Medicina e ricerca
La denuncia dei volontari: «A Milano centinaia di stranieri irregolari senza cure negli ospedali»
di Silvia Sperandio
Mohamed è un cittadino tunisino di 38 anni, con problemi psichiatrici. Un venerdì di febbraio 2014 si presenta al Pronto soccorso del Fatebenefratelli, uno dei maggiori ospedali di Milano. Ha tosse e febbre alta e necessita di terapia antibiotica. Non gli viene assegnato il codice STP (Straniero temporaneamente presente), che permette l'accesso alle cure, non gli vengono fatte le ricette per gli antibiotici (indicati però sulla lettera di dimissione). Così due giorni dopo, lunedì mattina, Mohamed si presenta al Naga (Associazione volontaria di assistenza socio-sanitaria per gli stranieri) con 39,3 di febbre, sudato, sofferente.
«Il caso è aggravato dal fatto che la lettera di dimissione del Pronto soccorso annota che il paziente soffre di patologia psichiatrica», spiega Fabrizio Signorelli, direttore sanitario del Naga. Inviato all'ospedale Niguarda, il paziente tunisino è stato alla fine ricoverato.
Mohamed (nome fittizio ) è solo uno delle centinaia di pazienti stranieri irregolari che, pur affetti da gravi patologie, «non riescono a farsi curare negli ospedali di Milano e provincia», secondo la denuncia del Naga, «a causa della mancata ottemperanza alla normativa vigente e in particolare al Testo Unico Immigrazione».
La legge italiana «è avanzata e includente - osserva Signorelli -, tanto che prevede il pieno accesso alle cure anche per i cittadini stranieri irregolari. Il diritto alla salute viene protetto, come ricorda la Corte Costituzionale, «come ambito inviolabile della dignità umana». Ma la realtà - rileva il direttore sanitario del Naga - risulta «molto diversa dalle previsioni normative e dal loro spirito».
Tra gennaio 2014 e febbraio 2015 i volontari dell'associazione hanno verificato l'effettiva applicazione della legge negli ospedali milanesi, con un'indagine qualitativa, raccogliendo diverse testimonianze.
«Abbiamo rilevato gessi non tolti, controlli diagnostici e ricoveri non effettuati, farmaci salvavita non forniti, esenzioni non applicate, pazienti cronici respinti, mancata erogazione del codice STP che permette l'accesso alle cure, ai farmaci e agli esami diagnostici» afferma Fabrizio Signorelli. «Sono 155 i casi dei quali abbiamo raccolto la documentazione clinica e che dimostrano che a Milano e nei paesi limitrofi, ogni anno, cittadini stranieri irregolari affetti da patologie anche gravi non ricevono assistenza sanitaria adeguata»,
«Dalla nostra indagine emerge che in 80 dei 155 casi di pazienti non adeguatamente assistiti si tratta di patologie gravi come il diabete mellito, fratture ossee, casi di tumore o gravi patologie cardiache. Si tratta - prosegue il direttore sanitario dell'associazione - di persone giovani (età media 43 anni), prevalentemente di sesso maschile (76%), provenienti principalmente dai paesi del nord Africa, centro America, sud est Asiatico, Romania. Il 20% dei pazienti che non ha ricevuto assistenza è cittadino comunitario. I casi si distribuiscono equamente in tutti gli ospedali dell'area metropolitana milanese e si rilevano prassi estremamente variabili, a discrezione dei singoli ospedali o anche dei singoli operatori», prosegue il direttore sanitario.
«Riteniamo che tutto ciò sia, in parte , frutto di una mancanza di conoscenza della normativa da parte degli operatori sanitari e amministrativi, di difficoltà burocratiche e linguistiche e di un'abitudine diffusa a demandare alle associazione di volontariato. Ma crediamo che ciò derivi anche da una chiara volontà politica regionale di non rendere pienamente godibile il diritto alle cure per tutti nella nostra città» conclude il direttore sanitario.
Ed ecco alcune “raccomandazioni”, che potrebbero migliorare notevolmente la situazione attuale. «In attesa di vedere realmente applicata la normativa - spiega Luca Cusani presidente del Naga - è necessario rendere concretamente possibile per i pazienti stranieri irregolari l'iscrizione agli ambulatori dei medici di medicina generale; utilizzare il codice ENI, riconosciuto a livello nazionale, per i cittadini dell'Unione Europea indigenti privi di assistenza sanitaria; permettere anche agli ospedali privati convenzionati di prescrivere farmaci ed esami su ricettario regionale per i pazienti stranieri irregolari e attuare una campagna di informazione e formazione rivolta a chi opera nella sanità».
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