Medicina e ricerca
Donne e ictus, quando il genere fa la differenza
di Francesca Romana Pezzella (neurologa presso la Stroke Unit dell'Ospedale San Camillo - Forlanini di Roma)
Che vi siano diseguaglianze nell’accesso alle cure per i pazienti con ictus è noto da almeno 15 anni, queste evidenze si riscontrano anche in quei Paesi, come il nostro, in cui esiste un Servizio sanitario nazionale che offre una copertura universale. Tra i fattori determinati di questa disparità nell’accesso a servizi di qualità per la cura dell'ictus si segnalano il basso status socio-economico, l'età anziana e anche il genere. In Italia è stato dimostrato che essere donna può significare ricevere più tardivamente o affatto le cure e gli esami adeguate ad un appropriato follow up diagnostico. Queste differenze sono state comunque rilevate anche in altri paesi come Austria, Inghilterra e recentemente negli Stati Uniti.
Il genere comunque non rappresenta soltanto un elemento differenziante dal punto di vista clinico, ma può costituire un fattore importante anche nella dimensione organizzativa.
Il 43% degli ictus colpisce le donne, ma ben il 61% delle morti per ictus è appannaggio del genere femminile. Nelle donne, questa patologia uccide il doppio del tumore mammario e si calcola che 1 donna su 5 avrà un ictus nell'arco della sua vita (per gli uomini 1 su 6): considerando che le donne vivono più a lungo degli uomini aumenta quindi la probabilità di avere un ictus.
Anche sul fronte dei fattori di rischio, le notizie non sono positive per il genere femminile: il fumo e il diabete sono più pericolosi per le donne che per gli uomini. Il danno prodotto da una sigaretta in una donna equivale a quello prodotto da 5 sigarette nell'uomo, mentre il diabete moltiplica il rischio di malattie vascolari da 3 a 5 volte nella donna.
Alla luce di questi numeri così preoccupanti, è fondamentale che si diffondano maggiori informazioni su prevenzione, fattori di rischio e cure appropriate più specifiche per il genere femminile. Questo risulta ancora più importante se si considera che le donne con ictus ricevono meno cure degli uomini anche in Paesi con servizi sanitari efficienti e gratuiti come Canada, Italia, Gran Bretagna ecc. e ne deriva, quindi, una maggior probabilità di morte o di esiti gravi.
Nel corso degli ultimi anni è stato dimostrato come fattori esclusivamente femminili (ormoni, gravidanza, parto, menopausa) agiscano a breve, medio e lungo termine aumentando il rischio di ictus lungo l'arco dell'intera vita della donna:
• Gravidanza. Durante i 9 mesi il rischio di ictus è aumentato del 30%. Gravidanza complicata da pre-eclampsia (sviluppo di ipertensione arteriosa e lieve compromissione della funzione renale nell'ultimo trimestre). Il rischio di ictus è molto elevato durante la gestazione e il parto, ma non solo: il rischio di ictus raddoppia e quello di sviluppare ipertensione quadruplica per tutto il resto della vita. La pre-eclampsia deve quindi essere considerata un importante fattore di rischio ben oltre il parto;
• Anticoncezionali orali e terapia ormonale post-menopausale. Non si deve procedere con questi farmaci in caso di donne fumatrici, perché il rischio di ictus raddoppia;
• Emicrania con aura (un tipo particolare di emicrania preceduta da sintomi neurologici). E' più frequente nelle donne e aumenta il rischio di ictus specie se associata al fumo di sigaretta;
• Fibrillazione atriale. Si tratta di un'aritmia cardiaca piuttosto frequente nella popolazione. Le donne ne sono maggiormente affette, in particolare in età anziana. Aumenta di 5 volte il rischio di ictus e si raccomanda a tutte le donne dai 75 anni in poi di eseguire ogni anno un elettrocardiogramma di controllo e/o di utilizzare misuratori di pressione che rilevino la Fibrillazione Atriale. Oggi esistono diversi modi per trattare la fibrillazione atriale tra cui le terapie farmacologiche con anticoagulanti orali e alcune innovative tecnologie “salvavita”.
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