Medicina e ricerca
Invecchiamento, la vera malattia da curare è la mancata gestione del fenomeno
di Roberto Bernabei *
24 Esclusivo per Sanità24
Quest’anno agli Stati Generali delle cure a lungo termine (Long-Term Care THREE) – che si stanno svolgendo come sempre al ministero della Salute – speriamo di colpire la platea con una “non-notizia”. La transizione demografica mi ricorda infatti, ma alla rovescia, l’immagine dell’albero che cade e della foresta che cresce: la diminuzione e il contemporaneo invecchiamento della popolazione italiana sono fenomeni devastanti, come un’intera foresta che collassa, ma che forse non fa abbastanza rumore. Tant’è che l’allarme su questi processi sembra non riguardare da vicino né le persone comuni né i nostri governanti, che del problema si sono sempre interessati poco. Perciò in questi giorni, al ministero, stiamo comunicando semplici dati di fatto: le proiezioni realizzate dall’Istat per Italia Longeva, che delineano con neutralità, e altrettanta certezza, quale sarà la “fotografia” dell’Italia che potremo scattare fra poco più di una decina d’anni. È ovvio che non mi aspetto di sconvolgere, ma di far pensare. E auspico che alla luce di questi dati certi, qualche politico o qualche decisore si accorga che la mancata gestione del tema dell’invecchiamento è la vera malattia del nostro Paese; e che occuparsi di fiscalità, di lavoro o di sanità, trascurando la questione della transizione demografica, è come combattere la polmonite con gli antipiretici, fingendo che si tratti di una semplice febbre.
Ma veniamo ai dati. Il più importante fenomeno a cui stiamo assistendo è che la popolazione italiana diminuisce. Negli ultimi 100 anni è sempre cresciuta, con un picco di quasi 61 milioni di residenti nel 2015. Ebbene nei prossimi 30 anni ci sarà un’inversione di tendenza, e nel 2050 saremo due milioni e mezzo in meno: come se Roma sparisse. Al contempo gli "over 65", oggi un quarto della popolazione, nel 2050 saranno più di un terzo, pari a 20 milioni, e di questi oltre 4 milioni avranno più di 85 anni.
Nel 2030, 8 milioni di anziani avranno almeno una malattia cronica grave: un’epidemia di ipertensione, diabete, demenza, malattie cardiovascolari e respiratorie. Pensare di curare tutti in ospedale equivarrebbe a trasformare i primi 8 capoluoghi italiani in immensi nosocomi. Una follia, che comunque sarà evenienza ineludibile se non ci saremo nel frattempo attrezzati con qualche alternativa, che sia un’assistenza territoriale potenziata o una nuova forma di sanità domiciliare. La soluzione, per me, continua a essere un mix di tecnologia e assistenza a domicilio, cioè una long-term care moderna e strutturata. Ma ovviamente quella di Italia Longeva è una semplice proposta di lavoro, che non a caso condividiamo ogni anno con quasi tutti gli attori della sanità italiana, affinché diventi oggetto di confronto e di studio comune.
Tornando alle proiezioni Istat, i problemi più concreti, se non altro perché più misurabili, riguarderanno previdenza e welfare. Oggi, mentre già ci lamentiamo di riforme pensionistiche ritenute inaccettabili, ci sono 35 anziani in età non lavorativa ogni 100 persone in età lavorativa, mentre nel 2050 il rapporto salirà a 63 ogni 100. Ebbene, ciò significa che se oggi tre lavoratori sostengono un anziano, domani per ogni anziano i lavoratori a disposizione saranno solo due. Pertanto anche i servizi socio-sanitari, che già oggi coprono solo un quarto del fabbisogno, dovranno essere integrati sempre più dal supporto di badanti, nuove forme di mutualità e probabilmente dal ritorno a uno spirito di comunità. Quest’ultimo rinvia a un principio di solidarietà senza il quale è difficile immaginare il futuro del Paese, giacché le diseguaglianze sono un nostro “marchio di fabbrica”.
Basti pensare che al nord un over-65 ha il triplo delle chance di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del sud e non a caso il divario fra nord e sud riguarda anche, tristemente, l’aspettativa di vita libera da disabilità, appannaggio quasi esclusivo degli anziani del settentrione. Discorso diverso invece in tema di assistenza domiciliare, che si caratterizza per un’offerta disomogenea nelle varie regioni che va oltre la disuguaglianza nord-sud.
Se a ciò si aggiunge che la disabilità interesserà fino a 5 milioni di anziani, e che il costo delle cure a lungo termine nel 2016 ha assorbito 15 miliardi di euro, un quinto dei quali pagati di tasca propria dalle famiglie, si capisce perché una riflessione radicale su questi temi, ma anche l’intervento della politica, sono ingredienti indefettibili. Ingredienti di una pozione ancora sconosciuta, ma davvero indispensabile per sanarci – paradossalmente – dagli effetti della longevità, che rischia di trovarci impreparati al punto da essere percepita, ingenuamente, come il più grave dei nostri problemi. Un esito, questo sì, davvero inquietante, che ci vedrebbe tutti, per incapacità e insipienza, non solo più poveri e più soli, ma soprattutto irrimediabilmente cinici. E quindi molto meno umani.
* presidente Italia Longeva
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