Medicina e ricerca
Tumore al colon: parte una "Callo to Action" per l'adesione agli screening
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Parte oggi da Roma la "Call to Action" alle istituzioni sanitarie e a tutti i portatori di interesse sull'importanza della prevenzione e dell'adesione agli screening per battere il cancro del colon e salvare vite. L'iniziativa è stata lanciata da EuropaColon Italia - neonata associazione di medici e pazienti e affiliata nazionale di Dice (Digestive Cancer Europe) presente a livello Europeo da circa 14 anni - nell'ambito del forum istituzionale promosso al Senato, 'ColOn Action! La prevenzione del tumore al colon-retto non può aspettare!'
Nel 2018 il tumore del colon-retto ha colpito 1,8 milioni di persone nel mondo, occupando il terzo posto per incidenza dopo il tumore del polmone e del seno . In Europa costituisce la seconda causa di morte e nel 2017 sono state circa 370.000 le nuove diagnosi e più di 170.000 i decessi. Anche in Italia occupa il secondo posto tra i big killer oncologici (tumore al polmone, al seno e alla prostata); solo nel 2018 sono state 51.300 le persone che hanno ricevuto una diagnosi: 28.800 nuovi casi tra gli uomini e 22.500 tra le donne .
«ColOn Action! è una richiesta di attenzione e di aiuto alle istituzioni nazionali e comunitarie sulla necessità di fare un passo avanti deciso nella lotta contro il cancro del colon-retto, grazie ad una maggiore adesione ai programmi di screening, che sono offerti gratuitamente dal nostro Ssn - afferma Roberto Persiani, presidente di EuropaColon Italia -. Nell'ottica della sostenibilità del nostro sistema socio-sanitario, saranno inoltre necessari una compiuta implementazione di Pdta e Tumor Board dedicati alla presa in carico dei pazienti e il riconoscimento di centri specializzati per garantire equità, appropriatezza, precisione e qualità delle cure».
L'iniziativa, cui hanno aderito medici, ricercatori, pazienti e rappresentanti delle istituzioni nasce in collaborazione con l'Osservatorio mazionale screening e il Gruppo italiano screening colorettale (GISCoR) con il contributo non condizionante di Johnson& Johnson Medical.
«Il tumore del colon-retto è una neoplasia ad elevata incidenza contro la quale abbiamo però armi potenti - ha sottolineato Maria Domenica Castellone, membro della XII Commissione Igiene e sanità del Senato –. Aderisco alla Call to Action di EuropaColon augurandomi che la futura messa a sistema dei Registri Tumori possa fornire dati epidemiologici sempre più precisi proprio per avere un quadro esaustivo della situazione e decidere quali azioni concrete intraprendere. La cultura della prevenzione primaria e secondaria deve far parte degli obiettivi fondamentali del nostro Paese».
Il tumore del colon-retto può essere facilmente prevenuto ed efficacemente curato se individuato in stadio precoce e lo screening è in grado di cambiare sensibilmente la prognosi di questa patologia. La maggioranza dei tumori del colon-retto originano infatti da lesioni precancerose, i cosiddetti polipi: individuare queste lesioni prima che possano evolvere in forme maligne o asportarle quando sono già trasformate ma ancora in fase iniziale è l'obiettivo primario dello screening. La persona che riceve la diagnosi di un tumore allo stato iniziale ha, infatti, il 90% di possibilità di sopravvivere alla malattia.
«Complessivamente in l'Italia viene invitato ad eseguire lo screening il 76% della popolazione target con un'adesione al 42% - ha aggiunto Claudio D'Amario della Direzione generale della Prevenzione sanitaria del ministero della Salute - tuttavia questo risultato insoddisfacente è soprattutto dovuto alla inadempienza delle regioni meridionali che invitano neanche il 45% della propria popolazione che, d'altra parte, aderisce per meno del 30%. Ciò a fronte di una copertura degli inviti che è del 95-96% al nord e al centro con una risposta di adesione che al nord è del 50% (standard di qualità accettabile secondo le line-guida europee)».
