologo presso il Day Hospital Oncologico -. Ovviare in parte all'insufficienza pancreatica permette infatti di ridurre i sintomi che da essa derivano, che nel lungo periodo si traducono in migliore qualità di vita, quindi maggiore efficacia dei trattamenti, dunque migliore sopravvivenza".
La gestione nutrizionale del paziente con neoplasia pancreatica si colloca in un progetto più ampio in cui l'Azienda Ospedaliero – Universitaria include anche studi sul microambiente del tumore ("Progetto Stop") e sulla terapia genica.
"Stiamo circondando il tumore del pancreas da tanti punti vista - precisa Dominici - . Il Progetto Stop è uno studio preclinico, appena finanziato dall'Associazione Lotta al Tumore al Pancreas Nastro Viola, sullo stroma pancreatico (un tessuto molto ricco di elementi fibrotici che rende difficile la diffusione e quindi l'efficacia dei farmaci, ndr), che col nostro gruppo di ricerca dell'Università di Modena e Reggio Emilia stiamo studiando nella sua veste di "scudo protettivo" nei confronti del tumore stesso. L'obiettivo è identificare dei target che potranno poi essere bersagliati con terapie molecolari mirate, come quella genica, ad esempio, oppure farmaci in grado di potenziarne l'approccio".
Prosegue Dominici: "La terapia genica è invece un progetto nato quindici anni fa e volto alla modifica delle cellule del grasso ottenute del paziente stesso, al fine di far loro produrre molecole anti-cancro. Essendo i malati di neoplasia pancreatica, appunto, cachettici, abbiamo messo a punto una tecnologia che, partendo da 1 grammo di tessuto adiposo, consente di ottenere dal paziente oltre 2 miliardi di cellule in poche settimane di manipolazione. In pratica ci basiamo su quel poco grasso che questi pazienti hanno e lo facciamo diventare una cura".
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