Lavoro e professione
Violenze sugli operatori sanitari: una piaga che segna +38% in 5 anni a causa delle carenze di personale
di Foad Aodi *
24 Esclusivo per Sanità24
Dall’ 1 al 31 di agosto non c’è stato un solo giorno in cui un medico o un infermiere, nell’80% dei casi una donna, abbia subito una violenza fisica, nella maggior parte dei casi da un paziente o da un parente di quest’ultimo. Al primo posto, guardando al luogo dove si consumano le aggressioni, ci sono i Pronto soccorsi, al secondo gli interventi degli operatori del 118, al terzo i reparti di psichiatria. I dati emergono da un’indagine Amsi-Umem-Uniti per Unire.
Sin dalla loro fondazione Amsi, Associazione medici di origine straniera in Italia, accanto a Umem, Unione medica euromediterranea, e al Movimento internazionale Uniti per Unire, si occupa del delicato e complesso universo femminile della sanità sia in Italia che nel mondo, anche grazie ai numerosi corrispondenti di Radio Co-mai internazionale, in oltre 120 paesi nel mondo. Ultimo in ordine di tempo, ma non per importanza, il Manifesto “Uniti per i Medici” che, già sottoscritto da quasi 425 enti, associazioni, sindacati, professionisti, si pone nei suoi 45 punti a tutela dei professionisti sanitari e della loro sicurezza sul luogo di lavoro, nonché, in particolar modo, a difesa delle donne della sanità, le vittime sacrificali di questa escalation di violenze.
Stiamo parlando di aggressioni, fisiche e psicologiche, nonché di abusi sessuali, senza dimenticare le discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera, rispetto alle quali le nostre associazioni portano avanti accurate indagini con dati costantemente aggiornati, perché la verità non può essere mai nascosta, ma deve scuotere le coscienze, sia della politica che dei cittadini. Le politiche nazionali, parliamo dell’Italia, e internazionali, possono e devono fare di più. È evidente che fin qui le azioni adottate e le leggi istituite non sono state sufficienti ad arginare una piaga che, ricordiamolo, rappresenta la prima motivazione di fuga all’estero di medici e infermieri nel nostro Paese, accanto alla necessità di scegliere proposte economiche maggiormente gratificanti.
Dall’altra parte i cittadini devono uscire dalla mala convinzione che i professionisti sanitari sono sempre e comunque i responsabili dei disagi degli ospedali. È questo un male sociale che va debellato.
I posti di lavoro, nei pronto soccorsi, nei reparti nevralgici, durante le guardie mediche, nel servizio del 118, in ambienti notoriamente difficili come i reparti con malati psichiatrici, nonché le carceri, non sono più luoghi sicuri per le nostre donne della sanità, che non dimentichiamolo prima di tutto sono madri, mogli, sorelle, figli, sono il perno della nostra società. L’empatia, oltre che le competenze, di una donna, nella sanità, sono un fattore chiave nella guarigione dei malati, in Italia come nel resto del mondo.
I dati aggiornati
Le aggressioni contro i professionisti sanitari in Italia sono aumentate del 38% negli ultimi 5 anni a causa della carenza dei professionisti della sanità. Cause principali: carenza di personale e disorganizzazione, con biblici tempi di attesa per una visita o un esame nei reparti di emergenza-urgenza; assenza di dialogo tra personale sanitario e pazienti; piano presidi fissi delle forze dell’ordine non abbastanza efficace, visto che, soprattutto negli ospedali con maggiore bacino di utenza, gli agenti di polizia mancano all’appello negli orari più delicati, in particolare da mezzanotte alle sette del giorno dopo.
Di seguito le cause direttamente collegate all’aumento delle aggressioni ai professionisti sanitari negli ultimi 5 anni:
+38% delle aggressioni dovute alla carenza di professionisti della sanità
+24% delle aggressioni dovute ai tempi liste d’attesa
+ 23% delle aggressioni dovute alle file lunghe per mancanza di comunicazione con il personale specialmente con e dopo la pandemia
+ 5% di pregiudizi nei confronti del personale Ssn
+ 5% di risposte non adeguate da parte del personale sanitario e amministrativo ai familiari dei malati.
Il contesto europeo e mondiale
con il triste conteggio delle aggressioni
In Europa nel complesso la carenza dei professionisti della sanità ha portato a un incremento delle aggressioni del 36%. Nel resto del mondo la carenza di personale ha generato il 41% di aumento delle violenze contro i professionisti sanitari. Mentre nel complesso negli ultimi 5 anni si è registrato un aumento del 42% delle aggressioni contro i professionisti della sanità.
In Italia il 42% dei professionisti sanitari dichiara di essere stato vittima di almeno una aggressione, fisica o psicologica. Un dato che schizza al 75% a livello mondiale con punte del 95% nei paesi in via di sviluppo, con sistemi sanitari deficitari, e nei luoghi di guerra - dove si registra un aumento del 22% delle violenze sessuali, oltre alle aggressioni - la percentuale può arrivare al 95 per cento.
In Italia la violenza colpisce come detto in particolare le donne, con un aumento del 40% degli episodi di violenze fisiche e psicologiche contro le professioniste sanitarie negli ultimi 3 anni. Nel complesso, nel nostro Paese il 72% dei professionisti sanitari italiani che subisce una violenza è una donna. Registriamo poi un +35% di discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera e anche per questa ragione molte di loro, dopo i primi anni in Italia, preferiscono andare in Germania, in Svizzera, in Olanda o nel Regno Unito.
Nel mondo l’84% dei professionisti sanitari che subisce violenza è una donna e il 71% delle professioniste della sanità, in primis per le aggressioni, è a rischio potenziale suicidio. Negli ultimi 5 anni si conteggia un +42% di aggressioni contro i professionisti della sanità e la metà degli aumenti è collegato a violenze contro le donne.
* Presidente Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) - Unione medica euro mediterranea (Umem), Docente all’Università Tor Vergata Roma
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