Medicina e ricerca
Tumori, il Covid non ferma la ricerca sui super farmaci Car-T
di Barbara Gobbi (da Il Sole-24Ore)
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Il coronavirus non ferma le Car-T – l’ultima frontiera delle terapie innovative in oncologia - né sul fronte della ricerca pubblica né su quello dell’industria. L’immunoterapia Antigen Receptor T-Cells (Car-T) che al momento dà speranza di guarigione dal 35% al 50% dei malati gravissimi di linfoma e di leucemia, è tra i temi del Life Sciences Pharma & Biotech Summit organizzato oggi dal Sole-24Ore. Un pianeta in fermento: in ambito Car-T è operativo da fine 2019 - prescritto dal Parlamento e coordinato da Alleanza contro il cancro – un network di ricerca cui la manovra 2019 ha destinato 10 milioni in due anni, già in via di erogazione agli Irccs oncologici e ai centri esperti. Due le finalità: diffondere l’expertise sul territorio nazionale ed espandere la ricerca. In fase di avvio è stata coinvolta solo la biotech MolMed, ma il panorama si amplia. «A una nostra manifestazione d’interesse hanno già risposto nove imprese ed entro un mese avremo il quadro completo - annuncia il Dg della Ricerca del ministero della Salute, Giovanni Leonardi -. Ovviamente non è in discussione la proprietà intellettuale, la collaborazione avverrà nell’ambito dei rispettivi ruoli». Corre parallelo il progetto per sei cell factories di produzione delle Car-T (60 milioni), varato in Conferenza Stato-Regioni a giugno 2019 ma in attesa dei criteri Aifa cui le Regioni dovranno attenersi. «Questi due percorsi sono idealmente legati – precisa Leonardi -: un’officina ha senso solo laddove c’è una expertise sulle Car-T». «Non ci sono preclusioni – aggiunge il Dg della Programmazione del ministero, Andrea Urbani -: i centri possono lavorare con i privati facendo ricerca, produrre e fare co-marketing, produrre su licenza o sviluppare insieme marchi e brevetti».
Intanto, il privato gioca una partita cruciale. «Novartis ha interesse a collaborare a partnership in cui sostenere un progetto senza impattare sul patent», avvisa Paola di Matteo, Medical Head Cell and Gene Therapy, Novartis Oncology Italia. Che sottolinea: «I centri accademici hanno notevoli potenzialità nella ricerca e nella pre clinica, ma quando bisogna "scalare", l’industria fa la differenza». La multinazionale svizzera ad agosto 2019 ha ottenuto per prima da Aifa in Italia (seguita da Gilead) la rimborsabilità con "pagamento a risultato" della Car-T Kymriah, destinata a pazienti che hanno esaurito le altre opzioni di cura: adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B e a bambini e ragazzi fino a 25 anni con leucemia linfoblastica acuta a cellule B. «La nostra piattaforma WelCare partita a maggio con i tre centri pilota sulla terapia e cioè Istituto nazionale tumori, Humanitas e San Raffaele – spiega Di Matteo – mira ora a creare un network hub&spoke, un ambulatorio virtuale dove i medici possano chiedere pareri e consulti e dove i pazienti possano fare un primo screening o teleconsulti, essere video-visitati, condividere analisi». I dati clinici inseriti nella piattaforma sono criptati, resi anonimi e strutturati per essere usati anche a fini di ricerca.
«Ricerca che dall’accademia non può prescindere: si tratta di "curare più e curare meglio"», afferma l’oncoematologo Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica dell’Università di Milano Bicocca e direttore scientifico della Fondazione Tettamanti, tra i (pochissimi) pionieri nell’infusione di Kymriah in Italia. «Se non potenzi la ricerca pubblica non puoi essere attrattivo per le companies – spiega -. Ma soprattutto, la ricerca accademica deve dare risposte necessarie, come quella se le Car-T commerciali, che pure confermano nella clinica i dati positivi dei trial, siano un ponte verso il trapianto o potenzialmente sostitutive. L’accademia – aggiunge Biondi - amplia gli orizzonti: uno studio tutto pubblico appena uscito su The Journal of Clinical Investigation, sviluppato dalla Fondazione Tettamanti e coordinato dall’emato-oncologia pediatrica della Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (MBBM) con l’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha testato sicurezza ed efficacia della terapia con cellule Carcik in un gruppo di pazienti con leucemia linfoblastica acuta. Quasi l’86%, tra bambini e adulti, ha risposto al trattamento con una scomparsa completa del tumore».
A ottimizzare processi e risultati e a nuove scommesse anche i privati lavorano alacremente. «Entro fine 2022 prevediamo di portare la nostra Car-T JNJ-4528, che da aprile 2019 è "farmaco prioritario" Ema, ai pazienti italiani con mieloma multiplo recidivante o refrattario», spiega Loredana Bergamini, direttore medico Janssen Italia -. La popolazione potenziale è di 700-750 pazienti, anche se dati gli stringenti criteri di eligibilità non tutti saranno arruolabili». Saper individuare il paziente giusto al momento giusto è una delle chiavi di successo. «In futuro – prosegue Bergamini – il processo di accreditamento dei centri dovrà essere sempre più veloce, pratico e aperto. Per questo lavoriamo con le istituzioni, la comunità scientifica e i clinici. E ci impegniamo a collaborare a progetti e servizi che sostengano malati e familiari».
Le Car-T vanno infine stimate in ottica value-based. Lo spiega Alessandro Campana, advisor Vihtali e docente all’Università Cattolica: «A fronte di almeno 300mila euro a trattamento, vanno considerati sia l’esito clinico sia la capacità di queste terapie di abbattere la spesa in altre aree del sistema. Poi ci sono il "valore" personale - massimo visto che le Car-T oggi sono su misura - e quello sociale. E qui c’è da lavorare: i casi di studio oggi limitati, gli stringenti criteri di inclusione e la scarsa accessibilità pongono un rischio di iniquità».
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