Medicina e ricerca
La lezione del Papa contro il pregiudizio: «Ho avuto bisogno dello psicanalista. Nessuna vergogna, fatevi aiutare»
di Bernardo Carpiniello (professore di Psichiatria, Università di Cagliari, presidente della Società Italiana di Psichiatria)
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Il fatto che Papa Bergoglio si sia avvalso dell'aiuto di uno psicoanalista, notizia che lo stesso pontefice ha reso pubblica durante un’intervista, ha avuto una immediata risonanza mediatica, suscitando interesse, curiosità, molte domande, qualche perplessità e una serie di commenti di diversa natura. Molti hanno già sottolineato la natura “storica” dell'evento in relazione alla tradizionale avversione che la Chiesa ha avuto verso la psicoanalisi e le sue teorie, sottolineando l’ennesimo scossone dato da Francesco ad alcune posizioni tradizionali della Chiesa. E in effetti si tratta di una reale, imprevista svolta. Sebbene ignota al grande pubblico, chi si occupa di questa materia conosce bene la sostanziale condanna delle teorie postulate da Freud, inizialmente espressa da Pio XI e più esplicitamente confermata Pio XII con la famosa accusa di “pansessualismo”. D’altronde, le teorie freudiane sulla religione e su Dio erano effettivamente difficilmente conciliabili con la dottrina della Chiesa, e l'ostilità di quest'ultima fu certamente uno dei motivi per cui il regime fascista decretò la chiusura della Società Italiana di Psicoanalisi. Una contrarietà solo leggermente attenuatasi con il Concilio Vaticano II, che aveva espresso una generica apertura alle “discipline psicologiche”, sebbene vada anche detto che lo stesso Giovanni XXIII fece ribadire dal Sant'Uffizio il divieto per i sacerdoti di praticare la Psiconalisi e che il cardinal Montini, futuro Paolo VI, avesse parlato di “morbosità psicoanalitica”. Il fatto dunque che il Papa oggi dichiari di aver consultato uno psicoanalista per alcuni mesi non può non suonare come una implicita sconfessione delle antiche condanne, tenuto conto del fatto che lo stesso Papa ha anche ammesso di essersi giovato dell'aiuto ricevuto. Ma, al di là della pur significativa e storica svolta ideologica, per noi ben più rilevante nell' “outing” Papale è il significato dei messaggi che esso trasmette alla gente.
Non sappiamo perché il Papa si sia rivolto a uno psicoterapeuta, se per il bisogno di una maggiore conoscenza di sé o se per un vero e proprio disagio psichico, una forma di ansia o di depressione. Ma certamente c'è l'ammissione di aver sentito il bisogno di un aiuto professionale, una testimonianza che aiuta a scardinare, con la forza dirompente della natura carismatica della figura papale, alcuni dei tanti pregiudizi estremamente comuni: che uno status sociale, culturale o economico elevato protegga rispetto alla sofferenza psichica, che richiedere un aiuto psicologico o psichiatrico perché si soffre di un disturbo psichico sia una sostanziale espressione di debolezza, una vergogna da nascondere, che ricorrere all'aiuto professionale (e sottoporsi ad una cura “psi”, non importa sei psicoterapia o farmacoterapia) sia inutile se non dannoso.
Questi pregiudizi, che da anni cerchiamo di combattere con l'informazione e la sensibilizzazione dell'opinione pubblica, spiegano ad esempio perché almeno la metà delle persone affette da depressione, che pur ne avrebbero tremendamente bisogno, non richiedono cure, o accedono ad esse con un ritardo incredibile, che alcune ricerche recenti stimano in Italia essere di circa 4-5 anni. La paura dello stigma, dell'etichetta di “malato mentale”, di persona “diversa, “debole”, “incapace”, che attanaglia non solo chi è affetto da disturbi gravi come la schizofrenia ma anche chi manifesta disturbi “comuni” come l'ansia o la depressione, è forse il più formidabile ostacolo alle cure. Il Papa dice a noi tutti, con la semplicità che gli è propria, «anch'io che sono Papa ho avuto bisogno di aiuto e l'ho cercato, ottenendone beneficio. Fidatevi. Fatevi aiutare». È un massaggio semplice, ma importante, potente, del quale noi psichiatri, assieme a tutti coloro che operano nel settore della salute mentale, non possiamo che essere profondamente grati a Francesco.
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