Medicina e ricerca
Il diritto alla scienza è un diritto umano. Ad Addis Abeba focus sulle nuove regole Onu
di Marco Cappato * e Marco Perduca *
24 Esclusivo per Sanità24
"C'è un solo pianeta terra" è lo slogan utilizzato dalle piazze di Fridays for future sui cambiamenti climatici, ma che calza perfettamente anche per le conseguenze del coronavirus. Se il potere politico rimane essenzialmente nazionale, il fenomeno che è chiamato a governare è di natura globale, rendendo così ancora più evidente la necessità di rafforzare regole e misure operanti su scala sovranazionale, o anche semplicemente di dare concreta applicazione a regole che già esistono.
Il 25 e 26 febbraio si terrà ad Addis Abeba, in Etiopia, il Sesto Congresso mondiale per la libertà di ricerca scientifica, organizzato da Associazione Luca Coscioni, Science for Democracy e la Commissione Africana. All'ordine del giorno c'è la concreta applicazione di regole approvate dall'Onu oltre mezzo secolo fa, ma che sono sempre rimaste essenzialmente sulla carta.
Stiamo parlando di quello che i giuristi definiscono "diritto alla scienza", incluso nell'articolo 15 del Patto sui diritti economici sociali e culturali, che stabilisce sia il diritto per gli scienziati alle libertà indispensabile per la ricerca, come quello di condividere le scoperte, sia il diritto di ogni essere umano a godere dei risultati del progresso scientifico e delle sue applicazioni.
Considerare la scienza come un diritto umano fondamentale, al pari dei diritti umani "classici" come quello a non essere torturati o schiavizzati, avrebbe delle implicazioni enormi, se davvero rispettato.
Partiamo dall’esempio del nuovo coronavirus. Mentre l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarava la lotta alla malattia un’emergenza sanitaria globale, le migliaia di articoli e ricerche effettuate negli anni su virus simili potevano essere consultati dagli interessati (medici e cittadini) solo a pagamento. Ricerche spesso effettuate con fondi pubblici, ma non a disposizione del pubblico. Con settimane di ritardo rispetto all’inizio dell’epidemia e solo dopo che un gruppo di attivisti online aveva creato un archivio "pirata" aperto a tutti con più di 5000 articoli, i grandi editori commerciali, spinti dalla pressione internazionale, hanno quindi deciso di abbattere - limitatamente a questo tema - i muri che impedivano la libera diffusione degli studi fatti dagli scienziati di tutto il mondo.
Il "diritto alla scienza" riguarda anche le modalità attraverso le quali è condotta la sperimentazione -ad esempio per quanto riguarda la ricerca sugli embrioni, che in Italia è vietata, o la sperimentazione animale, in Italia limitata in modo tale da violare le regole dell'Unione europea - e le modalità attraverso le quali i cittadini di tutto il mondo possono accedere ai risultati della ricerca.
Ad oggi, sono soltanto alcune particolari malattie come la Tbc, la malaria o l'Hiv/Aids, quelle per le quali la comunità internazionale ha istituito fondi ai quali attingere affinché anche nelle aree più povere del mondo si possa essere curati con i farmaci più recenti. In generale, il diritto alla salute è fortemente dipendente dalle condizioni economiche individuali e dei sistemi sanitari nazionali. Se anche in futuro si mettesse a punto un vaccino per il coronavirus, la reale accessibilità del vaccino dipenderebbe essenzialmente dalle decisioni degli Stati nazionali.
Le diseguaglianze nell'accesso al diritto alla salute, se fino ad oggi sono state considerate un grave problema da affrontare con gradualità, per il futuro pongono una questione che riguarda l'unitarietà stessa della specie umana. Di fronte alla prospettiva di miglioramento genetico di precisione (cosiddetto genome editing, attraverso le tecniche come CRISPR o prime editing), le attuali disuguaglianze potrebbero trasformarsi in qualcosa di ereditario, minando alla base le premesse stesse di uguaglianza almeno del punto di partenza di tutti i cittadini, sulle quali si fonda il diritto umanitario internazionale e le democrazie liberali.
La questione dunque del "diritto a godere dei benefici del progresso scientifico e delle sue applicazioni" acquista una nuova centralità politica, e riguarda anche altri temi come il miglioramento genetico delle piante -a fronte delle conseguenze del cambiamento climatico- o l'intelligenza artificiale, destinata a sconvolgere le possibilità di accesso alla conoscenza o l’elaborazione e la raccolta di dati pubblici o sensibili. Le stesse istituzioni internazionali ne stanno facendo un elemento perno delle loro attività: l'Unesco lancerà a maggio una campagna di monitoraggio sul rispetto del diritto umano alla scienza nei singoli Paesi, con particolare attenzione ai casi di violazione alla libertà dei ricercatori.
L'Africa è il continente decisivo per le sfide poste dal diritto alla scienza, essendo l'unico continente in crescita demografica e robusta crescita economica. Restando sull'esempio del coronavirus, l'Africa è anche l'unico continente dal quale non arrivano informazioni chiare e affidabili, e che a detta di molti non sarebbe strutturalmente preparato a gestire una eventuale diffusione del virus, e che maggiormente ha sofferto in passato per l’impossibilità di avere a disposizione informazioni scientifiche accurate su questioni di salute pubblica (e non solo): nel 2015, durante l’ultima epidemia di Ebola, le autorità sanitarie liberiane avevano espresso tutta la loro frustrazione in un editoriale pubblicato sul New York Times per l’impossibilità, da parte del personale medico locale, ad avere accesso alla letteratura scientifica necessaria a documentarsi. L’accesso a un singolo articolo costava - allora come oggi - circa 45$: la metà del salario settimanale di un medico liberiano.
Ecco l'importanza di tenere proprio presso la sede dell'Unione Africana a Addis Abeba un Congresso sul diritto alla scienza, che sarà anche il primo evento internazionale di commento al documento con il quale le Nazioni Unite stanno per creare un meccanismo obbligatorio di rendicontazione sul tema. In pratica, ciò significa che in futuro ogni Stato membro dell'Onu sarà obbligato a riportare pubblicamente i propri avanzamenti non solo nel rispetto dei diritto umani di prima generazione, che partono dal corpo e dall'integrità fisica delle persone, ma anche su una nuova generazione di diritti umani basata sulla conoscenza, sulla sua creazione e diffusione, nonché sul diritto a beneficiare delle applicazioni pratiche.
Per l'Italia e per l'Europa si tratta in particolare di un'occasione storica anche per relazionarsi con il continente africano non più sotto l'aspetto esclusivo del contenimento dei flussi migratori, ma per la promozione di relazioni basate sull'innovazione e la libera circolazione del sapere.
* Associazione Luca Coscioni - Science for Democracy
© RIPRODUZIONE RISERVATA