Medicina e ricerca
Terapie Car-T, Biondi (Fondazione Mbbm): «L'Accademia continui la ricerca di altre strade»
di Rosanna Magnano
24 Esclusivo per Sanità24
«Ben venga il riconoscimento del Chmp per il prodotto Novartis , di cui sono un entusiasta sostenitore, ma è importante che l’Accademia faccia sperimentazioni nuove per migliorare il profilo della sostenibilità economica e dell'accessibilità delle terapie Car-T». È questo l'auspicio di Andrea Biondi - Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca, Fondazione Monza e Brianza per il Bambino e la sua Mamma (Mbbm) – che fa il punto sugli impatti in Italia dell'approvazione della prima Car-T.
Qual è lo scenario di partenza?
Parliamo della leucemia linfoblastica acuta, il tumore pediatrico più frequente nel bambino e nell’adolescente fino a 18 anni, che in Italia colpisce circa 450 individui ogni anno. Oggi si può affermare che, con un grading legato all’età, circa l’80% di questa popolazione guarisce con le chemioterapie e quando si ripresenta la malattia, con il trapianto di midollo.
Quindi su quale target si potrà indirizzare la nuova terapia Car-T?
Si tratta di una nuova strategia terapeutica più che di un farmaco. Perché qui si parla di preparare un farmaco contro la tua malattia a partire dalle tue cellule. Strategia che è assolutamente innovativa e straordinaria perché per la prima volta abbiamo evidenza che il sistema immunitario, geneticamente manipolato, può rappresentare un’arma contro questa malattia. Monza è l’unico centro in Italia che ha arruolato bambini al trial registrativo di Novartis e ha in corso ben 4 bambini, adolescenti e giovani adulti che accederanno al trattamento nell’ambito del protocollo di studio. In questa fase iniziale per tutte quelle forme di malattia resistenti o refrattarie che non rispondendo alle terapie tradizionali, ad esempio ricadendo dopo il trapianto di midollo, dovendo cercare di ottenere un’altra remissione per proseguire a fare un secondo trapianto, è come se avessimo un’arma in più per una piccola quota di bambini e adolescenti. Bisogna però dire che questi sono trattamenti gravati anche di un’importante tossicità quindi saranno erogati solo in poche strutture. Per la complessità del trattamento e per le complicazioni. Quando un paziente inizia questa terapia, nella prima settimana può avere bisogno di essere trasferito in una rianimazione. Per gli effetti che la reazione immunologica induce nell’organismo. L’unico centro che in questo momento ha esperienza su questo prodotto è il centro di Monza.
E’ l’unica via per questi casi?
Bisogna dire che accanto a questo prodotto che auspicabilmente sarà registrato, sempre Monza e il Bambino Gesù di Roma stanno indagando e aprendo altre strade e hanno due protocolli aperti. Quindi ben venga il riconoscimento del Chmp per il prodotto Novartis, che comunque porrà seri problemi di sostenibilità economica. Ecco perché è importante che l’Accademia faccia sperimentazioni nuove.
Anche per avere più possibilità e una maggiore accessibilità?
Questo è un capitolo molto importante. Perché al di là della rimborsabilità, se si deve pensare a scenari in cui utilizzare questi farmaci più precocemente, quindi non solo nei casi senza altre chance di cura, è importante che si aprano anche altre strade. In questo senso il Centro Maria Letizia Verga a Monza e il Bambino Gesù di Roma sono le uniche due realtà d’Italia che stanno tentando vie innovative in questo campo.
Quali?
A Monza stiamo cercando di utilizzare un metodo non virale per inserire il gene del Car dentro la cellula, riducendo moltissimo i costi e le procedure di preparazione. I colleghi del Bambino Gesù stanno invece esplorando la possibilità di mettere dentro la cellula anche un gene che possa far suicidare la cellula che deve colpire il bersaglio, qualora questa cellula possa dare origine a dei problemi. Serve una sorta di interruttore che possa spegnere la terapia. E questo sarebbe un ulteriore aspetto innovativo. E poi a breve entro sei mesi ci saranno altri prodotti simili. Questa è la prima che viene approvata per la leucemia linfoblastica acuta, già approvata negli Usa come provisional. Il che significa che servono altri studi. E questa è la posizione che auspicherei. Servono altri studi per pensare che possano essere applicati ad altri ambiti. E queste terapie andranno comparate con gli anticorpi monoclonali già disponibili, che sono un’altra arma straordinaria che noi già abbiamo. E’ un filone che si apre, che abbiamo atteso da tempo, che ci auguriamo salverà vite in più, e che potrebbe essere applicato anche ad altri target.
Quindi serve un’attenta vigilanza post marketing?
Questo non sarà solo necessario, ma mandatorio. L’Aifa autorizzerà solo due centri in Italia, che hanno la capacità di gestire queste terapie.
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