Medicina e ricerca

Cardiologia interventistica, perché l'Italia «snobba» le tecniche mini-invasive percutanee

di Giuseppe Tarantini *

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24 Esclusivo per Sanità24

Oggi le tecniche mininvasive percutanee utilizzate dalla cardiologia interventistica sono considerate sicure ed efficaci, costituendo lo standard di cura in molti pazienti, come dimostrato da numerose evidenze scientifiche. Eppure nel nostro paese vengono utilizzate in misura decisamente inferiore che in altri Paesi europei.
L’Italia può vantare grande esperienza e professionalità nell'area della cardiologia interventistica, che si può definire di eccellenza. Ogni anno si effettuano circa 350.196 procedure diagnostiche tra cui coronografie, angiografie periferiche, cateterismo cardiaco destro e sinistro, 156.055 angioplastiche coronariche (di cui 36.876 in corso di infarto acuto), 16.569 angioplastiche periferiche, 2.092 valvoplastiche, 1.070 riparazioni percutanee di insufficienza valvolare mitralica, 3.848 chiusure percutanee di difetti cardiaci congeniti. E sono oltre 270 i centri di emodinamica presenti su tutto il territorio nazionale.
Tuttavia è ancora necessario lavorare per favorire un accesso più allargato alle metodiche percutanee mininvasive che, al momento nel nostro paese, sono ancora sottoutilizzate rispetto alla media degli altri paesi europei.

In Italia un terzo dei pazienti, circa un milione di persone, infatti non ha ancora accesso a queste procedure per la mancata applicazione delle raccomandazioni internazionali e per significative disparità territoriali legate alla frammentazione a livello regionale del Sistema sanitario nazionale, come è stato sottolineato alla terza edizione di “Think Heart with Gise”, l’appuntamento annuale organizzato dalla Società italiana di Cardiologia interventistica. Secondo i dati di attività della cardiologia interventistica italiana raccolti da Gise, emerge come in Italia l’approccio transcatetere abbia una diffusione più rallentata rispetto ad altri paesi europei (75 impianti in Italia per milioni di abitanti contro gli oltre 180 in Francia/Germania).
È possibile stimare, inoltre, che circa il 3,4% della popolazione con più di 75 anni sia affetto da stenosi aortica severa, ossia da un importante restringimento della valvola aortica. Il bacino potenziale di pazienti candidabili a Tavi, cioè alla sostituzione chirurgica della valvola aortica per via transcatetere, è di circa 32.000 individui classificati come inoperabili o ad alto rischio, e circa 15.500 pazienti a rischio intermedio; sono però solo 5.528 i pazienti effettivamente trattati. Un discorso simile vale per la riparazione transcatetere della valvola mitralica: si stima che in Italia il 10% della popolazione ultra 75enne sia affetto da insufficienza mitralica moderata o severa e che solo l’1,5% dei pazienti affetti venga trattato. Peraltro alcuni tipi di insufficienza mitralica, ad esempio nelle fasi tardive dell’infarto miocardico o dopo cardiomiopatie, non hanno una sicura indicazione chirurgica, ma solo percutanea.

Secondo i dati Gise, fino ad oggi in Italia hanno potuto beneficiare della riparazione percutanea della valvola mitralica più di 4.500 pazienti, di cui circa 900 nel 2017: si tratta però di un dato ancora molto basso rispetto ad altri paesi europei. L’auricola sinistra è invece una porzione dell’atrio sinistro in cui si forma il 90% dei trombi che possono mettere a rischio di ictus i pazienti con fibrillazione atriale non valvolare che non possono prendere anticoagulanti (40% circa). La chiusura dell’auricola in pazienti con controindicazioni ai farmaci classici permette di limitare questo pericolo, ma l’intervento mininvasivo, secondo i dati del Gise, in Italia nel 2017 è stato eseguito in 746 casi (12 per milione di abitanti). Questo dato corrisponde a 5,2 volte meno rispetto alla Germania, 4 volte meno rispetto alla Svizzera e 2,4 volte meno rispetto alla Danimarca. La FFR, infine, è un esame che permette di capire quando è davvero necessaria una rivascolarizzazione coronarica (ossia l’impianto di stent a livello coronarico), che viene però ancora poco utilizzato in Italia.

Le metodiche mininvasive percutanee rappresentano ormai lo standard di cura in base alle linee guida nazionali e internazionali. Il loro ridotto utilizzo in Italia è da collegare alla frammentarietà dei meccanismi di finanziamento, all’assenza di appropriati meccanismi di codifica e rimborso e alla mancanza di governance in materia di innovazione tecnologica. Queste cause di disomogeneità di trattamento e di accesso agli standard minimi di cura costituiscono punti di attenzione per le istituzioni sanitarie.

Gise, in qualità di società scientifica di riferimento, anche tramite “Think Heart” e in prima linea con le istituzioni, vuole superare queste barriere presentando una Road Map, cioè un percorso strategico, che prevede molteplici interventi come, per citarne solo alcuni, la pubblicazione e promozione della diffusione di Linee Guida Gise e il rafforzamento della posizione di Gise a livello istituzionale e la sua presenza ai tavoli decisionali regionali e nazionali.

La nostra Società si pone inoltre come punto di riferimento nel settore sanitario puntando sui giovani attraverso attività di formazione ed educazione, come “My Gise”- Media, Young, Get International, Improve Research, Societes, Education, che rappresenta i valori della nostra società scientifica che può vantare al suo interno una buona quota di associati con un’età media molto bassa con un’attenzione particolare ai giovani professionisti e alla loro formazione, attraverso un’ attività di coaching da parte dei colleghi più esperti per lasciare spazio alle nuove leve della professione che mostrano capacità, attitudine ed entusiasmo.

* Presidente Gise (Società italiana di Cardiologia interventistica)


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