Medicina e ricerca
Alzheimer, una rete di giovani ricercatori indaga su stili di vita e abitudini alimentari
di Sandro Sorbi, Presidente Airalzh Onlus (Associazione italiana ricerca Alzheimer), responsabile della Clinica neurologica Ospedaliera Careggi di Firenze e professore di Neurologia Università di Firenze
Per contrastare e sconfiggere l'Alzheimer purtroppo non esistono ancora terapie risolutive. Esiste solo la ricerca, unica arma per rallentare e bloccare la progressione della malattia e per effettuare diagnosi sempre più precoci e tempestive.
La rete di giovani ricercatori supportata da Airalzh Onlus, grazie alla partnership con Coop, è impegnata in ricerche focalizzate sulla diagnosi precoce e sui fattori di rischio, con particolare riguardo all'influenza degli stili di vita e delle abitudini alimentari. Infatti, se alcuni fattori di rischio sono immodificabili, quali l'età o la familiarità o il patrimonio genetico, altri importanti fattori di rischio sono modificabili e quindi le ricerche volte a intervenire su questi fattori di rischio hanno le maggiori probabilità di essere rapidamente trasferibili alla clinica e di conseguenza utili per i pazienti.
Tra i fattori modificabili, lo stile di vita ha un ruolo di primo piano: l'alimentazione, il diabete, la dislipidemia, il fumo, l'alcool, l'obesità - specie quella presente in età giovanile - aumentano il rischio di malattia, mentre l'esercizio fisico ed il grado di scolarizzazione sono fattori protettivi. Il grado di scolarizzazione è correlato con la malattia di Alzheimer in maniera inversamente proporzionale: bassa scolarità-alto rischio di malattia, elevata scolarità-basso rischio di malattia. Tale rapporto è in linea con l'ipotesi che l'educazione scolastica fornisca una “riserva cognitiva” che permetta di posticipare anche di diversi anni l'esordio dei sintomi. Agisce sul rischio di demenza con lo stesso meccanismo anche il tipo di occupazione lavorativa: attività più complesse e a più alto impegno cognitivo-organizzativo ritardano l'inizio dei sintomi di malattia. Tra i fattori protettivi sono da menzionare la pratica di hobbies e l'inserimento in un buon contesto sociale (coniugi, figli, amici). I fattori modificabili influenzano il rischio di malattia agendo durante la vita pre-senile. Tutti i dati raccolti sottolineano dunque l'importanza della prevenzione nel combattere la demenza attraverso un corretto stile di vita sin dalla giovane età.
I primi risultati. Proprio in questi giorni sono stati presentati i risultati ottenuti nel primo anno di attività dei ricercatori Airalzh nei diversi settori: dalla biologia con ricerche di laboratorio “in vitro” sulle malattie dementigene - inclusi metodi di laboratorio di diagnosi precoce - alla ricerca clinica (neuropsicologia, biomarcatori, imaging, fattori di rischio), alle biotecnologie con applicazione di tecnologie avanzate ed emergenti (matematiche ed ingegneristiche) fino allo studio, diagnosi e monitoraggio delle demenze.
È così che l'utilizzo di un pannello multigenico di Next Generation Sequencing (NGS) per lo studio dell'ereditarietà oligogenica nelle demenze degenerative ha permesso l'identificazione di nuovi fattori molecolari di rischio. La rilevanza di questo studio (ricercatrice Anna Bartoletti Stella del Dipartimento di Scienze Biomediche e Neuromotorie dell'Università di Bologna, Responsabile Scientifico Prof. Piero Parchi) è legata alla sua immediata traslazionalità, alla diagnostica e al counselling genetico delle demenze. L'applicazione di una metodica di sequenziamento del Dna di nuova generazione veloce, accurata e più economica rispetto alle tecniche tradizionali, ha dato risultati significativi che ne suggeriscono l'utilizzo per lo screening genetico dei pazienti con demenza ad esordio precoce o con sospetta eziologia genetica.
Nell'ambito dello studio di potenziali nuovi biomarcatori che potrebbero fornire una diagnosi precoce della malattia di Alzheimer, si è concentrata anche un'altra ricerca (ricercatrice Silvia Boschi del Dipartimento di Neuroscienze dell'Università degli Studi di Torino, Responsabile Scientifico Prof Innocenzo Rainero) che considera le vescicole extracellulari derivate da liquor mediatori di proteine tossiche. I risultati aprono un interessante scenario sull'estensione di queste indagini anche in un altro fluido biologico più facilmente accessibile e ottenibile con metodiche meno invasive: la saliva. Le conclusioni che scaturiranno da questo studio permetteranno un miglioramento della diagnosi aprendo, nel contempo, la possibilità a nuove strategie terapeutiche in questa devastante malattia. I risultati forniranno la possibilità di discriminare pazienti affetti dalla malattia di Alzheimer in diverse fasi da altre forme di demenza migliorando così la gestione terapeutica dei pazienti con l'attuazione di un nuovo design basato sulle vescicole extracellulari per la sperimentazione di nuovi composti.
L'approccio epigenetico allo studio della malattia di Alzheimer ha evidenziato, nei primi pazienti studiati, una ipermetilazione del gene MAPT che è invece assente nelle persone sane (ricercatrice Irene Piaceri del Dipartimento Neurofarba dell'Università di Firenze, Responsabile Scientifico Prof.ssa Benedetta Nacmias). I risultati che si otterranno dallo studio potranno fornire una iniziale comprensione sull'influenza dei fattori ambientali sullo sviluppo e progressione della malattia aprendo la strada allo sviluppo di nuovi strumenti diagnostici e terapeutici.
Siamo tutti consapevoli che i risultati della ricerca richiedono tempo, costanza e impegno. Anche se un anno di attività è un tempo molto breve, questi giovani ricercatori hanno profuso moltissimo entusiasmo raggiungendo già dei risultati apprezzabili e contiamo su questo progetto di rete, nel quale sono coinvolti 25 consolidati centri di ricerca italiani - da molto tempo impegnati nello studio della malattia di Alzheimer e delle demenze per rafforzare la speranza. Mi piace inoltre sottolineare che questi giovani ricercatori stanno studiando i meccanismi di protezione che se attuati fin da giovani riducono il rischio di ammalarsi quando saranno anziani!
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