Proprio a causa della scarsa adesione agli screening, l'87% dei pazienti in Europa è diagnosticato quando il tumore è già al II° e al III° stadio e solo il 13% dei pazienti europei riceve la diagnosi al I° stadio contro il 20% di quelli italiani. Un incremento dal 13 al 50% di diagnosi di tumore al I° stadio si tradurrebbe in 130mila vite salvate ogni anno e in un sensibile aumento del numero dei pazienti con un'aspettativa di sopravvivenza al 90%.
Come rileva Marco Zappa, direttore Osservatorio nazionale screening (Ons), «al fine di ottenere risultati più efficaci in termini di prevenzione, è dunque necessario implementare la diffusione dei programmi regionali, migliorare l'informazione e ridurre i tempi di attesa per l'esecuzione degli esami diagnostici successivi. La mancata copertura totale trova la sua ragion d'essere per una differente velocità delle regioni meridionali nell'implementazione e nella diffusione del programma: la Puglia lo ha attivato solo nel 2019, e in Calabria, Campania e Sardegna la copertura non supera il 50%». Secondo Passi-Epicentro, il tasso di adesione è del 69% in Nord Italia, del 35% al Centro e solo del 26% al Sud.
Oltre al prezioso contributo nel salvare vite, i benefici dello screening in termini di aumento delle diagnosi precoci sono tangibili nel percorso terapeutico e sotto il profilo economico, traducendosi - grazie anche al ricorso alla chirurgia laparoscopica - in un numero minore di interventi chirurgici invasivi e quindi in una sensibile riduzione del tempo di degenza, con evidenti ricadute positive sull'economia dei sistemi sanitari. È stato infatti calcolato che l'aumento delle diagnosi precoci ottenute dal raggiungimento degli obiettivi dei programmi in Europa potrebbe generare risparmi per le economie nazionali dell'ordine dei 3 miliardi di euro.
«Il raggiungimento della completa copertura della popolazione con programmi organizzati di screening e il consolidamento dei programmi già attivi - afferma Carlo Senore, Presidente Gruppo Italiano Screening Colorettale (GISCoR) – rappresenta un obiettivo prioritario per garantire a tutti i cittadini l'accesso a un intervento che permette di ridurre sensibilmente il carico di malattia».
Tuttavia, nonostante le reiterate raccomandazioni emanate dal 2003 dal Consiglio dei Ministri della Salute europei, secondo le quali tutti i cittadini tra i 50 e 74 anni d'età - e a partire dai 40 anni se si ha familiarità di primo grado con la malattia - dovrebbero partecipare ai programmi organizzati di screening colorettale, nella UE la partecipazione continua a rimanere scarsa, con un'adesione solo del 14% della popolazione: l'obiettivo di una copertura del 65% appare ancora molto lontano1. Il problema non è solo l'adesione, ma anche la copertura dei programmi, che sono implementati solo in Slovenia, Irlanda e Francia, stanno partendo ora in altri 7 Stati membri, mentre in 5 sono ancora del tutto assenti. In 13 paesi (tra cui l'Italia) sono organizzati a livello regionale, con differenze da regione a regione nella modalità e nella popolazione target. A riprova dell'efficacia di uno screening che copra tutto il territorio nazionale il dato della Slovenia è illuminante: la percentuale di diagnosi di tumori al I° stadio è salita dal 13 al 48%.
«Gli aspetti organizzativi sono estremamente importanti al fine di migliorare la qualità della presa in carico e cura dei pazienti - puntualizza Roberto Persiani. In questa prospettiva anche promuovere il lavoro dei centri specializzati e metterli a sistema sarà di estremo aiuto per garantire le cure migliori e meno invasive come la chirurgia laparoscopica, che rappresenta oggi uno strumento d'elezione per la qualità e la precisione dei trattamenti e per la sostenibilità del sistema salute».
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