Medicina e ricerca
Identificata da studio italiano una sostanza che protegge le arterie dei pazienti obesi
di Carmine Cardillo (Medicina Interna Università Cattolica del Sacro Cuore - Roma), Manfredi Tesauro (Medicina Interna Università Tor Vergata - Roma)
L’incidenza di obesità continua ad aumentare a ritmi allarmanti ed ha assunto le proporzioni di una vera e propria epidemia globale, in relazione soprattutto all'assenza di attività fisica regolare ed al consumo di cibi ad alto contenuto di zuccheri e grassi. Dirette conseguenze dell'obesità sono un'aumentata incidenza di diabete, che si sviluppa per comparsa di resistenza all'azione dell'insulina, e di malattie cardiovascolari, quali infarto miocardico ed ictus cerebrale. I meccanismi attraverso cui si sviluppa il danno vascolare nei soggetti obesi sono molteplici, ma un'alterata funzione dell'endotelio vasale riveste un ruolo fondamentale, specialmente in fase precoce. L'endotelio è lo strato più interno della parete dei vasi, a diretto contatto con il sangue che scorre, e fisiologicamente mantiene i vasi in buono stato mediante il rilascio di sostanze che prevengono l'aterosclerosi. Nelle condizioni di aumentato rischio cardiovascolare, come l'obesità, la normale funzione endoteliale risulta alterata, sia per una ridotta produzione di vasodilatatori, come l'ossido nitrico, che per aumentato rilascio di prodotti dannosi, come l'endotelina, un potente vasocostrittore. Conseguenze di questo sbilanciamento sono lo sviluppo e la progressione delle placche aterosclerotiche, che nel tempo determinano le malattie cardiovascolari.
In uno studio appena pubblicato da Diabetes, la rivista ufficiale dell'American Diabetes Association, e reso possibile anche grazie al sostegno della Fondazione Roma, è stata identificata una molecola, l'obestatina, in grado di ripristinare un corretto equilibrio della funzione endoteliale nei pazienti obesi. Testando per la prima volta gli effetti dell'obestatina nella circolazione umana, infatti, si è visto che essa è in grado di aumentare la produzione di ossido nitrico sia nei vasi dei soggetti magri che in quelli dei pazienti obesi; in questi ultimi, inoltre, si è osservata una concomitante riduzione del rilascio di endotelina in risposta all'obestatina. Questa duplice azione benefica dell'obestatina nelle arterie dei pazienti obesi assume particolare rilevanza alla luce di precedenti dati, che ne hanno evidenziato un effetto anche nel migliorare il metabolismo degli zuccheri e dei grassi. Anomalie metaboliche di questo tipo, infatti, sono di frequente riscontro nell'obesità e, insieme ad un aumento della pressione arteriosa, costituiscono la base della cosiddetta “sindrome metabolica”.
La sindrome metabolica, a sua volta, rappresenta il primum movens per la comparsa di diabete e malattie cardiovascolari nei pazienti obesi, soprattutto in quelli con un'aumentata circonferenza della vita per distribuzione del grasso nella regione addominale.
Il nome obestatina deriva dalla contrazione tra obeso (dal latino obedere, che significa divorare) e statina (dal greco stasìs, che significa arresto). Al momento della sua scoperta che risale a circa un decennio fa, infatti, questa sostanza era sembrata in grado di sopprimere il senso di fame ed aumentare quello di sazietà inducendo un rallentato svuotamento dello stomaco. Anche se il suo possibile effetto anoressizzante resta controverso e non è stato ancora identificato il suo specifico recettore, l'obestatina costituisce una molecola di grande interesse biologico. Essa è infatti prodotta, prevalentemente nell'apparato gastro-intestinale, a partire da un precursore comune ad un'altra sostanza, la grelina, che invece aumenta il senso di fame stimolando l'ingestione di cibo. È possibile quindi ipotizzare che, modificando il rapporto tra queste due sostanze a favore dell'obestatina, sia possibile ottenere nei soggetti obesi anche un calo ponderale.
Uno dei problemi attuali nel trattamento dell'obesità è rappresentato dalla limitata disponibilità di farmaci che siano efficaci nel ridurre il senso di fame senza indurre effetti avversi. Poiché sovrappeso ed obesità sono condizioni determinate dal concorso di multipli fattori, appare pertanto improbabile che una singola molecola possa essere in grado di “curare” da sola queste condizioni.
L’utilizzo di terapie mirate non solo a ripristinare un corretto peso corporeo, ma anche a prevenire le complicanze metaboliche e cardiovascolari dell'obesità, sembra pertanto la strategia ottimale da adottare in questi pazienti. I dati di questo studio hanno l'indubbio merito di aver dimostrato che, intervenendo in fase precoce, è possibile prevenire il danno vascolare indotto dall'obesità, offrendo pertanto una nota di ottimismo per proseguire lungo questa strada.
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